I protocolli riabilitativi implantologici offrono oggi indicazioni molto rassicuranti in termini di tassi di sopravvivenza, anche nei casi complessi. Il successo terapeutico in aree anatomiche a elevato impatto estetico passa però per definizione per una corretta gestione, in termini di aspetto marginale e di mantenimento volumetrico, dei tessuti molli.
Diverse sono le strategie proposte al fine di ridurre al massimo i processi di riassorbimento e massimizzare la resa estetica della riabilitazione: varie tecniche di mantenimento – si pensi in particolare alla socket preservation – e tissue augmentation, protocolli di chirurgia flapless, posizionamento maggiormente palatale dell’impianto e platform switching.
Particolare interesse, negli ultimi anni, è stato indirizzato nei confronti dell’implantologia postestrattiva.
Ciò nonostante, alcuni Autori osservano come la perdita del legamento parodontale e del bundle bone comportino necessariamente la messa in atto di processi di riassorbimento dei tessuti duri e molli, che soprattutto sul versante vestibolare – sovente composto esclusivamente da bundle bone – comportano un aumentato rischio di recessioni e disestetismi. Da qui dunque l’idea di poter preservare i tessuti mantenendo (o, meglio, mantenendo parziamente) in situ la radice del dente da rimpiazzare.
Socket shield technique nell’implantologia postestrattiva
Il protocollo consiste nell’estrazione parziale del corpo radicolare dell’elemento decoronato, con il mantenimento di uno shield, cioè uno scudo, ovvero un frammento del terzo coronale del segmento vestibolare. La procedura è delicata in quanto prevede che il suddetto frammento non venga lussato durante l’estrazione della radice, che viene separata mediante l’ausilio di frese dedicate. Altrettanto importante minimizzare il traumatismo a carico dei tessuti molli. A questo punto la procedura prosegue normalmente con l’allestimento del sito implantare postestrattivo sul versante linguale. In caso di dislocazione dello shield durante l’osteotomia, la chirurgia diviene automaticamente una comune postestrattiva.
Dal punto di vista delle indicazioni scientifiche, è doveroso ricordare che si fa riferimento un protocollo operativo con una storia giovane. A inizio 2017, comunque, lo stesso inventore della tecnica, insieme con Otto Zuhr, Bäumer e Rebele ha rilasciato uno case series retrospettivo di 10 casi con un follow-up di 5 anni e valutazioni di tipo clinico-radiografico (PPD, BOP, radiografie endorali e documentazione fotografica) e volumetrico, tramite scansione 3 di modelli in gesso pre-estrazione e ,appunto, a 5 anni dalla consegna del manufatto definitivo. Gli Autori concludono, al netto dei limiti dello studio, nel definire i dati incoraggianti: la procedura chirurgica, minimamente invasiva, conduce a ridotte variazioni marginali, recessioni comparabili agli elementi dentari adiacenti, dunque a risultati estetici eccellenti.
Riferimenti bibliografici
Socket Shield Technique for immediate implant placement – clinical, radiographic and volumetric data after 5 years Source: Clinical Oral Implants Research [0905-7161] Bäumer, Daniel yr:2017 vol:28 iss:11 pg:1450 -1458