La diagnostica per immagini rappresenta una branca di importanza imprescindibile nella medicina moderna. È possibile che, nell’esecuzione di un’indagine radiografica si individui una condizione anatomica di significato clinico o una lesione di verosimile natura patologica, ma di altro interesse specialistico o comunque non direttamente oggetto della ricerca. Il clinico sarà quindi chiamato a gestire – in prima persona o con l’appoggio di un altro specialista – la situazione, che può essere definita “scoperta accidentale” (in inglese “incidental finding”). Essendo l’odontoiatria una disciplina medica che fa largo uso di diagnostica radiografica, è a sua volta soggetta a situazioni di questo tipo. In modo particolare, la tomografia computerizzata tipo cone beam (CBCT) rappresenta un ausilio di utilità crescente e di sempre maggiore praticabilità, grazie alla riduzione delle dosi radianti e alla definizione di campi di interesse (field of view, FOV) sempre più circoscritti: la dose effettiva per un FOV di medie dimensioni (10-15 cm) scansionato con una TC multislice (voxel da 0.6 mm) è da 1.5 a 12.3 volte superiore a quello ottenuto con una CBCT (0.15–0.4 mm). Rimane comunque elevata se comparata con una panoramica digitale. Comunque, la metodica trova indicazioni principalmente in chirurgia orale e implantologia ma anche in ortodonzia e anche endodonzia e parodontologia.
Negli ultimi anni sono stati presentati diversi lavori dedicati proprio agli incidental finding nelle CBCT a uso odontoiatrico. Lo studio retrospettivo di Togan (Journal of Cranio-Maxillofacial Surgery, 2016) ha considerato 5 particolari quadri clinici (compresa la lacuna di Stafne, che però non ha trovato alcun riscontro), che sono risultate massimamente presenti nella settima decade. Seguendo un ordine di frequenza: lesioni dei seni paranasali (27.8% delle 350 scoperte in 999 cone beam), calcificazione del legamento stiloioideo (11.6%), calcificazioni carotidee (5.3%), calcolosi della ghiandola sottomandibolare (0.8%; nessun caso invece a livello parotideo).
Quasi in un terzo delle TC c’è qualcosa che andrebbe considerato, ma che spesso non viene visto
Il lavoro di Lopes (Dentomaxillofacial Radiology, 2017) si distingue invece sia per aver considerato anche condizioni di maggior interesse odontoiatrico, sia per la maggiore impronta clinica fornita, avendo incluso nell’indagine anche il management della lesione scoperta. Queste sono state classificate tra le seguenti aree: (1) vie respiratorie, (2) articolazione temporo-mandibolare (ATM), (3) ossee, (4) lesioni dei mascellari, (5) dentarie e (6) calcificazioni di tessuti molli (ordine di frequenza 5-1-6-2-3-4). Dopo essere state ulteriormente analizzate, le 560 scoperte accidentali, presenti nel 92% degli esami indagati, sono state distinte a seconda della rilevanza clinica: (1) non necessari trattamento né riferimento ad altro specialista, (2) indicato monitoraggio clinico o (3) indicazione a trattamento o a consulto con altro specialista. Le prime si attestano attorno al 43%, le altre due sono alla pari attorno al 28-29%.
Riferimenti bibliografici
https://onlinelibrary-wiley-com.pros.lib.unimi.it:2050/doi/full/10.1111/jopr.12799