Riflessioni sul principale criterio di fallimento dell’endodonzia

Fallimento dell'endodonzia:fattori che incidono sulla prognosi di un elemento devitalizzato

Il successo di una terapia endodontica è facilmente inquadrabile, mentre non lo è altrettanto l’insuccesso. In apparenza si tratta di un concetto scolastico, quasi filosofico, ma non è così. L’evidenza di patologia periapicale è certamente la spia principale. Sulla base di essa, il dente potrà essere demandato però verso 3 diverse terapie: ritrattamento ortogrado, endodonzia chirurgica / apicectomia, estrazione. Sulla base di tale considerazione, un interessante revisione a cura di G. Bergenholtz ha posto una riflessione sulle evidenze relative all’argomento. Egli osserva anche come l’avvento degli strumenti rotanti di ultima generazione non giustifichi il mancato follow-up degli elementi trattati endodonticamente.

Fallimento dell’endodonzia:fattori che incidono sulla prognosi di un elemento devitalizzato

Nella maggior parte dei casi a una lesione a carico di un canale precedentemente trattato corrisponde una sintomatologia limitata e aspecifica, se non del tutto assente. Per logica, a questo dovrebbe corrispondere una risposta infiammatoria locale blanda, dato in effetti confermato da studi istologici che riportano evidenza di infiltrato leucocitario numericamente ridotto. Un altro aspetto da considerare nel caso di lesioni inveterate o sottoposte a follow-up è quello delle dimensioni. Tali patologie possono mantenere un volume costante nel tempo o andare incontro a un progressivo accrescimento. Lo stesso tessuto infiammatorio, peraltro, va incontro a una maturazione caratterizzata dalla tendenza alla riparazione fibrotica: anche la clinica dell’infiammazione potrà dipendere da tale processo. L’odontoiatra non sarà sempre in grado di riconoscere la fase clinica, ma sembra che da questa dipenda in parte l’esito della terapia. Non essendo evidentemente possibile un’indagine di tipo istologico, il clinico ricorre sistematicamente alla radiologia. In alcuni casi, risulterà contemplabile la richiesta di un’indagine tridimensionale di tipo TC cone beam. Nei casi complessi questo esame di secondo livello ricopre un altro valore diagnostico, oltre che prognostico. Un noto lavoro di Lofthag-Hansen nota infatti come la CBCT permetta di riconoscere radiotrasparenze non rilevabili mediante le comuni tecniche endorali.

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Purtroppo, ad oggi, le evidenze ed anche i mezzi diagnostici disponibili non sono ancora in grado di dirimere alcuni casi limite. Sarà ancora una volta il professionista a delineare l’effettiva futuribilità del singolo elemento dentario all’interno dell’economia relativa ad un paziente. Anche il timing del trattamento è importante e richiede anche di essere soppesato in ragione della salute generale del soggetto.

Al di là di quanto trattato e posto che la salvaguardia della dentizione naturale sia sempre da preferire, poi, vanno ricordati i miglioramenti ottenuti in campo implantare e implanto-protesico, nell’ottica di proporre a un numero crescente di paziente un’alternativa sicura e durevole.

Riflessioni sul principale criterio di fallimento dell’endodonzia - Ultima modifica: 2017-09-15T07:36:53+00:00 da redazione

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