In un questo momento di grande incertezza, legato alla pandemia del Coronavirus, desideriamo condividere alcune riflessioni e, soprattutto, alcuni quesiti che riteniamo utili elementi di dibattito per la professione nell’attesa che si possa, speriamo quanto prima, riprendere la nostra attività.

Luca Francetti
Direttore Clinica Odontoiatrica Universitaria, IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche, Università degli Studi di Milano

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Fabrizio Pregliasco
Direttore Sanitario IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano

 

 

L’epidemia da Coronavirus originata a Wuhan (Cina) lo scorso dicembre rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica attuali a livello globale. Il 9 gennaio 2020 il Center for Disease Control cinese ha comunicato di aver identificato l’agente causale: un nuovo coronavirus, dapprima denominato provvisoriamente 2019-nCoV e ufficialmente chiamato SARSCoV- 2 dall’International Committee on Taxonomy of Viruses l’11 febbraio 2020. Questo virus è stato rapidamente sequenziato e messo a disposizione della comunità scientifica e, successivamente, ne è stata confermata la possibilità di trasmissione interumana1-4 .

Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato che il focolaio internazionale da nuovo coronavirus, identificato il 9 gennaio e denominato successivamente SARS-CoV-2, è un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern – PHEIC) 5, e subito dopo anche il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria anche in Italia6.

L’11 marzo 2020 l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia7.

Attualmente, la situazione epidemiologica in Italia e nel mondo è in continua evoluzione e le banche dati vengono costantemente aggiornate per monitorarne l’andamento.

La trasmissione del contagio

Nel Situation Report n. 12 del 1° febbraio 20208, l’OMS ha ribadito che il meccanismo principale di trasmissione del SARS-CoV-2 è il contatto con i casi sintomatici (persone che hanno contratto l’infezione e hanno già manifestato i sintomi della malattia), ma ha riconosciuto la possibilità, meno frequente, di una trasmissione da persone con infezione non ancora sintomatiche, in analogia con quanto già noto per altri coronavirus ,come il MERS-CoV.

Nel Secondo Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS COVID-19 n°2 – 28 Marzo 2020)9, relativamente alle modalità di trasmissione, viene evidenziato come questa avvenga, nella maggior parte dei casi, attraverso goccioline-droplets  (≥ 5μm) espulse a distanze brevi (< 1 metro) da soggetti sintomatici attraverso colpi di tosse o starnuti10-13.

Tali goccioline non rimangono sospese nell’aria, ma si possono depositare sulle mucose nasali, orali, come pure sulle congiuntive di un soggetto suscettibile, in particolare in occasione di contatti stretti tra individuo e individuo.

Il virus, inoltre, si può anche trasmettere per contatto diretto o indiretto con oggetti o superfici nelle immediate vicinanze di persone infette, contaminati dalle loro secrezioni (saliva, secrezioni nasali, espettorato), per esempio, attraverso le mani, a loro volta contaminate, che toccano bocca, naso o occhi.

Studi su altri coronavirus, quali il virus della SARS e della MERS, suggeriscono che il tempo di sopravvivenza su superfici, in condizioni sperimentali, oscilli da 48 ore fino ad alcuni giorni (9 giorni) in dipendenza della matrice/materiale, della concentrazione, della temperatura e dell’umidità, anche se tale dato si riferisce alla possibilità di rilevazione di RNA del virus e non al suo isolamento in forma infettante14. Dati sperimentali più recenti relativi alla persistenza del virus SARS-CoV-2, confermano la sua capacità di persistenza su plastica e acciaio inossidabile fino a 72 ore e su rame e cartone fino a 4 e 24 ore, rispettivamente, mostrando anche un decadimento esponenziale del titolo virale nel tempo15.

La trasmissione per via aerogena (che avviene attraverso particelle di dimensioni < 5 μm che si possono propagare a distanza > 1 metro) non è documentata per i coronavirus incluso SARS- CoV-2 16-17, ad eccezione di specifiche procedure che possono generare aerosol e che avvengono soltanto in ambiente sanitario 18-19.

