La chirurgia flapless in implantologia non rappresenta certo una novità, dato che la sua introduzione risale agli studi di Ledermann di inizio anni ’70. Ciò nonostante, molti clinici non guardano a tale tecnica, ritenendola complessa, soprattutto dal punto di vista della gestione dei tessuti molli. Al contrario, alcuni autori ne sostengono convintamente un impiego quasi universale.
Chirurgia Flapless Vs Lembo
Al fine di osservare in maniera scientifica i vantaggi effettivi possibili derivanti dal ricorso alla tecnica di chirurgia flapless rispetto a una tradizionale chirurgia a lembo, il gruppo di lavoro di Divakar ha allestito un disegno di studio semplice e a riscontro immediato.
Lo studio, recentemente pubblicato su Journal of Maxillofacial and Oral Surgery, ha seguito un totale di 20 pazienti (dai 25 ai 60 anni, di cui 12 donne) implantari, 10 trattati tramite chirurgia tradizionale e altrettanti con impianto flapless. L’assegnazione a uno dei due gruppi è stata randomica.
In tutti i casi la riabilitazione ha coinvolto l’arcata inferiore. Al fine di minimizzare i possibili fattori confondenti, sono stati conformati i protocolli chirurgici, anestesiologici (somministrata esclusivamente lidocaina al 2% con adrenalina 1:80000) e postchirurgici (amoxicillina 500 mg 3 volte al giorno per 5 giorni).
La chirurgia a lembo impiegata è stata la seguente: incisione mediocrestale con estensione sulculare all’elemento adiacente tramite l’impiego di una lama Bard-Parker n. 15, allestimento del lembo a tutto spessore, inserimento dell’impianto, suture interrotte 3-0 monofilo sintetico.
In tutti i casi del gruppo flapless, dal modello è stata ricavata una guida chirurgica per l’intervento. Non si è trattato, pertanto, di una semplice chirurgia flapless, ma anche di una chirugia guidata. A seconda del diametro implantare, la mucotomia attraverso la guida è stata eseguita tramite un bisturi punch del diametro di 3, 4 o 5 mm.
Tutti i casi sono stati condotti sotto forma di chirurgia a doppio stage, per cui ciascun paziente, dopo un periodo di guarigione di 3 mesi, è stato sottoposto a un secondo intervento, con posizionamento della vite di guarigione. Nel caso dei pazienti flapless, lo stesso punch è stato riutilizzato per rimuovere la gengiva in eccesso. A quel punto il paziente è stato inviato alla protesizzazione.
I parametri valutati sono stati la perdita radiografica di osso marginale, dolore e gonfiore, valutati rispettivamente tramite scala visuo-analogica e metodo di Gabka e Matsumara, e indirettamente come numero di dosi di analgesico (ibuprofene 400 mg) autonomamente assunte dal paziente.
Il dato del dolore è risultato significativamente vantaggioso alla chirurgia flapless in tutti i 5 giorni del postoperatorio, mentre non sono risultate differenze per quanto riguarda il gonfiore. Nel pur limitato periodo di follow-up (3 mesi), la perdita di osso marginale è risultata significativamente inferiore nel gruppo flapless.
In conclusione, gli autori hanno sottolineato i vantaggi della chirurgia flapless in implantologia termini di comfort e riassorbimento osseo a breve termine, sottolineando però come tali vantaggi debbano comunque passare per un’accurata selezione del caso.
Riferimenti bibliografici