Le associazioni di categoria e gli Ordini di varie professioni regolamentate sollecitano da qualche tempo i propri iscritti a sostituire il tradizionale esercizio professionale individuale con quello associato, o meglio: “aggregato”. In sintesi: “l’unione fa la forza”. L’idea è che, visti i difficili tempi, se più professionisti si uniscono, la dimensione economica dell’attività aumenta e diventa possibile permettersi di avere organici maggiori e più specializzati, fatto che dovrebbe consentire di affrontare meglio la crescente burocrazia e di investire maggiormente in formazione e tecnologie, aumentando l’attrattività verso il pubblico e, almeno si spera, riuscendo a organizzarsi al meglio per ridurre i costi.

È bene sapere che questi inviti all’aggregazione si collocano in un panorama dove il tradizionale esercizio individuale continua a essere maggioritario. I dati del Mef riferiti al 2021, tratti dalle dichiarazioni dei redditi cui è allegato il modello ISA (il sostituto dello “studio di settore”), certificano che più del 79% delle dichiarazioni dei redditi degli studi dentistici e delle imprese odontoiatriche proveniva da singole persone fisiche, cui si devono aggiungere le migliaia di “forfetari” esentati dal presentare il modello ISA e per questo non presenti in quelle statistiche.

I dentisti che decidessero di accogliere l’invito all’aggregazione, sempre secondo associazioni e ordini, dovrebbero farlo costituendo “società tra professionisti”, in sigla STP. In questo articolo, si presenteranno alcuni elementi, fra i tanti che caratterizzano queste particolari società, allo scopo di fornire informazioni utili per arricchire il ragionamento del dentista che sta pensando di abbandonare l’attività singola per quella condivisa con altri colleghi.

Caratteristiche della STP

La creazione legale di queste società risale al 2012. La norma autorizza “la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico”; dunque, di tutte le professioni e non solo di quella medica.

Trattandosi di professione e non di attività commerciale, le STP non sono e non devono essere imprese, bensì “società senza impresa”. Fra le conseguenze, a differenza delle società-impresa, una STP non può occuparsi di qualsiasi attività le possa procurare ricavi, ad esempio organizzare corsi di formazione, commercializzare prodotti, gestire un laboratorio odontotecnico, ma esclusivamente della professione ordinistica di riferimento.

Una seconda conseguenza è che le STP devono iscriversi all’Ordine professionale di riferimento, fatto innovativo in quanto fino ad allora riservato alle persone fisiche munite di titoli. Dall’iscrizione derivano:

  • la piena soggezione della società al codice deontologico e al potere disciplinare ordinistico;
  • l’equiparazione allo studio professionale singolo e associato per quanto riguarda le autorizzazioni amministrative, senza necessità di nominare un direttore sanitario.

La norma istitutiva chiarisce che le STP non sono un tipo di società a sé stante, ma ordinarie società fra quelle regolate dal Codice civile: società di persone, di capitali e cooperative.
Semplificando, “viene prima” il tipo societario standardizzato, ad esempio SAS o SRL, e dopo, in aggiunta e obbligatoriamente, la sigla STP.

La peculiarità di queste società si rivela però nelle stringenti limitazioni per quanto riguarda il tipo di soci ammessi, che devono essere in maggioranza professionisti iscritti all’Ordine o Albo.

È ammessa la presenza di un socio “di capitale”, che può essere rappresentato anche da un’altra società, purché non STP, e che sarà comunque “di minoranza”; può essere nominato amministratore, ma in questa veste non può mai avere il potere di prendere decisioni impattanti sull’esecuzione dell’attività professionale dei soci ordinisti. Il socio “di capitale” deve inoltre possedere requisiti di onorabilità fissati dalla legge.

• La denominazione della società, ossia il suo nome, è di libera scelta per le società di capitali, mentre per quelle di persone al nome scelto si dovrà aggiungere il nome di almeno uno dei soci illimitatamente responsabili.

• Vi è la limitazione legale, per il socio professionista e per quello “di capitale”, alla partecipazione a una sola STP, nonché l’esclusività dell’esercizio professionale in favore della STP da parte del socio ordinista.

