La curiosità, il motore della ricerca

Jean-Paul Rocca

Dalla Francia, Jean-Paul Rocca, 64 anni, professore di Laserterapia presso l’Università di Nizza, si racconta: gli anni della formazione, le riflessioni sulla ricerca universitaria e il raffronto tra odontoiatria pubblica e privata, e altro ancora…

Il suo nome di battesimo è tipicamente francese, il suo cognome, forse, di origine italiana. Nizza, la sua città natale, infatti, spiega, sino al 1860 apparteneva al nostro Paese. Jean-Paul Rocca dopo la maturità si trasferisce a Marsiglia, dove consegue la laurea in Odontostomatologia, poi, le specializzazioni in microbiologia e batteriologia. Due studi, spiega, molto diversi tra loro, ma al tempo stesso complementari, se consideriamo quanto sia ricca di batteri la nostra cavità orale, di quante patologie può farsi tramite o divenirne oggetto: come la carie, la più conosciuta, la terza classificata per incidenza epidemiologica dall’OMS. A Lione assume i suoi primi incarichi universitari. Nel 1986 pubblica il suo primo lavoro sulle applicazioni odontoiatriche della tecnologia laser, la sua grande passione. Nel 1990 diviene professore di Laserterapia presso l’Università di Nizza dove ancora oggi insegna.

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Professor Rocca, quali sono i suoi primi ricordi legati al laser?

La mia prima pubblicazione risale al 1986. Ricordo che in quegli anni l’industria era impegnata nella realizzazione di apparecchiature laser di cui ignorava in parte le possibili applicazioni in campo odontoiatrico. Il nostro ruolo di ricercatori era proprio quello di sperimentare e individuare le potenzialità di impiego di queste nuove tecnologie. Sui tessuti molli le applicazioni risultarono sin da subito buone, anche se ricordo che il manipolo non poteva essere tenuto in mano oltre il minuto perché si scaldava a tal punto da risultare quasi «incandescente». Bei ricordi… ma questa è la preistoria del laser.

Oggi lo scenario è cambiato…

La tecnologia laser si è sviluppata in modo straordinario in questi due decenni. Oggi è possibile preparare le cavità in condizioni ottimali, eseguire la chirurgia orale con grandi benefici per la cicatrizzazione. Alcune tipologie di interventi, anche importanti, con l’ausilio del laser diventano quasi un gioco. Impiegando energie molto basse, è possibile anche eseguire piccoli trattamenti senza anestesia. 

Qual è la frontiera della laserterapia?

Sinceramente non si ha ancora la più pallida idea di quali possano essere i limiti della tecnologia laser in medicina. In ogni caso, la ricerca condotta dall’industria e dagli ingegneri specializzati in Fisica quantica va avanti e oggi è incentrata sul tempo di lavoro della luce. Esiste già un’apparecchiatura in grado di produrre spot di luce a una velocità che si avvicina ai 10-15 secondi. Tuttavia, per ora, le dimensioni fisiche di questa macchina non ne permettono l’impiego in medicina. Ma ricordo il primo laser CO2 con cui operavo a Lione: era un attrezzo che somigliava a un armadio. Le cose cambiano in fretta.

Professor Rocca, parliamo un po’ di Università: sono più le similitudini o le differenze tra l’Università francese e quella italiana?

Sono molti i punti di contatto. Dalla Comunità Europea d’altronde giungono raccomandazioni affinché i programmi d’insegnamento siano sempre più simili. Tra l’altro esiste anche un’associazione europea che si occupa proprio di pedagogia nel campo dell’odontoiatria. Le differenze sono destinate dunque a diminuire. È bello avere lo stesso vocabolario e poter parlare tutti la stessa lingua. Per quanto riguarda la ricerca, invece, anche in Francia come in Italia esiste il CNR. Un organismo che mette a disposizione risorse comuni per condurre studi e sperimentazioni anche con il supporto di altri centri di ricerca. Nel campo della laserterapia, poi, l’Università di Nizza da alcuni anni collabora con l’Università di Aachen, in Germania e l’Università di Liegi in Belgio. Nell’ambito di questo programma comune di ricerca abbiamo avuto l’opportunità di avvalerci della collaborazione di numerosi ricercatori.  Un’iniziativa che ha coinvolto anche le Università di Parma e Roma La Sapienza.

Sono molti gli studenti italiani e i ricercatori che frequentano l’Università di Nizza?

