La cavità d’accesso in endodonzia

Gianluca Fumei, responsabile scientifico del Corso FAD “La cavità d’accesso in endodonzia: razionali clinici e operativi”

Il nuovo corso ECM FAD, erogato da Tecniche Nuove, provider ECM con accreditamento standard, e pubblicato su Il Dentista Moderno a partire dal numero di giugno, sarà dedicato allo studio sull’apertura della camera pulpare: una fase molto delicata, ma spesso sottovalutata da chi pratica l’endodonzia, come spiega Gianluca Fumei, responsabile scientifico del corso che sarà fruibile online, sulla piattaforma e-learning, per un intero anno.

Frutto dell’esperienza di chi pratica l’endodonzia, il corso FAD “La cavità d’accesso in endodonzia: razionali clinici e operativi” è anche il risultato di un’attenta ricerca sulla letteratura dedicata all’argomento. «È nata così questa disamina su un tema spesso sottovalutato», spiega Gianluca Fumei, responsabile per l’Endodonzia nel reparto di Riabilitazione orale (diretto dal professor Dino Re) dell’Università degli Studi di Milano presso l’Istituto Stomatologico Italiano e professore a contratto in Endodonzia all’Università degli Studi dell’Insubria, a Varese, «un corso indirizzato all’odontoiatra che quotidianamente affronta i trattamenti endodontici e vuole gestire con sicurezza la delicata fase di apertura della camera pulpare».

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Dottor Fumei, perché è così importante, in endodonzia, curare la cavità d’accesso?

Perché, a mio modo di vedere – ma lo dice soprattutto la letteratura – questa è una delle fasi più importanti della terapia canalare, cioè quella che consente di accedere all’anatomia dell’endodonto. Purtroppo, spesso la cavità d’accesso è sottovalutata, cioè viene fatta velocemente dai colleghi, più interessati a strumentare e a lavorare all’interno dei canali che a compiere una buona apertura della camera pulpare. Tuttavia, la letteratura è chiara su questo punto: la prognosi delle nostre terapie canalari è direttamente legata alla cura e alla precisione con la quale realizziamo l’apertura in camera, perché questa ci consente di ridurre la possibilità di incorrere in errore. Allargandoci troppo, infatti, c’è il rischio di indebolire il dente; aprendo poco, invece, quello di non riuscire a vedere parte della struttura che, rimanendo nascosta, non può essere trattata. C’è un grande dibattito sul tema, stanno nascendo due diverse Scuole di pensiero su questo argomento.

Lei da che parte sta?

Dalla parte attualmente validata dalla letteratura scientifica, che suggerisce di compiere una apertura non troppo piccola, perché, sebbene sia comprensibile volere essere più conservativi, c’è il rischio, oltre a quanto già detto, di dare un segnale sbagliato a chi non è ancora così esperto da potersi cimentare con una cavità più ridotta. Quelle che realizzo io adesso, per esempio, non sono così ampie come quelle che facevo 15 anni fa, ma ho maturato esperienza, uso il microscopio e mi sono attrezzato in tutti i modi per essere meno demolitivo. Forse la verità sta nel mezzo: è comunque un tema molto caldo questo, molto sentito anche dal mio gruppo di studio, dai colleghi che hanno scritto questo corso di aggiornamento sotto la mia guida.

Un corso che consta di cinque moduli, ciascuno dei quali dedicato a un aspetto particolare…  

Sì, partiamo “Dall’anatomia dell’endodonto agli esami strumentali per una corretta diagnosi preoperatoria” , che è il primo modulo, in cui spieghiamo quali sono le strutture interessate nell’apertura di camera. Descriviamo quindi il dente, i tessuti che si incontrano durante l’apertura di camera e come la carie, l’operatività del dentista, le manovre odontoiatriche in generale e qualsiasi altro stimolo generico possano influire sull’anatomia interna del dente, in pratica su quello che poi ci troveremo di fronte. Il sistema endodontico è caratterizzato da una tridimensionalità molto complessa, per questa ragione una corretta pre-visualizzazione della cavità di accesso è utile per ottimizzare i tempi operativi e per aumentare l’efficacia e la predicibilità dei trattamenti canalari, con la consapevolezza, però, che ogni dente fa storia a sé. In quest’ottica, le metodiche di visualizzazione 3D, che affiancano oggi le tradizionali indagini diagnostiche bidimensionali, sono un valido ausilio per non commettere errori.

Il secondo modulo, invece, a cosa è dedicato?

Alle fasi propedeutiche operative, quindi alla rimozione del tessuto cariato, che è necessario compiere con attenzione per non contaminare il dente, perché proprio come avviene nelle altre branche della medicina, dove si disinfetta la zona intorno alla ferita prima di operare, anche noi dobbiamo preoccuparci di preservare il tessuto pulpare. Per questo anche l’isolamento del campo operatorio con la diga di gomma è utile a evitare che la saliva contamini l’interno del dente: nel secondo modulo parliamo di questi argomenti e delle manovre chirurgiche parodontali di allungamento di corona clinica per facilitare l’isolamento e le successive fasi ricostruttive. Nel modulo tre descriviamo invece tutte le fasi e lo strumentario necessario per aprire bene un dente senza commettere errori.

