Come si dice? “Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io”. Brutta storia, questa, di denti sporchi e di sentimenti rinnegati, decisa da un Tribunale che pare non voler entrare troppo nel merito, per rispetto (forse) della vera protagonista del processo.

 

Due amici a cena. Uno scambio di battute, una lamentela tra un boccone e l’altro, un consiglio dato con il solo scopo di alleviare il dolore. L’uno, un fumatore accanito, l’altro, un odontoiatra. Due amici che si ritroveranno davanti a un giudice, per sancire la fine di una reciprocità emotiva sino ad allora appagante.

Il caso

La questione, invero, si snoda intorno alla mancanza dell’acquisizione del consenso informato a fronte di interventi plurimi e poco risolutori. Di seguito i fatti come riportati dall’odontoiatra, chiamato in causa con un collega per ottenere risarcimento economico per le sofferenze patite dal paziente: deduceva “… di aver proceduto nel maggio 2011 a visitare presso il proprio studio e alla presenza della signora P.P. l’odierno attore riscontrando nel paziente un’apparente grave malattia parodontale in un soggetto fortemente fumatore e con scarsa igiene orale. Nel corso di questa visita, esso convenuto aveva accertato una grave mobilità del gruppo frontale e aveva prescritto al paziente di effettuare alcune sedute di igiene orale, necessarie per la rimozione di numerosi depositi; l’attore aveva eseguito nell’arco di un mese due sedute di igiene orale con ultrasuoni e tecnica di scaling aggiunta di erogazioni con antibiotico al fine di ridurre l’infiammazione delle gengive; in occasione di tali sedute il paziente era stato informato delle precauzioni che avrebbe dovuto osservare e invitato a sottoporsi periodicamente a sedute di igiene orale con intervalli trimestrali; esso convenuto, dopo aver verificato la situazione parodontale a seguito delle sedute di igiene, aveva informato l’attore della necessità di effettuare una visita con uno specialista nel ramo indicandogli, il dott. B.L., per cui veniva concordato un nuovo appuntamento alla presenza del citato specialista. Nel giugno 2011 l’attore si è recato presso lo studio di esso convenuto ed era stato visitato dal dott. B.L. il quale, dopo aver eseguito un sondaggio parodontale, aveva constatato la presenza di perdita ossea generalizzata di tipo “orizzontale” con tasche di circa 7-8 mm e forte mobilità del gruppo frontale; e per tale ragione lo specialista aveva consigliato al paziente la necessità di seguire un intervento parodontale “a cielo aperto” per la rimozione dei depositi di tartaro sottogengivale e per inserire uno splintaggio intracoronale, al fine di ridurre la mobilità del gruppo frontale. Il dott. B.L. aveva informato l’attore che per il buon esito dell’intervento avrebbe dovuto curare molto l’igiene domiciliare, riducendo drasticamente il fumo ed effettuando controlli periodici; in quella sede lo stesso specialista aveva informato il paziente della tecnica chirurgica che sarebbe stata praticata e delle attività postoperatorie. Avuto l’assenso da parte del paziente, la data per l’intervento paradontale era stata fissata nel luglio 2011 con la prescrizione all’attore di effettuare un’ortopanoramica per meglio apprezzare l’entità del danno; nel luglio 2011 l’attore si era presentato presso lo studio ed era stato sottoposto a cure da parte del dott. B.L. per come concordato in precedenza; e terminato l’intervento al paziente era stata prescritta una terapia antibiotica antidolorifica e fissato l’appuntamento per effettuare i necessari controlli, quindi gli era stata consegnata l’ortopanoramica con l’avvertenza che avrebbe dovuto riportarla a ogni eventuale, successivo controllo. Dopo circa 12 giorni al sig. C.C. erano state rimosse le suture ed effettuato il controllo della ferita chirurgica senza che costui lamentasse alcun disturbo e tanto sino al settembre 2011; in ragione del miglioramento la situazione parodontale, e alla luce della lesione cariosa evidenziata dall’esame radiologico, il dott. B.L. aveva consigliato all’attore di procedere all’estrazione di tale dente (elemento 26) informandolo specificamente delle modalità dell’intervento e delle sue finalità. Nel dicembre 2011 essi convenuti avevano proceduto alla suddetta estrazione dentaria con riconsegna al paziente dell’esame radiologico di cui sopra e fissazione di un appuntamento a distanza di sette giorni. Nonostante quest’appuntamento, il paziente non si era  presentato alla visita di controllo e, ripetutamente contattato dalla segreteria, aveva riferito di essere impossibilitato alla visita per ragioni familiari. Solo nel gennaio 2012 il paziente aveva comunicato alla segreteria di essere insoddisfatto dell’operato dei sanitari rifiutando ogni ulteriore controllo…”.

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Secondo il tribunale, in un rapporto di amicizia, il consenso informato acquisito anche nel corso di chiacchierate più o meno informali ha pienamente valore

La decisione

Il Tribunale, in modo alquanto salomonico, aiutato dalla assenza di rigidi vincoli giuridici intervenuti solo successivamente con la nota Legge n. 219/2017, riguardante proprio le “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, giunse alla conclusione che in un rapporto di amicizia, il consenso informato acquisito anche in forma verbale nel corso di chiacchierate più o meno informali ha pienamente valore, non necessitando di ulteriori formalità per acquisire legittimità. Unico incombente è fornire la prova che effettivamente si sia spiegato all’amico/paziente l’intervento terapeutico, ma una volta fatto ciò il consenso si dà per acquisito, checché se ne possa dire successivamente.

Per dovere di verità, dalla summenzionata L. 219/2017 il consenso informato deve oggi essere documentato, come ben normato all’art. 1 comma 4 che recita: “Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.

Il necessario distacco

“I veri amici ti pugnalano di fronte”. Così, in modo molto disincantato, chiosava Oscar Wilde a chi gli chiedeva cosa pensasse dell’amicizia. Chi non ha mai avuto problemi con un amico che, trattato inevitabilmente in modo differente dagli altri pazienti proprio in forza di quello speciale legame, recriminava poi inesattezze e imprecisioni nelle prestazioni ricevute? Il professionista, e non solo in ambito sanitario, deve riuscire a mantenere un giusto distacco anche e soprattutto con chi a sé legato da vincoli di amicizia, e non solo a tutela di quest’ultima, ma anche a salvaguardia della propria rispettabilità e del proprio patrimonio.

L’amicizia tradita - Ultima modifica: 2020-10-16T09:20:51+00:00 da monicarecagni
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