Questi interventi si prefiggono come risultato di ottenere un incremento volumetrico osseo delle creste atrofiche sul piano orizzontale, sul piano verticale o una combinazione di entrambi, mediante l’impiego di osso autologo. Questo intervento si può rendere necessario nel caso di deficit che non permetterebbero l’inserzione di impianti di lunghezza e diametro adeguati.
L’intervento consiste nella trasposizione di un frammento
osseo che viene fissato sul sito ricevente a sua volta preparato in modo da accogliere l’innesto in modo stabile, garantendo la massima superficie di contatto tra le due parti.
In letteratura sono descritte con apprezzabile successo procedure che prevedono l’utilizzo di blocchi di osso omologo (osso prelevato da altro individuo della stessa specie) o eterologo (osso prelevato da donatore di specie differente).
L’osso autologo, prelevato da sito donatore del medesimo individuo, rappresenta il gold standard delle ricostruzioni.
Il blocco osseo da innestare può essere costituito da sola corticale, da spongiosa più o meno densa contenente vasi e cellule osteogeniche, o da osso corticospongioso. Le differenti tipologie ossee dipendono dalla sede donatrice e dallo spessore del prelievo stesso. La guarigione con crescita di nuovo osso dipende dalla
microarchitettura dell’innesto e dall’equilibrio fra osteogenesi
diretta, osteoinduzione e osteoconduzione. Le sedi di prelievo di osso autologo possono essere:
› intraorale (mandibolare);
› extraorale.
L’osso mandibolare come derivazione embriologica è un osso di tipo membranoso, con caratteristiche peculiari che lo differenziano dall’osso di derivazione encondrale.
Le sedi principali di prelievo extraorale sono:
› la calvaria (osso membranoso);
› la cresta iliaca (osso di derivazione encondrale).
Le caratteristiche istomorfologiche del prelievo possono essere così riassunte.
› Osso membranoso: rapida vascolarizzazione, scarso riassorbimento (020%) e maggior rapidità di guarigione
(gli impianti possono essere inseriti dopo pochi mesi).
› Osso encondrale: lenta neoangiogenesi, maggior riassorbimento e scarsa resistenza al rischio di infezione.
Da queste considerazioni si evince che le sedi da privilegiare
per una procedura di incremento volumetrico delle ossa mascellari mediante innesto autologo per le loro caratteristiche sono le sedi intraorali mandibolari (corpo e branca montante) e la calvaria.
Innesti ossei da prelievi intraorali
Definita la mandibola come sede elettiva intraorale per il prelievo di osso autologo si vedano ora le caratteristiche delle differenti zone di accesso chirurgico per un confronto fra di esse come sedi donatrici. Sinfisi:
› buono accesso chirurgico;
› elevato rischio di interessamento estetico;
› forma dell’innesto caratterizzato da blocchi rettangolari
spessi;
› morfologia dell’innesto prevalentemente corticale;
› volume dell’innesto da 2 a 5 ml;
› riassorbimento minimo;
› qualità dell’osso tipo 2;
› moderati edema e dolore postoperatorio;
› possibili alterazioni sensoriali ai denti incisivi inferiori;
› probabili alterazioni sensoriali ai tessuti molli limitrofi;
› occasionale deiscenza del lembo.
Ramo e zona retromolare:
› discreta accesso chirurgico;
› moderato rischio di interessamento estetico;
› forma dell’innesto caratterizzato da lastre rettangolari
spesso sottili;
› morfologia dell’innesto corticomidollare;
› volume dell’innesto da 10 a 25 ml;
› riassorbimento minimo;
› qualità dell’osso tipo 1;
› minimo edema e dolore postoperatorio;
› minimo rischio di alterazioni sensoriali ai denti;
› rare alterazioni sensitive dei tessuti limitrofi;
› rara deiscenza del lembo.
L’intervento chirurgico può essere programmato sia in narcosi che in anestesia locale. In entrambi i casi l’utilizzo della tecnica piezoelettrica permette di effettuare lembi più ridotti, minori scollamenti dei tessuti molli, tagli più precisi con risparmio di tessuto osseo e minori complicanze postoperatorie. Con un inserto tagliente utilizzato alla massima potenza e frequenza disponibili
vengono effettuati i tagli longitudinale, mesiale e distale, mentre per l’osteotomia basale inferiore è fondamentale avere un terminali taglienti inclinati di 90 gradi rispetto al manipolo per essere usati sia a destra sia a sinistra.
