Non complichiamoci la… terapia

In Medicina vi sono alcuni paradigmi che fanno da caposaldo per eseguire la professione in maniera corretta e sicura per il paziente. Tra questi spicca quello per cui il livello di conoscenza di una data terapia proposta ed eseguita non debba in alcun modo essere posizionato a un livello più alto della conoscenza di come gestire una eventuale complicanza. Ciò tradotto in parole povere significa che se proponiamo una data terapia siamo certi di conoscere a fondo tutti i possibili rimedi da attuare in caso di un fallimento della terapia stessa.

È una considerazione che parrebbe ovvia e lapalissiana. In realtà, non è così. Mi capita di osservare colleghi più giovani che si lanciano in terapie chirurgiche senza conoscere esattamente quali siano i potenziali rischi collegati a una determinata manovra. Muniti di un sentimento da supereroe e convinti del dogma “tanto a me non succederà mai” questi paladini delle terapie estreme trattano i pazienti con disinvoltura. Lavorando in un centro di riferimento mi capita sovente di vedere gli esiti di queste terapie, con pazienti inviati per una rivalutazione o per un trattamento di recupero. Non penso solo a pazienti con lesioni anatomiche di origine iatrogena, ma anche a pazienti con impianti dislocati nel seno mascellare, con elementi perforati da trattamenti endodontici incongrui, solo per fare alcuni esempi. In genere poi al paziente, vuoi per mancanza di conoscenza o per carenza di coscienza, vengono date spiegazioni laconiche e vaghe che sicuramente non lo aiutano a risolvere il problema attuale. Ė evidente che molti di questi casi, prima o poi, hanno la tendenza a trasformarsi in contenziosi con danni alla categoria professionale.

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È quindi giunto il momento che sia negli insegnamenti universitari, sia nella pratica clinica quotidiana venga imposta una formazione che tenga conto da subito di quali strumenti possano concorrere alla prevenzione e alla gestione delle complicanze di determinate terapie. Siamo abituati a spiegare al paziente che una determinata opzione terapeutica possa avere un rischio, una predicibilità, una durata, un presunto costo e i relativi limiti funzionali e/o estetici. È fondamentale aggiungere anche gli esiti del rischio terapeutico e le manovre di prevenzione e di gestione in caso di insorgenza che noi potremmo essere costretti a mettere in atto. Questo atteggiamento ci obbliga a considerare la terapia proposta in tutti i suoi aspetti, implicando uno studio del caso più accurato. Ci permette inoltre di discutere dall’inizio con il paziente quali passi si potrebbero rendere necessari, in caso di insorgenza di complicanza, per mantenere il valore terapeutico o almeno per non peggiorare la situazione iniziale.

Affrontare la prevenzione e la gestione delle complicanze in odontoiatria è oggi sicuramente un tema necessario. È il modo per contribuire a semplificare la nostra vita professionale e non ultimo le nostre terapie. In una scelta di trattamento centrata sul paziente questo atteggiamento non può essere dimenticato.

Non complichiamoci la… terapia - Ultima modifica: 2016-02-19T15:17:27+00:00 da redazione

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