Sì, forse anche per ragioni di vicinanza geografica. È stata una grande soddisfazione per me vedere che molti degli studenti e dei professionisti venuti a Nizza per formarsi nel campo delle applicazioni laser, siano diventati opinion leader in Italia, dove abbiamo avuto la possibilità di aprire due nuove scuole: una presso l’Università di Roma La Sapienza, l’altra presso l’Università di Parma. Si tratta di persone che pur avendo conquistato la loro autonomia professionale, continuano ancora oggi a collaborare con la nostra realtà. Gli studi multicentrici sono molto più apprezzati di quelli condotti singolarmente, oltre che essere anche molto più piacevoli per chi vi partecipa. È bello confrontarsi e intrattenere relazioni con chi ha i nostri stessi interessi.

Quali sono i problemi della ricerca universitaria in Francia?

Anche nel nostro Paese non mancano le difficoltà. Quella più sentita riguarda forse gli aspetti burocratici a cui siamo sottoposti ogniqualvolta richiediamo aiuti e contributi alla Comunità Europea. La preparazione dei dossier sulle ricerche è un lavoro molto complesso e dispendioso, anche se, mi rendo conto, necessario.

Qual è lo scenario della libera professione in Francia?

L’odontoiatria privata gode tutto sommato di buona salute. I problemi riguardano i rapporti con le assicurazioni sociali. In Francia il libero professionista, a fronte di prestazioni che richiedono attrezzature e competenze supplementari, non può applicare tariffe maggiorate, rispetto a quelle concordate. Così, gli odontoiatri che decidono di compiere investimenti nel settore della laserterapia, per esempio, hanno maggior difficoltà ad ammortizzare le spese sostenute. È un sistema, questo, che purtroppo non agevola lo sviluppo delle nuove tecnologie nel comparto della libera professione.

In ambito pubblico, invece, qual è la vostra peculiarità?

In Francia chi opera nel pubblico non può lavorare contemporaneamente anche nel privato: ai professori universitari e agli assistenti che lo desiderano è richiesto un rapporto esclusivo. È un modello che funziona, questo, le persone sono soddisfatte, anche perché permette ai professionisti di operare in un ambiente molto stimolante. Si lavora sempre in equipe e si ha molto tempo per discutere insieme, soprattutto dei casi clinici più complessi. Se il paziente è affetto da patologie particolari e le sue condizioni di salute sono precarie poi, per esempio, l’odontoiatra ha la possibilità di confrontarsi direttamente con altri specialisti per definire insieme protocolli e piani di trattamento specifici. Un’opportunità che il libero professionista solitamente non ha, operando da solo all’interno del proprio studio. Lavorare in ospedale, in squadra, da questo punto di vista, è un grande vantaggio, un conforto per l’odontoiatra.

A proposito di solitudine, in Italia sta crescendo il numero dei liberi professionisti che, per ragioni economiche e professionali, dà vita a studi associati: in Francia, invece, qual è la tendenza attuale?

Anche nel nostro Paese è in atto questo fenomeno. L’odontoiatria è diventata una disciplina molto complessa. Sono numerose le specializzazioni e richiedono grande impegno anche di aggiornamento. Non si può pensare di avere competenze sufficienti in ciascuna e in tutte le branche di questa disciplina.
Il lavoro di squadra diventa una necessità, oltre che, ancora una volta, un piacere. Lo studio associato è una tendenza che osserviamo in Italia, in Francia, ma anche in Spagna: un fenomeno, credo, diffuso ormai un po’ ovunque.  

Professor Rocca, se non avesse seguito la strada che l’ha condotta sin qui, di cos’altro le sarebbe piaciuto occuparsi? 

Ho scelto di dedicarmi alla ricerca, nel campo della laserterapia, per curiosità: d’altronde è questo il motore della ricerca. Ma se non avessi intrapreso gli studi che mi hanno portato sin qui, credo avrei fatto il musicista.
Il mio strumento era il pianoforte. In compenso oggi la musica la praticano i miei figli: una è una violinista professionista, un’altra studia il violoncello, l’ultimo, la viola. È meraviglioso vedere un bambino, impegnato nello studio della musica, gioire per essere finalmente riuscito ad affrontare con successo un passaggio difficile, dopo giorni di duro studio e qualche frustrazione. Spiegare a un bambino il significato del lavoro e dell’impegno non è cosa facile. Ma con la musica tutto diventa possibile. 

La curiosità, il motore della ricerca - Ultima modifica: 2009-01-18T11:53:40+00:00 da elisabettadolzan

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