Il Paziente esce soddisfatto dallo Studio, sorride e finalmente può farlo. I suoi denti sono belli, di un colorito uniforme, con quella piccola imperfezione che sa di naturalezza… Merito dei Professionisti cui si è rivolto, anzi no! del Professionista. Ancora una volta, infatti il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha sottolineato che l’Odontotecnico è e resta un Artigiano. Un tempo riverito quale Maestro d’arte, capace dal nulla di creare un qualcosa di unico ed esclusivo, di cui fare sfoggio per suscitare l’invidia altrui, l’Artigiano è oggi un ruolo che va stretto, da scrollarsi di dosso. E a nulla valgono le rimostranze avanzate da chi ritiene, e a ragione, di avere un compito di rilievo nella tutela del benessere psicofisico dell’individuo: la Legge è chiara e non altrimenti interpretabile.
Non verrà istituita una nuova professione sanitaria
Adivano il T.A.R. Lazio le organizzazioni di categoria rappresentative degli Odontotecnici a livello nazionale, impugnando le note del Ministero della Salute, entrambe assunte il 24 settembre 2018, acquisito il parere del Gruppo tecnico sull’Odontoiatria: “non favorevole alla richiesta di individuazione della figura dell’Odontotecnico quale nuova professione sanitaria”. Sostenevano i ricorrenti che normative italiane e comunitarie, oltre che pronunce giurisprudenziali già ottenute sul territorio, non facevano altro che confermare come l’Odontotecnica fosse una attività professionale, superando così la qualificazione della stessa come attività artigianale. Rilevava il Tribunale come, invece, avrebbe dovuto essere incontestato che la figura dell’Odontotecnico non potesse rientrare nell’ambito delle professioni sanitarie.
Tante norme, decisione univoca
I ricorrenti hanno chiesto l’applicazione dell’art. 5, L. n. 43/2006, (Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie), per il quale “L’individuazione di nuove professioni sanitarie da comprendere in una delle aree di cui agli articoli 1,2,3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, avviene in sede di recepimento di direttive dell’Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle Regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. A tal fine, le associazioni interessate inviano istanza motivata al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi e, in caso di valutazione positiva, attiva la procedura di cui al comma 2. 2. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni sanitarie avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse”.
Questa procedura è diretta proprio a istituire nuove professioni sanitarie, con la conseguenza che può essere adottata (e richiesta) solo quando la figura in questione non rientra nell’ambito delle professioni sanitarie. A ogni buon conto, che la figura dell’odontotecnico non rientra nell’ambito delle professioni sanitarie si evince anche dalle norme vigenti. Con specifico riferimento alle professioni sanitarie, il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) distingue tre categorie:
- quella delle professioni sanitarie principali (medico chirurgo, veterinario, farmacista e, dal 1985, l’odontoiatra);
- quella delle professioni sanitarie ausiliarie (levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera diplomata); quella delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie (odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed ernista, tecnico sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato).
La giurisprudenza ha precisato che invero, sul piano normativo, l’odontotecnico esercita un’arte ausiliaria di una professione sanitaria, come precisato all’art. 1 del Regio Decreto n. 1334/1928, che l’ha istituita nel nostro Paese. I limiti e le modalità di esercizio di tale attività sono delineati, in particolare, all’art. 11 del citato Regio Decreto, a mente del quale “gli odontotecnici sono autorizzati unicamente a costruire apparecchi di protesi dentaria su modelli tratti da impronte loro fornite da medici chirurghi a dagli abilitati a norma di legge all’esercizio della odontoiatria, con le indicazioni del tipo di protesi;
è in ogni caso vietato agli odontotecnici di esercitare, anche alla presenza del medico, alcuna manovra cruenta o incruenta nella bocca del paziente”. Il manufatto protesico/ortodontico, inoltre, è da considerarsi un “dispositivo medico su misura” definito, in base al Regolamento (UE) 2017/745, come “qualsiasi dispositivo fabbricato appositamente sulla base di una prescrizione scritta di qualsiasi persona autorizzata dal diritto nazionale in virtù della sua qualifica professionale, che indichi, sotto la responsabilità di tale persona, le caratteristiche specifiche di progettazione, e che è destinato a essere utilizzato solo per un determinato paziente esclusivamente al fine di rispondere alle sue condizioni ed esigenze individuali”; che la figura dell’odontotecnico non sia una professione sanitaria si evince inoltre dai numerosi disegni di legge che, nel corso degli anni, sono stati avanzati. In altre parole, il Regio Decreto stesso (che sostiene che l’odontotecnico non sia un professionista) e gli innumerevoli disegni di legge presentati per ottenere tale riconoscimento erano la “prova provata”, agli occhi dei ricorrenti, che non esistesse una figura già codificata nello scenario professionale che potesse compromettere questa sorta di upgrade lavorativo. E invece il Ministero sposava la tesi della CAO Nazionale che puntualizzava “La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni sanitarie avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse. Infatti, sempre il parere citato ha precisato che secondo i regolamenti didattici delle università italiane attualmente in vigore sono di competenza del laureato in odontoiatria e protesi dentaria:
- la gamma completa dell’odontoiatria generale;
- le procedure terapeutiche mediche chirurgiche complementari alla professione odontoiatrica;
- la scienza dei biomateriali per quanto attiene la pratica dell’odontoiatria;
- il conseguimento di specifiche professionalità nel campo della protesi;
- la capacità di formulare un piano di trattamento globale;
- la capacità di eseguire terapie appropriate, tra l’altro sostituendo denti mancanti, quando indicato e appropriato con protesi fisse, rimovibili che sostituiscano sia denti che altri tessuti persi e protesi complete;
- la conoscenza delle indicazioni alla terapia impiantare e la capacità di effettuarla (tutta e non in parte).
Ai sensi della direttiva 78/687 CEE, inoltre, l’insegnamento della protesi è previsto tra le materie specifiche professionali da cui deriva anche la denominazione di Corso di laurea in odontoiatria e Protesi Dentaria e la competenza assoluta dell’odontoiatra per l’esecuzione di tutti gli aspetti della terapia odontoiatrica. Tale motivazione, fatta proprio dal Ministero nel provvedimento impugnato, non è illogica o illegittima, posto che l’art. 5, l. n. 43/2006, comma 4, impedisce una sovrapposizione e una parcellizzazione tra le figure professionali; sovrapposizione e parcellizzazione che si determinerebbe nel momento in cui si facesse rientrare nell’ambito delle professioni sanitarie la figura dell’odontotecnico in quanto, questo ultimo, avrebbe competenze del tutto similari a quelle afferenti i corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria. In conclusione, il ricorso deve essere respinto”.
E quindi, dal momento che il Corso di laurea in Odontoiatria e (guarda un po’) Protesi Dentaria prevede nel piano di studi parecchi esami focalizzati sulla Odontotecnica, riconoscere un’altra professione nel settore comporterebbe quella sovrapposizione e parcellazione così veementemente vietata dalla normativa di riferimento.
Finita la questione. Per ora. La padronanza di un’arte non è cosa da poco. E il sorriso del Paziente è una soddisfazione non esclusiva ma da condividere tra chi ha contribuito a farlo risplendere, nella consapevolezza di aver svolto al meglio la propria opera. A ciascuno il suo, quindi, senza inutile invidia o, peggio, dannosi complessi di inferiorità.