Laser e implantologia: prospettive

L’impiego odontoiatrico del laser sta conoscendo una diffusione rilevante. In ambito chirurgico, trova impiego ad esempio in una serie di piccoli interventi sui tessuti molli, ad esempio a livello del parodonto. Si può pertanto affermare che tale metodica costituisca già una realtà clinica applicabile a casi selezionati.

Alcuni autori, partendo da questi presupposti, hanno voluto verificare quale potesse essere il ruolo, attualmente e in prospettiva, delle sistematiche laser nella chirurgia di interesse implantologico.

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La revisione della letteratura di Moslemi e colleghi, ad esempio, si chiede quali siano le evidenze scientifiche ad oggi disponibili sull’uso del laser nella preparazione del sito implantare. Dei 22 articoli selezionati, si rileva solo un lavoro in vivo su esseri umani: si tratta nella fattispecie di uno studio il cui fine era di verificare gli effetti termici di un’osteotomia condotta al laser. Il surriscaldamento e la possibilità di superare il valore soglia dei 47°C varia sulla base di diversi fattori, compresi i parametri di utilizzo del laser (frequenza, pulsazione e altro).

I laser Er:YAG e Er:Cr,YSGG sono i più studiati, oltre che per il fattore termico, anche per la loro bassa penetranza ottica sul tessuto. Uno degli aspetti maggiormente delicati è infatti il controllo della profondità del sito implantare durante la preparazione.

Per quanto riguarda tutti gli indicatori più strettamente legati all’osteointegrazione, quali BIC, stabilità implantare e tasso di guarigione, la revisione si conclude in maniera possibilista, tenendo conto però del fatto che i dati si basano esclusivamente su modello animale e studi in vitro.

Più applicabili agli standard operativi attuali sono, probabilmente, i risultati di un’altra review, che considera invece l’uso del laser nella terapia fotoablativa delle condizioni infiammatorie perimplantari.

Considerando ancora il laser Er:YAG, viene osservato come questo sia in grado di rimuovere il layer di ossido di titanio, senza danneggiare superficie implantare e osso. Lo studio preclinico di Nevins (2014) fornisce indicazioni positive riguardo la formazione di osso nel modello canino, prelevato a 3 mesi dall’intervento. Altri lavori mettono comunque in discussione alcuni aspetti della metodica.

Anche il laser CO2 è stato correlato a una stimolazione dell’attività osteoblastica perimplantare: Autori sottolineano però come la piena comprensione del processo biologico debba precedere l’impiego clinico.

Per quanto riguarda l’utilizzo del laser nel trattamento della perimplantite nella sua fase attiva, gli Autori considerano due diverse metodiche (PDT e Laser-assisted peri-implatitis protocol), concludendone che, in base al background scientifico da loro sondato, tali tecnologie sono dei validi adiuvanti al trattamento meccanico delle superfici infette, come viene anche mostrato nel video in allegato.

Video updated on Youtube by John McAllister

 

Laser e implantologia: prospettive - Ultima modifica: 2017-03-25T07:58:13+00:00 da redazione

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