Concettualmente, il ritrattamento ha gli stessi obiettivi clinici di una terapia canalare comune: tra questi, la rimozione di contenuto canalare infetto e la sagomatura dei tragitti dall’imboccatura all’apice. Anche in questo tipo di terapia, dunque, l’avvento dei sistemi rotanti in nichel–titanio ha rappresentato uno sviluppo fondamentale nell’ottimizzazione delle procedure. In questo senso, il confronto tra gli strumenti rotanti a movimento continuo e i più recenti sistemi reciprocanti Ni-Ti rappresenta un tema dal forte interesse clinico. Nel 2012, un articolo pubblicato su queste pagine da Benedetti e Benedicenti ha considerato il topic nella sua interezza, senza ritrovare differenze statisticamente significative tra rotanti e reciprocanti.
Successivamente a tale pubblicazione, sono stati rilasciati vari studi che hanno comparato le due sistematiche relativamente a diverse variabili, nel solo ambito del ritrattamento: un aggiornamento delle evidenze può risultare, pertanto, interessante.
In realtà, il dato clinico indagato è principalmente uno: il residuare di materiale da otturazione canalare del precedente trattamento all’interno del locale. Si tratta di una problematica rilevante del ritrattamento, e interessa fortemente anche la scelta di eventuali solventi. L’articolo sopracitato riferisce di non aver individuato una tecnica in grado di eliminare del tutto il materiale da otturazione: i rotanti asporterebbero un quantitativo maggiore di guttaperca, ma la differenza in tal senso risulterebbe, come detto, non significativa.
Lo studio ex vivo di Capar (2015) ha interessato 36 premolari con canali lineari, assegnati randomicamente a due gruppi numericamente equivalenti. In questo caso è stata valutata l’efficienza del movimento, pertanto la stessa sequenza degli stessi strumenti è stata utilizzata con un motore rotante a basso torque, poi con un motore reciprocante. Dopo il completamento della terapia canalare con cono calibrato, i campioni sono stati sezionati e valutati al microscopio a ingrandimento 8x. In questo caso, il movimento rotante non è stato preferito per l’efficienza nella rimozione di materiale – l’entità dei residui è risultata praticamente sovrapponibile tra i due gruppi – bensì per il tempo necessario a portare a termine il trattamento. Per ammissione degli stessi autori, l’indagine aveva il difetto di non considerare la sistematica endodontica considerata limitatamente al movimento continuo, confrontandola invece con un prodotto “concorrente” che preveda un protocollo single file a movimento reciprocante. È quanto invece fatto dal gruppo di Fonseca da Souza in uno studio immediatamente successivo, che riprende quello di Capar anche per quanto riguarda la procedura di sezionamento e di visualizzazione a ingrandimento 8x. Anche in questo caso una differenza statisticamente significativa viene ritrovata non in termini di materiale residuo ma di tempo operativo, questa volta però a favore della sistematica reciprocante.
La mancanza di una sistematica maggiormente efficace in senso assoluto viene confermata dall’indagine strumentale più raffinata (micro-TC) compiuta dal gruppo di Monguilhott, la quale aggiunge comunque interessanti considerazioni d’uso riguardanti le principali sistematiche rotanti e reciprocanti.
In conclusione, le evidenze sembrano concordare nel non indicare una sistematica preferibile in senso assoluto. Dal punto di vista pratico, ciò demanderebbe la scelta alla valutazione del caso e alla preferenza del clinico. Da una parte, la versatilità delle sistematiche rotanti, eventualmente combinabili in protocolli ibridi. Dall’altra, i moderni reciprocanti Ni-Ti e l’immediatezza della single file technique.
Riferimenti bibliografici
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25820924