L’ira(p) dei dentisti

L’Agenzia delle entrate avanzava ricorso avverso una sentenza emessa dalla Commissione tributaria regionale di Milano che riteneva non assoggettabile a IRAP il reddito prodotto dal contribuente (nella fattispecie un medico) difettando di autonoma struttura organizzativa, così come verificato sulla base della documentazione fiscale acquisita (assenza di dipendenti o collaboratori, utilizzo di modesti beni strumentali ecc.).  Assumeva intendersi per autonoma organizzazione anche solo una semplice auto-organizzazione, propria di ogni attività professionale.

Ribadiva allora la Suprema Corte (V^ Sezione Civile – Sent. n° 25220 del 15 ottobre 2008) la non necessaria assoggettabilità al tributo di tutti indistintamente i rapporti di lavoro autonomo (al di fuori di quelli coordinati e continuativi e di lavoro occasionale), così come negava l’esonero dal tributo per tutte le categorie professionali «protette» sul rilievo di una pretesa «insostituibilità» della figura del professionista e del suo intuitus personale.

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Confermava come il presupposto impositivo esigesse un contesto organizzativo autonomo quale struttura di supporto (per esempio dipendenti, segretaria, collaboratori, studio personale attrezzato) che potesse realizzare un incremento potenziale alla produttività propria della auto-organizzazione del lavoro personale, restando invece esclusi dal raggio di azione dell’IRAP quei fattori di produzione trascurabili che sembravano incapaci di fornire un effettivo «quid pluris» al lavoratore autonomo, quali libri, cellulare, fax, mezzo personale di trasporto, computer, abitazione-studio (uso promiscuo) ecc.

L’accertamento della sussistenza o meno di tale presupposto impositivo (e quindi della sussistenza di quell’incremento potenziale della produttività ottenuta mediante l’utilizzo di un’adeguata struttura di supporto) è comunque demandato al giudice di merito, che potrà legittimamente fondare il proprio convincimento sul riscontro dei dati contabili riportati nelle pertinenti sezioni della dichiarazione dei redditi (in particolare il quadro RE del Mod. UNICO o la certificazione dell’Anagrafe tributaria).

Le altre decisioni 

Come detto, più volte la Corte di Cassazione (in seduta ordinaria o tributaria) ha avuto ultimamente modo di affrontare la questione, e ciò a riprova del fatto che il libero professionista – già sufficientemente (tar)tassato – ritiene gravemente lesiva dei propri diritti una tassa imposta sul concetto di produttività, perno e motore dell’economia di un Paese. E così il 6 novembre 2008 (Sent. n° 26681/08 – Sez. Tributaria) è stato nuovamente puntualizzato che, atteso integrare – l’attività di lavoro autonomo – il presupposto impositivo dell’IRAP soltanto ove si svolga a mezzo di una attività autonomamente organizzata (l’ormai nota sentenza n° 156/01 della Corte Costituzionale), il requisito organizzativo sussiste quando il contribuente responsabile dell’organizzazione, e non inserito in strutture riferibili alla responsabilità altrui, eserciti l’attività di lavoro autonomo con impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività auto-organizzata per il solo lavoro personale, o si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui. Il 16 maggio 2008 (sentenza n° 12354/08) sempre la Sezione Tributaria della Suprema Corte sosteneva ancora poter ravvisarsi nel «quid pluris» richiesto quale presupposto impositivo dell’IRAP la presenza di dipendenti o di beni strumentali che eccedessero il necessario per poter esplicare la propria attività.

Più risalente nel tempo, il 5 febbraio 2008 la V^ Sezione ordinaria della Corte di Cassazione Civile specificava però che la presentazione dell’istanza di condono fiscale precludeva al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamene inapplicabili per assenza del relativo presupposto impositivo quali l’IRAP: il condono, infatti, in quanto volto a definire transattivamente la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte a una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro quali il coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria.

Il balzello

L’attività odontoiatrica riveste le medesime problematiche di obbligatorietà e assoggettamento al tributo che presentano le professioni in genere. A oggi non vi è ancora univocità di pensiero, né da parte delle Corti (di Cassazione e Costituzionale) né da parte dell’Agenzia delle entrate, ed è per tale motivo che raramente i consulenti si assumono la responsabilità di anche solo consigliare al professionista di soprassedere al pagamento della tassa. L’esistenza di quali condizioni l’odontoiatra dovrà allora accertare per decidere se assoggettare il proprio reddito all’IRAP?

Da quanto sopra riportato, e soprattutto dalla ormai nota sentenza della Corte Costituzionale del 2001, si può senza ombra di dubbio desumere che il punto focale della questione riguarda l’organizzazione della propria attività produttiva. Ma quando si può con certezza dire di essere di fronte a un’attività organizzata? L’attività autonomamente organizzata si ha quando la struttura operativa non sia ininfluente ma costituisca un rilevante fattore di produttività.

Per semplificare, ciò avviene:

  • quando l’odontoiatra sia titolare di studio e non quindi collaboratore di altre attività di cui altri soggetti siano titolari e responsabili;
  • quando abbia alle proprie dipendenze personale o si avvalga di collaborazioni stabili;
  • quando adoperi beni strumentali di particolare rilevanza economica (situazione – questa – alquanto comune soprattutto per un moderno studio odontoiatrico dotato di riuniti, mobili, impianti ecc.).

Non è invece necessario per l’assoggettamento o meno alla gabella essere iscritti a un Albo professionale, come comunque avviene per gli odontoiatri. Se, proprio per la struttura e i beni necessari a uno studio professionale odontoiatrico, ritengo non vi sia scampo per l’odontoiatra titolare di studio, non così per il professionista che collabori, senza assumerne titolarità o responsabilità se non quelle strettamente connesse al proprio operato, con studi riconducibili a soggetti terzi. Ben lungi dal volermi insinuare in settori non di competenza prettamente legale, ritengo sia invece opportuno che chi creda di trovarsi in condizioni tali da far ipotizzare la non assoggettabilità del proprio reddito all’imposta si rivolga immediatamente a un commercialista che lo possa ben indirizzare e guidare nella sua declaranda battaglia.

L’ira(p) dei dentisti - Ultima modifica: 2009-02-18T12:42:04+00:00 da fabiomaggioni

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