Alla luce di queste considerazioni e, in particolare, della via di contaminazione tramite aerosol, l’attività odontoiatrica rappresenta un punto nodale nel contenimento della trasmissione del contagio e, in assenza di evidenze scientifiche solide, pare opportuno adottare un principio rivolto alla massima prudenza: sarà sempre possibile, in un secondo tempo, modificare le procedure rendendole meno restrittive qualora le condizioni o le maggiori conoscenze ci orientassero in questa direzione.

In presenza di uno scenario epidemiologico non definito e nell’impossibilità di individuare con certezza un individuo non contagioso sarà dunque indispensabile considerare ogni paziente come potenzialmente tale.

La pratica odontoiatrica quotidiana

Dal punto di vista pratico, ci è parso dunque opportuno fare alcune considerazioni e proposte in merito all’operatività odontoiatrica, suddividendo le stesse in quattro ambiti differenti ma strettamente correlati tra loro:

  1. riorganizzazione degli appuntamenti,
  2. screening e accoglienza del paziente,
  3. DPI e sanificazione,
  4. procedure terapeutiche.

Premessa essenziale a questa serie di considerazioni è che dovremo accettare una serie di compromessi ma, come ben sappiamo, la vita è di per sé piena di compromessi: l’odontoiatria non fa eccezioni!

Riorganizzazione degli appuntamenti

È ragionevole immaginare che, allo scopo di diminuire il flusso di pazienti nello studio e l’affollamento in sala di attesa, gli appuntamenti dovranno prevedere una riduzione del numero e un allungamento di ogni singola seduta: questo significherà concentrare al massimo il numero di trattamenti eseguiti per singola seduta allo scopo di ridurre il numero di pazienti presenti in ambulatorio nell’arco della stessa giornata, diminuire l’utilizzo di DPI che sono ormai diventati preziosi e vanno utilizzati in un’ottica volta a contenerne gli sprechi, limitare i tempi di vestizione/svestizione nonché di sanificazione e aereazione ambientale. Per le stesse ragioni sarà opportuno sfalsare gli appuntamenti sulle diverse postazioni operative in modo da avere sempre una postazione già sanificata dove fare accomodare un paziente successivo, liberando al contempo la sala di attesa.

Per fare qualche esempio pratico, trattare un paziente che necessita cure conservative su più elementi dentali in una sola seduta non sarà più una scelta ma, verosimilmente, sarà l’opzione più ragionevole come pure utilizzeremo l’approccio “full mouth” nell’esecuzione della terapia causale parodontale al posto del trattamento a quadranti o sestanti in più appuntamenti.

Screening e accoglienza del paziente

Il triage anamnestico telefonico ha lo scopo di intercettare a distanza pazienti potenzialmente contagiosi, i quali non devono avere accesso all’ambulatorio fino alla risoluzione della sintomatologia e alla conferma della completa guarigione, intesa come non contagiosità.

È previsto un ulteriore triage in presenza, firmato dal paziente, il quale tuttavia non è sufficiente ad escludere completamente una potenziale contagiosità; è indispensabile dunque che, al momento dell’ingresso in studio, il paziente, se già non ne è in possesso, indossi una mascherina e si disinfetti le mani con un gel a basa alcolica messo a disposizione assieme alla mascherina. Gli verrà quindi misurata la temperatura corporea con un termometro scanner prima di procedere alla compilazione del modulo di triage. Eventuali accompagnatori non saranno ammessi all’interno dell’ambulatorio.

Anche la reception e il personale addetto dovranno rispettare il principio di prudenza citato: pertanto si provvederà a installare, qualora non già presente, una barriera trasparente in vetro o in plexiglass, mentre la receptionist indosserà una mascherina chirurgica e guanti monouso in considerazione dei possibili scambi di materiale con il paziente (dispositivi elettronici, penne, documenti, carte magnetiche…), materiale che andrà regolarmente disinfettato.

Terminata l’anamnesi, il paziente sarà fatto accomodare in sala di attesa, dove andranno ben evidenziati i posti a sedere non utilizzabili al fine di rispettare le distanze di sicurezza previste: è evidente quanto sia indispensabile una corretta programmazione dell’agenda, come indicato in precedenza, per ottimizzare gli spazi e i tempi. In sala d’attesa saranno eliminati tutti gli oggetti (riviste, libri, macchinette del caffè) possibili responsabili d’infezione crociata.

