Il Protocollo Easy Damon (PED)

Il Protocollo Easy Damon (PED): un approccio semplificato alla sistematica self-ligating passiva Damon

• Chiara Buraglio

Pubblicità

• Fabio Tamanza

ISI, Milano

Riassunto

Dopo una breve presentazione sulla storia dei sistemi autoleganti, nel presente lavoro gli Autori illustrano un Protocollo Semplificato della sistematica Damon: il Protocollo Easy Damon (PED).  Il dibattito sull’evidenza scientifica dei principi del trattamento con le metodiche self-ligating passive, e dei vantaggi specifici di questi sistemi, è a tutt’oggi aperto e vivace ma sembrano ormai comprovati scientificamente alcuni vantaggi quali la riduzione della resistenza allo scorrimento e un minore tempo alla poltrona.

Altri aspetti – quali l’espansione dell’arcata, la velocità del trattamento e la stabilità a distanza dei casi di gravi affollamenti trattati senza estrazioni – sono ancora controversi e meritano ulteriori approfondimenti che siano però scevri da preconcetti limitanti e non influenzati da interessi commerciali.

Gli Autori intendono testimoniare, con il presente lavoro, la loro esperienza clinica sull’efficacia della sistematica Damon, insistendo sulla necessità di possedere una conoscenza approfondita della tecnica e dei paradigmi che ne stanno alla base. Vengono dunque presentate le nozioni necessarie per poter intraprendere trattamenti con questa metodica, corredate dall’iconografia di una serie di casi clinici trattati con il PED. Ampio spazio viene dato alla descrizione dei nuovi paradigmi e delle procedure operative indispensabili per ottenere i risultati promessi dalla sistematica self-ligating passiva Damon, quali la scelta dei torque differenziali, le sequenze degli archi, l’utilizzo dei rialzi di disclusione anteriori o posteriori in composito, degli accessori e degli elastici intra-arcata nelle varie fasi operative.  Da ultimo si accenna all’uso della Programmazione Neurolinguistica, metodica comunicazionale utile ad assicurarsi la compliance dei pazienti per raggiungere gli obiettivi di trattamento.

Summary

The Easy Damon Protocol (EDP): a simplified approach to the passive self-ligating Damon System

After a short presentation about the history of self-ligating systems, in this article the Authors describe a simplified protocol of Damon System: Easy Damon Protocol (EDP). The debate on the scientific evidence of the principles of the passive self-ligating treatments, and of their specific advantages, is still open and controversial but some advantages such as the reduction of the friction and the working time seem to have been proved scientifically. Other aspects, such as arch expansion, treatment speed and remote stability of the severe crowding cases treated without extractions, are still controversial and deserve further examinations, which have to be free from limiting prejudices and not influenced by commercial interests. The Authors wish to testify, with the present work, their clinical experience on the effectiveness of Damon System, insisting on the need to have a deep knowledge of techniques and paradigms that underlie it. The necessary basics to undertake treatments with this method are then presented, together with the iconography of clinical cases treated with the EDP. A large sum of the essay focuses on the description of new paradigms and operating procedures which are considered necessary to obtain the promised results from the Damon passive self-ligating systematic as the choice of the differential torque, the archewire sequences, the use of anterior or posterior composite buildup, accessories and intra-arch elastic in the various operational phases. Finally, the Authors touch on the use of Neuro Linguistic Programming, a communication technology useful to ensure the compliance of patients to achieve treatment goals.

“Tutto ciò che dovremmo sapere prima di iniziare a fare una cosa, di solito lo impariamo facendola”, Aristotele

“L’uomo saggio è colui che impara dall’esperienza degli altri; lo stolto impara invece solo dalla propria”, Benjamin Franklin

Il Damon System è una metodica ortodontica che sfrutta la tecnologia degli attacchi self-ligating passivi, ideati dal dottor Dweit Damon, associati a fili ad alta tecnologia in lega di rame-nichel-titanio, per risolvere le problematiche ortodontiche sulla base di nuovi paradigmi; questi tengono conto più dell’estetica e della funzione che delle regole meccanicistiche e cefalometriche considerate fino a oggi, da molte scuole ortodontiche, le linee guida al trattamento delle malocclusioni.