Ci sono poi i casi complessi….

Sì, questi li trattiamo nel modulo quattro: malposizioni dentarie, restauri incongrui o manufatti protesici possono alterare i tradizionali punti di repere anatomici ai quali il clinico si affida per l’apertura di camera. Pertanto le opportune conoscenze anatomiche permettono di affrontare tali situazioni evitando i più comuni errori iatrogeni. Ancora più complesso è l’approccio di elementi già sottoposti a terapia canalare ortograda: il clinico, infatti, oltre a un’anatomia alterata dal precedente trattamento, può trovarsi ad affrontare errori procedurali, come per esempio la perforazione del pavimento camerale, che potrebbero compromettere l’esito della terapia se non correttamente valutati, intercettati e gestiti.

Il quinto e ultimo modulo, invece, a cosa è riservato?

Alla diatriba sulle due Scuole di pensiero a cui ho fatto cenno. A completamento del quadro che abbiamo cercato di delineare su questo tema, infatti, ho voluto che ci fosse anche quest’ultimo contributo per informare gli odontoiatri sulle nuove tendenze: compito che ha svolto con grande competenza ed equilibrio, un collega, il dottor Marco Maiolino, che ha abbracciato la Scuola della mini-invasività, mostrandone i risultati in questo modulo scritto a più mani.

Chi solo gli altri autori del corso?

Sono Riccardo Aiuto, Angelo Santoro, Giuseppe Ferretti, Roberta Rapetti, Pierandrea Muratore, Aldo Giglio con il grande aiuto dei nostri studenti del 6° anno Francesca Parisi, Francesca Rusconi, Giulia Maciocco e Alessandro Fiocchi, in altre parole “Il gruppo del lunedì”, come siamo conosciuti all’interno del reparto di Riabilitazione orale dell’Università degli Studi di Milano, diretto dal professor Dino Re, con sede presso l’Istituto Stomatologico Italiano.

Un corso dunque ricco di contributi e punti di vista, ma anche di materiale iconografico…

Sì, in tutti i moduli ci sono fotografie, tabelle per riassumere le fasi salienti dei trattamenti e dell’approccio e poi in quelli un po’ più tecnici, quindi il secondo, il terzo e il quarto, anche dei video clinici: video in cui si mostra come isolare correttamente un dente, come aprire la camera e rimuovere gli ostacoli.

Insomma, un corso che non può mancare nel piano di aggiornamento professionale di chi pratica l’endodonzia…

Certo, non può mancare, basti pensare che è stato utile anche a noi che lo abbiamo ideato e scritto, perché eravamo interessati a metter ordine alle nostre conoscenze acquisite nel corso degli anni, ma anche curiosi di sapere dove sta andando l’endodonzia. E questo lo abbiamo capito studiando la letteratura che mette bene in evidenza la diatriba tra le due Scuole di pensiero di cui abbiamo parlato. Insomma, è un corso utile per apprendere nozioni teoriche e tecniche pratiche, ma anche per porsi delle domande. Credo che ne possa beneficiare sia il neofita, perché il corso è un sunto di quello che si può trovare su libri e articoli dedicati al tema, sia il professionista un po’ più esperto, perché siamo riusciti a scovare trucchi e idee intriganti, pubblicate su riviste poco pubblicizzate, che hanno sorpreso anche me e i miei colleghi.

 

Il programma

Strutturato in 5 moduli didattici pubblicati progressivamente su Il Dentista Moderno a partire da giugno (fino a novembre), sarà fruibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e per tutto il periodo della sua pubblicazione online sulla piattaforma e-learning http://corsiecm.tecnichenuove.com, vale a dire dal 1° giugno 2018 sino al 31 maggio 2019. Agli odontoiatri, il corso La cavità d’accesso in endodonzia: razionali clinici e operativi” consentirà di maturare 17 crediti formativi

Modulo 1

Dall’anatomia dell’endodonto agli esami strumentali per una corretta diagnosi preoperatoria

Angelo Santoro, Giuseppe Ferretti, Roberta Rapetti, Gianluca Fumei

Modulo 2

L’apertura della camera pulpare: considerazioni ciniche e isolamento del campo operatorio

Giuseppe Ferretti, Roberta Rapetti, Aldo Giglio, Riccardo Aiuto, Gianluca Fumei

Modulo 3

Dall’apertura di camera al reperimento degli imbocchi canalari: strumentario e fasi operative

Riccardo Aiuto, Pierandrea Muratore, Angelo Santoro, Gianluca Fumei

Modulo 4

La gestione dell’apertura di camera nei casi complessi

Pierandrea Muratore, Angelo Santoro, Giuseppe Ferretti, Gianluca Fumei

Modulo 5

Dall’apertura al sigillo della camera pulpare: nuove tendenze

Roberta Rapetti, Riccardo Aiuto, Pierandrea Muratore, Gianluca Fumei

 

La cavità di accesso in endodonzia razionali clinici ed operativi Accedi gratuitamente al primo modulo del corso ECM 

La cavità d’accesso in endodonzia - Ultima modifica: 2018-06-08T11:47:29+00:00 da redazione

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