Dispositivi di protezione individuale (DPI) e sanificazione

Come riportato nel già citato Secondo Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS COVID-19 n°2 – 28 Marzo 2020) 9 un’attenta selezione dei DPI deve essere attuata in funzione del rischio di trasmissione di SARS-CoV-2 il quale dipende da:

  1. tipo di trasmissione (da droplets e da contatto);
  2. tipo di paziente: i pazienti più contagiosi sono quelli che presentano sintomatologia (tosse e/o starnuti). Questi pazienti non dovrebbero accedere all’ambulatorio odontoiatrico che non sia adeguatamente predisposto con percorsi completamente separati: in presenza di emergenze di carattere odontostomatologico andranno indirizzati a strutture ospedaliere in grado di gestirli minimizzando il rischio di contagio.
  3. tipo di contatto assistenziale. In particolare, il rischio aumenta quando:
  • il contatto è ravvicinato (< 1 metro) e prolungato (> 15 minuti)11,
  • il contatto è di tipo ripetuto o continuativo, tale da aumentare il tempo complessivo di esposizione,
  • si eseguono manovre e procedure a rischio di produrre aerosol delle secrezioni del paziente.

A questo proposito è utile sottolineare come le procedure portate ad esempio nel documento (rianimazione cardiopolmonare, intubazione, estubazione, broncoscopia, induzione di espettorato, terapie in grado di generare nebulizzazione, NIV, BiPAP, CPAP, tampone nasofaringeo, anche effettuato in comunità) siano in grado di produrre una quantità decisamente inferiore rispetto ad alcune pratiche odontoiatriche routinarie (ablazione del tartaro con ultrasuoni, utilizzo di polveri, preparazione di elementi dentari con strumenti rotanti).

Ne consegue, ovviamente, che il personale odontoiatrico è esposto in prima persona al rischio di contagio e che, allo stesso tempo, l’ambiente odontoiatrico potrebbe rappresentare, in assenza di un rigoroso controllo igienico-sanitario, un potenziale focolaio di contagio.

Risulta, pertanto, di fondamentale importanza che tutto il personale sia opportunamente formato e aggiornato in merito alle modalità e ai rischi di esposizione professionale, alle misure di prevenzione e protezione disponibili, nonché alle caratteristiche del quadro clinico di COVID-19.9

In particolare, sempre attenendoci alle indicazioni dell’ISS9 in relazione all’esposizione ad aerosol, il personale clinico dovrà indossare: maschera FFP-2/FFP-3, occhiali protettivi o schermo, camice monouso idrorepellente, copricapo, guanti e calzari. Gli operatori dovranno seguire rigorosamente le procedure di vestizione e di rimozione sicura dei dispositivi di protezione: al fine di minimizzare il rischio di contaminazione risulta utile che queste procedure avvengano in modalità assistita.

Un’ulteriore attenzione andrà posta nei confronti del paziente: prima di accedere all’area operativa, indosserà copriscarpe, copricapo e un leggero camice monouso, avendo prima raccolto i suoi indumenti (giacca, soprabito etc.) e accessori (borsetta, zaino, cartella…) all’interno di un sacco monouso che gli sarà stato fornito all’ingresso. Dopo essersi nuovamente disinfettato le mani con soluzione a base alcoolica verrà fatto accedere all’area operativa.

Poiché esistono indicazioni circa una possibile persistenza di aerosol contaminato al termine delle procedure, secondo le indicazioni dell’ECDC 20, gli ambienti operativi devono essere ventilati accuratamente al termine di ogni sessione. Dopo la ventilazione, le stanze devono essere attentamente deterse con un detergente neutro per essere poi disinfettate con un prodotto di comprovata efficacia anche contro i virus, attenendosi scrupolosamente alle indicazioni del produttore.

Poiché, infine, la pulizia e la disinfezione degli studi operativi e di tutte le aree extra cliniche deve parimenti avvenire con detergenti e disinfettanti di comprovata efficacia, utilizzati in stretta osservanza delle indicazioni del produttore, anche il personale che si occupa delle pulizie deve essere opportunamente formato.