Il taglio della corticale su tutti i quattro lati del prelievo serve per prevenire il formarsi di linee di frattura non desiderate a carico del blocco osseo o dell’osso basale (sede del prelievo) con possibili fratture dell’angolo mandibolare.
Grazie all’utilizzo del terminale piezoelettrico, ed evitando manovre scorrette durante la fase di prelievo, l’eventuale
esposizione del fascio vascolonervoso mandibolare, più frequente durante l’asportazione di voluminosi blocchi ossei, non determina conseguenze funzionali.
Per quanto riguarda la gestione operatoria del sito ricevente,
alcuni autori (Joos, 2000) sono concordi nell’affermare che per la loro combinazione di osso corticale e spongioso gli innesti di osso membranoso non presentano la necessità di essere ricoperti da una membrana. Può essere sufficiente un foglio di collagene, a scopo sia emostatico che contenitivo dell’eventuale osso particolato, inserito a colmare i piccoli spazi fra i blocchi di
osso innestato. Fra i differenti lembi proposti in letteratura che garantiscano la corretta e stabile copertura dell’innesto, ci
sentiamo di affermare che il lembo a mezzo spessore descritto da Kazanjian consente di realizzare una copertura passiva e priva di trazioni in corso di ampie ricostruzioni. Occorre procedere con
estrema attenzione, allo scopo di ottenere il minimo traumatismo possibile, e l’innesto deve essere stabilizzato in tempi brevissimi dal momento del prelievo, in modo da ottenere rapidamente la vascolarizzazione del complesso. Altro accorgimento determinante
ai fini del successo chirurgico è ottenere una fissazione il più possibile rigida e stabile fra le due parti.
Innesti ossei da prelievi extraorali
In tutti i casi in cui la quantità di osso necessaria per l’innesto è superiore a 30 ml , cioè la quantità massima prelevabile all’interno della bocca, si rende necessario un prelievo extraorale. Le sedi proposte per prelevare osso a scopo ricostruttivo sono state le più svariate (tibia, olecrano, ulna, malleoli, coste ecc.).
Oggi le sedi comunemente utilizzate sono l’osso cranico parietale (calvaria) e la cresta iliaca. La loro diversa origine embrionale e le minori sequele postoperatorie fanno propendere per il prelievo dalla calvaria. Il taglio della cute viene eseguito senza previa rasature del paziente: i bulbi capilliferi non vengono danneggiati,
poiché viene usata la lama a freddo, e l’emostasi è indotta con clips di plastica. In questo modo il disagio postoperatorio per il paziente, nella sede del prelievo, sarà decisamente modesto.
La tecnica denominata “splitting in situ” permette di prelevare blocchi di osso autologo della sola quota corticale esterna della dimensione del difetto da ricostruire, contrariamente allo “splitting on table”. Si ottiene così una minor quantità di
osso, ma le procedure chirurgiche risultano più semplici,
di durata inferiore, e soprattutto meno invasive, riducendo al minimo i possibili incidenti di esposizione o lacerazione della dura madre. Il terminale piezoelettrico si è dimostrato molto utile
anche in corso di prelievi dalla teca cranica. In effetti,
le frequenti variazioni di spessore della volta parietooccipitale
non permettono di utilizzare con buona predicibilità le valutazioni radiologiche preoperatorie.
Effettuando il taglio della teca ossea con il terminale piezoelettrico è possibile approcciare il primo taglio osteotomico senza alcun rischio di lesione della dura madre. Comunque, l’esposizione della dura è un’evenienza che accade con una certa frequenza, ma non rappresenta una complicanza se non si provocano lesioni della
stessa. L’innesto viene trattato e adattato al sito ricevente come già descritto, in quanto occorre ottenere una fissazione rigida in compressione e una successiva copertura ermetica con lembo passivo vascolarizzato.
Fonte: RIABILITAZIONI IMPLANTOPROTESICHE
E CHIRURGIA MINIMAMENTE INVASIVA di Enrico Gherlone
[…] di procedere all’inserzione di impianti, può rendersi necessario attuare alcune tecniche chirurgiche al fine di ottenere spessori sufficienti all’utilizzo di impianti di diametro e […]
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