Le apparecchiature self-ligating, o auto-leganti, sono un sistema di attacchi diretti che non necessitano di legature elastiche o metalliche per mantenere l’arco nello slot, avendo un meccanismo a sportello o a clip predisposto per assolvere a questa funzione.

Tradizionalmente, si possono dividere in apparecchiature self-ligating attive e self-ligating passive a seconda che il meccanismo di chiusura spinga o meno l’arco al fondo dello slot.

Evoluzione dei bracket auto-leganti

L’ideazione dei braket auto-leganti risale al 1930 quando il dottor Jacob Stolzemberg ideò l’attacco “Russel bracket”1, concepito per ridurre alla poltrona il tempo necessario a cambiare l’arco. Tale attacco era costituito da una vite a testa piatta, alloggiata in un’apertura circolare filettata, che poteva essere allentata o stretta con un cacciavite, a seconda delle necessità. L’inadeguatezza dei materiali, con le conseguenti frequenti rotture, resero però impossibile la commercializzazione di tali attacchi fino al 1970 quando, finalmente, si è potuto costruirne di efficaci e solidi.

I bracket auto-leganti ideati dall’inizio, sia di tipo attivo (con contatto forzato di una parete sul filo) che di tipo passivo (che trasformano il lume dell’attacco in una sorta di tubo), sono veramente numerosi e ognuno con caratteristiche peculiari:

  • Boyd, 1933, passivo;
  • Ford, 1933, passivo;
  • Edgelok, 1972, Ormco, passivo;
  • Speed, 1980, Strite Industries Ltd, attivo;
  • Mobil lock, 1980, Forestadent, passivo;
  • Activa, 1986, ‘A’ Company, passivo;
  • Time, 1995, Adenta, attivo;
  • Damon SL, 1996, Ormco, passivo;
  • In-Onvation, 2000, GAC, attivo;
  • Damon 2, 2000, Ormco, passivo;
  • Damon 3, 2004, Ormco, passivo;
  • Smart Clip, 2005, 3M Unitek, passivo;
  • Damon 3mx, 2006, Ormco, passivo;
  • Damon Q, 2009, Ormco, passivo;
  • Damon Clear, 2011, Ormco, passivo estetico.

Vantaggi dei sistemi self-ligating (SLS)

Come abbiamo già accennato, in origine l’idea di un sistema self-ligating fu concepita unicamente per ridurre il tempo di lavoro dell’ortodontista. Successivamente, il dottor Damon si rese conto degli innumerevoli altri vantaggi di questa metodica, tra i quali la notevole diminuzione della forza necessaria a determinare i movimenti dentali, dovuta al fatto che non avendo legature che trattengono l’arco contro lo slot la frizione tra questi due è notevolmente diminuita, così che l’arco è in grado di scorrere liberamente.

Esistono tre tipi di attacchi self-ligating:

  • self-ligating passivi, dotati di uno sportello che trasforma l’attacco in un tubo non interagente con l’arco;
  • self-ligating attivi, provvisti di uno sportello flessibile che spinge l’arco al fondo dello slot, aumentando considerevolmente la frizione;
  • self-ligating interattivi, nei quali avviene interazione tra arco e slot, con aumento di frizione solo con gli archi di sezione maggiore, generalmente al di sopra dello .016x.016.

Nel presente articolo descriveremo la metodica relativa a uno dei self-ligating passivi citati, ideato da Dweit Damon e commercializzato sia nella versione metallica (Damon Q) che in quella estetica (Damon Clear): secondo la nostra esperienza clinica riteniamo che sia, a oggi, quello che meglio esprime le potenzialità dei sistemi self-ligating passivi (Figura 1).

La caratteristica principale di tali sistemi è, dunque, la riduzione di quella componente di forza che si oppone allo scorrimento del dente: la frizione. Molti studi2 hanno dimostrato che i self-ligating passivi, rispetto ai sistemi convenzionali, arrivano ad abbassare del 90% il coefficiente d’attrito tra bracket e arco. Ciò permette, secondo vari Autori, l’utilizzo durante tutto il trattamento di forze più leggere, rientranti in quella che viene definita dal dottor Damon3 zona biologica o “biozona”. Queste forze consentono un maggior rispetto delle strutture paradontali e un più facile controllo dell’ancoraggio, poiché le forze parassite, che inevitabilmente si creano durante gli spostamenti dentali, sono ridotte e si disperdono con conseguenze trascurabili sul resto dell’arcata4. Inoltre, la struttura a tubo degli attacchi SL permette un’espressione continua e uniforme della forza generata dall’interazione tra attacco e arco, a differenza dei sistemi con legature metalliche o elastiche, soggette inevitabilmente ad allentamento e usura (Figura 2)5,6.

