Il paziente ortodontico si trova esposto a un incrementato rischio di carie, soprattutto durante la fase del trattamento fisso, il quale inevitabilmente rappresenta un fattore sfavorente le manovre di igiene. Per questo motivo è importante per il clinico determinare il rischio relativo al singolo paziente, di modo da adeguare le istruzioni domiciliari e, ancora di più, i protocolli preventivi alla poltrona, ad esempio riducendo l'intervallo tra le sedute di igiene. In un interessante articolo pubblicato di recente su Australian Dental Journal, Walsh e Healey hanno analizzato alcuni dei principali aspetti da analizzare in tal senso.
Fattori che influenzano la prevalenza di carie in pazienti ortodontici
Il primo fattore è rappresentato dal tipo di apparecchio fisso. La forma del bracket può favorire l'accumulo di placca e, di conseguenza, tanto la carie quanto le malattie del parodonto. Inoltre i bracket self-ligating sono da preferire all'uso delle legature o-ring, almeno in riferimento alla deposizione del biofilm. Considerando il dato in relazione al materiale, mostrano i bracket un miglior comportamento a lungo termine rispetto a quelli metallici.
Il controllo meccanico della placca è, come detto, il target fondamentale per questi pazienti. Uno spazzolamento frequente e regolare riduce la quantità di placca con un'impatto anche sulla qualità (composizione) dello stesso biofilm, almeno a patto di rispettare le indicazioni dell'odontoiatra o dell'igienista dentale. Ai bracket vanno aggiunti come fattori limitanti archi metallici e molle.
Pasticche e liquidi rivelatori di placca sono ausili utili non solo al paziente, ma anche al clinico. Sono disponibili prodotti in grado di discriminare la placca neoformata, colorata di rosa, dalla placca inveterata, blu. Il viraggio cromatico dipende dal pH: il blu è indicativo di una forte componente di S. mutans, indicativa di un incremento del rischio carioso. Sulla base del riscontro, il professionista potrà dunque apportare un intervento (diretto e indiretto) ancora più mirato alla protezione delle aree dentali maggiormente vulnerabili.
L'aggiunta di collutori ad azione antibatterica può essere utile solo se subordinata a un corretto approccio meccanico. Per il paziente con apparecchio fisso, il protocollo più indicato è quello “brush ‐ interdental cleaning ‐ rinse”.
Considerando la componente di esclusiva competenza del clinico, il bandaggio si conferma la fase operativa più delicata, anche in senso preventivo della carie. Sono disponibili cementi ad azione protettiva attiva (rilascio di fluoro) o non attiva (infiltrazione di resina a ridotta viscosità). Questi, seppur efficaci, richiedono comunque di essere impiegati nella giusta misura, in quanto la porzione perimetrale al bracket e al cemento stesso (ed eventualmente non interessata dal rilascio di ioni) si trova esposta a rischio di demineralizzazione.
In ultima analisi, in caso di fallimento delle manovre di prevenzione primaria, il frequente monitoraggio del soggetto a rischio è utile alla diagnosi precoce, la quale risulta particolarmente importante data la disponibilità di prodotti remineralizzanti a efficacia predicibile, come ad esempio quelli a base di CPP‐ACP (fosfopeptide di caseina-fosfato di calcio amorfo).
Riferimenti bibliografici