Procedure terapeutiche

L’ultimo aspetto da considerare riguarda le procedure cliniche: è proprio qui che sorgono i principali dubbi: infatti, se a guidarci prima è stato un po’ il buon senso combinato con i dati epidemiologici e le poche indicazioni scientifiche oggi disponibili, in questo ambito ci interroghiamo se e come dovremo modificare alcune nostra operatività.  Ci riferiamo, per esempio, ai getti di polvere sotto pressione, oggi sempre più diffusi per la loro efficacia: dovremo temporaneamente rinunciarvi, in quanto in grado di amplificare in modo significativo la dispersione di potenziali agenti contaminanti?

Nelle procedure odontoiatriche come ben sappiamo, la produzione di aerosol è comunque elevata: dovremo forse immaginare di minimizzare l’utilizzo di strumenti sonici, e sostituirli, per quanto possibile, con i vecchi ma sempre affidabili strumenti a mano (scaler e curette)?

E cosa dire degli strumenti rotanti? Certo, utilizzando la diga di gomma abbinata a una doppia aspirazione ad alta velocità, possiamo ridurre significativamente il rischio di contaminazione a 1 metro di distanza21 ma sappiamo bene che non tutte le procedure odontoiatriche, per esempio la preparazione di un moncone protesico, sono realizzabili sotto diga. Rinunceremo alla siringa aria acqua?

Sarà opportuno eseguire procedure chirurgiche sofisticate come interventi di chirurgia rigenerativa parodontale e ossea che richiedano uno stretto monitoraggio? Dovremo infatti considerare che sarà difficile per un certo periodo, non sappiamo quanto lungo, organizzare sedute brevi e ravvicinate per il monitoraggio e l’esecuzione di sedute di igiene orale professionale, per rimuovere le suture (prediligeremo suture assorbibili) o per evidenziare l’eventuale esposizione di una barriera e intervenire tempestivamente.

L’utilizzo di sciacqui e gargarismi pre-procedurali potrebbe rivelarsi un presidio utile per la riduzione della carica microbica in generale e, dunque, anche virale. Al momento, tuttavia, non esistono studi specifici che abbiano analizzato l’efficacia dei diversi antisettici in vivo in ambito odontoiatrico nei confronti di SARS-CoV-2 e sono state proposte, grazie alle proprietà ossidanti, soluzioni all’1% di acqua ossigenata o con iodiopovidone 1%22 mentre, per quanto riguarda i convenzionali sciacqui a base di clorexidina 0,12-0,20% in grado di ridurre la carica microbica in generale23-24, un recentissimo studio25 ne dimostra l’efficacia in vitro contro il virus in oggetto.

Nella logica che abbiamo espresso prima, ossia che, in assenza di evidenza è meglio applicare un principio di estrema prudenza, tutto questo trova una sua ragionevole indicazione ma certamente non ci mette al sicuro: ne consegue che è l'insieme delle procedure adottate che può, nel suo complesso, aiutarci a ridurre il rischio di contagio in attesa che test diagnostici rapidi possano metterci in grado di individuare gli individui contagiosi.

Due recenti pubblicazioni22-26, di origine cinese, hanno affrontato dettagliatamente i possibili rischi d’infezione crociata correlati alla pratica odontoiatrica elencando, al contempo, una serie di procedure e presidi che ci hanno in buona parte guidato nella stesura di quanto sopra riportato. Certamente appare difficile oggi immaginare come sarà la nostra professione, che dovrà riflettere su queste considerazioni, rispondere agli interrogativi che volutamente abbiamo posto come tali allo scopo di suscitare una discussione all’interno della professione.

In conclusione, in questo momento di grande incertezza, con la consapevolezza che la rapida evoluzione delle conoscenze possa condurci a modificare nel breve termine quanto esposto, abbiamo ritenuto di condividere alcune riflessioni e porci alcune domande alle quali ci auguriamo di trovare una risposta condivisa ribadendo che, in assenza di solide evidenze scientifiche, non possiamo che basarci su quanto ad oggi disponibile unendolo a delle norme di buon senso nell’ottica della massima prudenza.

 

Bibliografia
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L’attività odontoiatrica e l’attuale emergenza sanitaria - Ultima modifica: 2020-04-22T12:25:18+00:00 da redazione
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