 

Obblighi di comunicazione

Diversamente dallo studio associato e dalle società commerciali che gestiscono ambulatori, le STP sono onerate di stringenti obblighi di informazione alla loro clientela. Si tratta di comunicazioni scritte finalizzate a far conoscere al paziente, in via preventiva, i nominativi dei soci ai fini della garanzia del diritto del cliente di scegliere il socio da cui farsi curare.

Oltre ai nominativi dei soci professionisti, la STP deve comunicare anche l’identità del socio “di capitale”.

Le comunicazioni di cui sopra riguardano anche la presenza e i nominativi degli ausiliari dei soci, colleghi odontoiatri e igienisti dentali cui vengono delegate parte delle prestazioni, i quali, sotto la direzione e la responsabilità dei singoli soci della STP che li delegano, possono operare sui pazienti come avviene negli studi singoli e associati, senza alcuna limitazione salva l’informazione scritta di cui si è detto.

Tali comunicazioni possono ad esempio essere effettuate tramite la consegna di un foglio apposito in fase di visita, attraverso il sito Internet della società e con informazioni esposte in modo visibile all’interno dei locali sociali.

 

La Stp e il fisco

Una motivazione che viene spesa per far propendere l’aggregazione professionale per la STP, anziché per il tradizionale studio associato, è il fatto che fiscalmente, seppur in modo indiretto, le STP sono imprese. Civilmente non-imprese, fiscalmente imprese. C’è chi vede come una contraddizione il fatto che un’attività professionale sia tassata come impresa; persino la Cassazione in una nota sentenza ha negato l’applicazione della fiscalità d’impresa a una STP di piccolissima dimensione, in applicazione del principio giuridico della “prevalenza della sostanza sulla forma”, sostenendo che in assenza di un’organizzazione effettiva di tipo aziendale (Cass. Nr. 7407 2021) si applica la tassazione del lavoro autonomo. L’interesse per la tassazione come impresa risiede nell’ipotesi che questa sia una fiscalità di favore, rispetto a quella del lavoro autonomo del professionista singolo o associato.

Se, ad avviso di chi scrive, sul piano dell’ordinaria gestione non si vedono differenze con il lavoro autonomo, anzi nel caso della STP società di capitali si potrebbe essere variamente penalizzati, è vero che negli ultimi anni lo Stato ha erogato denaro pubblico a sostegno degli investimenti e anche “a fondo perduto” con molta più generosità alle imprese rispetto agli “autonomi”. La “riforma fiscale” in programma e le dichiarate intenzioni dell’attuale Governo dovrebbero però ridurre questa discrasia. Pertanto, la descritta “superiorità” fiscale finora manifestata dovrebbe essere considerata come un fenomeno in via di ridimensionamento. Sempre nella legge delega di “riforma fiscale”, è prevista la graduale abolizione dell’Irap, come è avvenuto per i professionisti, prima per gli studi associati e quindi per le STP.

Un ulteriore aspetto fiscale che distingue lo studio singolo e associato dalle società tra professionisti, riguarda l’eventuale cessione dell’attività dietro corrispettivo: essa sarà tassata per il cedente e deducibile per cassa per l’acquirente nella transizione dello studio associato, mentre sarà tassata, nei limiti della plusvalenza realizzata per chi cede, e indeducibile per chi acquista, nel caso di cessione di partecipazioni in una società tra professionisti.

Al momento, in attesa della “riforma fiscale” che renderà deducibile anche per il professionista l’immobile strumentale acquistato in proprietà, oltre che di quello utilizzato in leasing come è da tempo, l’esercizio in forma di STP consente la deduzione in ammortamento dell’immobile, possibilità peraltro la cui convenienza non è sempre certa e va attentamente valutata.

Molti dentisti oggi sono attratti dall’idea di abbandonare lo studio odontoiatrico monoprofessionale per entrare a far parte di un’attività condivisa con altri colleghi, in una società tra persone: prima di decidere, è bene valutare gli aspetti organizzativi e fiscali, perché la convenienza economica non è sempre certa.

L’unione fa la forza - Ultima modifica: 2023-11-21T10:05:48+00:00 da K4
L’unione fa la forza - Ultima modifica: 2023-11-21T10:05:48+00:00 da K4

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