Ma che musica, maestro!

SCF impugnava, allora, la sentenza emessa avanti la Corte d’Appello di Torino insistendo per ottenere non solo, a suo dire, una corretta applicazione della normativa nazionale afferente la protezione del diritto d’autore ma anche per rimarcare l’uniformità sul punto, a proprio favore, della normativa internazionale e comunitaria che vedeva quale “comunicazione al pubblico” la mera trasmissione, mediante qualunque mezzo diverso dalla radiodiffusione, dei suoni di una esecuzione ovvero dei suoni o di una rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma. Forti di evidenti appoggi normativi e di decisioni giurisprudenziali favorevoli, SCF nel frattempo si cimentava su più fronti nazionali, citando alcuni professionisti avanti le competenti Autorità per conseguire la pretesa tutela dei diritti asseriti quali violati e ottenendo, a volte, anche soddisfazione da Sezioni specializzate quali quella del Tribunale di Milano, cui molti giudici dislocati sull’intero territorio nazionale guardavano proprio per la professionalità e competenza dei magistrati ivi impegnati. La Corte d’Appello di Torino però, non pienamente convinta delle teorie avanzate da SCF, riteneva doveroso sospendere il giudizio e richiedere alla Corte di Giustizia della Comunità Europea di pronunciarsi in via pregiudiziale chiarendo se la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di studi odontoiatrici privati esercenti attività economica di tipo libero-professionale, a beneficio della relativa clientela e da questa fruita indipendentemente da un proprio atto di volontà, costituisse “comunicazione al pubblico”, ovvero “messa a disposizione del pubblico” ai fini dell’applicazione della direttiva 2001/29/CE. Questo nel febbraio 2010. Non volendo prescindere da un’approfondita analisi legale, la Corte di Giustizia CE pretendeva un parere dall’Avvocatura Generale cui chiedeva “Se un medico odontoiatra, che rende udibile un programma radiofonico nella sua sala d’aspetto, comunichi al pubblico o metta a disposizione del pubblico, ai sensi dell’art. 3, n. 2, lett. b), della direttiva 2001/29 i fonogrammi utilizzati nella trasmissione radiofonica e se pertanto sia tenuto a versare un’equa remunerazione”. Le conclusioni cui giungeva l’Avvocatura non potevano che gelare il sangue del paladino odontoiatra torinese: “L’art. 8, n. 2, della direttiva del Consiglio 19 novembre 1992, 92/100/CEE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, nonché della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/115/CE, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) deve essere interpretato nel senso che un medico odontoiatra, il quale installa nella sua sala d’aspetto un apparecchio radio mediante il quale rende udibile per i suoi pazienti una trasmissione radiofonica, è tenuto a versare un’equa remunerazione per l’indiretta comunicazione al pubblico dei fonogrammi utilizzati nella trasmissione radiofonica…” e, considerato che ben poche volte la Corte si era discostata dai pareri richiesti e ottenuti dall’Avvocatura Generale, la sentenza poteva ormai dirsi scritta. Invece…

La decisione

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Ai primi di marzo del 2012 ecco la pronuncia della Corte di Giustizia CE. Dal corpo alquanto sostanzioso della sentenza, si può desumere come, in realtà, questa giudichi il giro d’affari di un dentista, per quanto florido, un’inezia rispetto alla reale interpretazione che bisogna attribuire alla parola “pubblico” che la Corte vuole “numero considerevole e indeterminato” di destinatari contro gli esigui, disinteressati pazienti che possono frequentare gli studi odontoiatrici. E conclude: “La nozione di ‘comunicazione al pubblico’ ai sensi dell’art. 8 paragrafo 2 della direttiva 92/100 deve essere interpretata nel senso che essa non comprende la diffusione gratuita di fonogrammi effettuata all’interno di uno studio odontoiatrico privato, come quello di cui alla controversia principale, esercente attività economica di tipo libero-professionale, a beneficio della relativa clientela e da questa fruita indipendentemente da un proprio atto di volontà. Siffatta diffusione non dà pertanto diritto alla percezione di un compenso in favore dei produttori fonografici”.

L’ultima parola

A chi in questi due anni chiedeva se fosse possibile o meno deliziare attesa e orecchie dei pazienti rispondevo di attendere in religioso silenzio la pronuncia della Corte di Giustizia CE, anticipando però il negativo parere dell’Avvocatura Generale e prospettando un pedissequo conseguente adeguamento. Considerato, poi, anche il consolidamento del medesimo pensiero nelle aule di uno dei Tribunale più importanti e competenti d’Italia, non poteva – questo – che essere il suggerimento più coscienzioso e professionale da dare in un momento di così assoluta incertezza. E invece, contrariamente a qualsiasi pronostico, la Corte riaccendeva le speranze e le radio dei dentisti. A fronte di una futura, ovvia e conseguente sentenza favorevole della Corte d’Appello di Torino, SCF non mancherà di adire il terzo grado di giudizio per tentare di capovolgere, con un colpo di coda, un percorso che pare ormai segnato.

Ma che musica, maestro! - Ultima modifica: 2013-02-27T17:02:51+00:00 da Redazione

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