Il restauro adesivo come terapia nei casi di riassorbimento cervicale esterno (EICR)

Primo, classificare con precisione il grado di riassorbimento

Il secondo parere sul caso clinico presentato da Riccardo Aiuto è quello di Dino Re

«Analizzando la letteratura scientifica», ricorda Dino Re, direttore del Reparto Universitario di Riabilitazione orale dell’Istituto Stomatologico Italiano, «è possibile scorgere molti articoli a proposito di casi o studi riguardanti il riassorbimento
cervicale esterno; tuttavia, a oggi, non esiste un protocollo validato per il trattamento di questa patologia.
Il clinico può quindi trovarsi spiazzato nell’approcciare questo tipo di situazione, soprattutto se si pensa alla miriade di materiali e di tecniche che il progresso scientifico mette a disposizione.
Il dubbio è lecito: occorre, anzitutto, far luce sulla diagnosi.

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5. Radiografia endorale finale

Il quadro clinico, in questi casi, va corredato con indagini radiologiche Cone Beam, in modo da poter escludere altre patologie e classificare con esattezza il grado di riassorbimento, al fine di stabilire un piano di cura corretto. La diagnosi differenziale più comune è sicuramente la carie sottogengivale, ma vanno chiariti alcuni segni peculiari: il processo carioso in un parodonto sano non suole presentare sanguinamento al sondaggio, osservabile invece in caso di EICR per via del tessuto di granulazione che invade il difetto, determinando il tipico colore rosaceo della regione cervicale; la zona riassorbita, inoltre, provoca un suono raschiante al sondaggio, ben diverso da quello caratteristico della dentina rammollita. La classificazione di Heithersay descrive il grado di riassorbimento, da lesioni ridotte, limitate all’area cervicale (grado 1), fino a difetti che si estendono oltre il terzo coronale radicolare (grado 4). Il coinvolgimento pulpare va sempre verificato con i più comuni test di vitalità».

Il restauro dell’elemento gravemente compromesso non sempre è possibile – ricorda Re – e bisognerà talvolta ricorrere ad altre soluzioni, come l’estrusione ortodontica, o, in casi
gravi, all’estrazione del dente.

6. Follow-up a 1 anno

«Riccardo, supportato dall’equipe guidata dal dottor Fumei», dice Re, «ha risolto il caso con successo. La difficoltà diagnostica è stata superata grazie a una raccolta esaustiva dei dati anamnestici e allo studio degli esami strumentali richiesti.
Dal punto di vista operativo, risulta complessa la gestione dei sistemi adesivi a cielo aperto, che richiede sempre l’isolamento scrupoloso del campo operatorio.

Per rispondere alla domanda formulata dal collega, è giusto tener presente che il Mineral Trioxide Aggregate (MTA) vanta un’efficacia dimostrata negli anni per la risoluzione di questo tipo di problematica.
Nonostante ciò, condivido la scelta di ricorrere alle resine composite che meglio rispondono alle sempre più ricorrenti esigenze estetiche dei pazienti, in particolar modo quando si tratta di un elemento in zona estetica.

D’altronde, è bene ricordare che si può fare adesione con risultati molto soddisfacenti anche in dentina… Il tempo è un giudice imparziale del nostro lavoro, con l’auspicio che possa sempre mostrare i benefici sperati.
In ogni caso, un approccio conservativo come quello descritto consente di procrastinare terapie più invasive e dispendiose, salvaguardando non solo l’elemento dentario, ma anche l’osso e i tessuti molli circostanti».

Il restauro adesivo come terapia nei casi di riassorbimento cervicale esterno (EICR) - Ultima modifica: 2018-02-05T15:17:36+00:00 da Pierluigi Altea

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