Tutto ciò da una parte rende più efficace l’azione degli archi, riducendo i tempi della terapia, dall’altra consente di dilatare gli intervalli tra una visita di controllo e l’altra anche a più del doppio delle tradizionali tre settimane.

Recenti studi hanno inoltre scientificamente comprovato un evidente risparmio di tempo anche nell’operatività alla poltrona7, non esistendo più la necessità di fare legature metalliche o elastiche con risparmio di tempo sia per l’ortodontista che per il paziente.

Una caratteristica peculiare dei bracket Damon Q è, poi, quella di avere ridotte dimensioni mesio-distali; ciò determina vantaggi estetici, miglior controllo igienico ma, soprattutto, facilita la risoluzione di affollamenti e disallineamenti particolarmente gravi, pur mostrando qualche limite nel controllo delle rotazioni, caratteristica comune a tutti i bracket singoli rispetto ai gemellari8,9.

La riduzione dei disagi per il paziente è evidente se si considera che le forze in gioco a livello dell’interazione arco-bracket sono più leggere rispetto alla maggior parte dei sistemi tradizionali; inoltre, grazie al più facile controllo dell’ancoraggio, nella sistematica qui presentata, il paziente non è più costretto a indossare fastidiosi ausiliari, quali trazioni extraorali, espansori o barre palatine.

Per ottenete i risultati eclatanti che il Damon System promette in qualsiasi tipo di trattamento ortodontico (intercettivo, classico con o senza estrazioni, pre-chirurgico, pre-protesico ecc.) è, però, necessario un rigoroso periodo di formazione durante il quale apprendere i protocolli senza introdurvi variazioni personali o contaminazioni derivanti da altre metodiche.

La sistematica che descriveremo è stata proposta e collaudata dai dottori Raphael Garcia Espejo e Ramon Perera Grau10 a partire da quella originale del dottor Damon.

La diagnostica nel Damon System

Una delle critiche che viene mossa al Damon System da chi vi si avvicina solo superficialmente è quella di essere una tecnica non supportata da un adeguato sistema diagnostico. In realtà le nostre diagnosi si basano su un accurato esame estetico e funzionale, ma la nostra pianificazione del trattamento richiede di sacrificare il paradigma dell’ideale cefalometrico in favore del paradigma dei tessuti molli, già ben descritto e presentato da Profitt e Sarver nel 200411 e pienamente accettato nella programmazione ortodontico-chirurgica. Tale paradigma stabilisce di basare il piano di trattamento sull’equilibrio e sull’armonia dei tessuti molli12. La terapia, modificando i tessuti duri e l’occlusione, mira a creare rapporti ideali tra i tessuti del volto e del collo, i tessuti paradontali, i tessuti neuromuscolari e le strutture articolari. Il clinico, quindi, stabilisce l’estetica del viso desiderata come obiettivo del trattamento e lavora sulle relazioni tra i tessuti duri (denti e ossa) che sono necessarie per ottenere quelle specifiche proporzioni dei tessuti molli13. L’esame estetico del volto e la previsione di maturazione e di invecchiamento dello stesso ci guida all’ottimizzazione delle forme d’arcata. Queste si otterranno grazie al controllo dei torque e alla gestione delle forze, dal momento che il Damon System consente di annullare le complesse preparazioni di ancoraggio, le espansioni trasversali forzate, le procedure di distalizzazione, le estrazioni finalizzate alla correzione degli affollamenti e delle discrepanze sagittali che tanto negativamente influenzano il profilo facciale.

In conseguenza a questo nuovo modus operandi abbiamo, infatti, verificato nella nostra pratica quotidiana una riduzione della percentuale dei casi estrattivi e del ricorso agli interventi di chirurgia ortognatica.

La pianificazione del trattamento che tenga conto del viso è il nostro obiettivo primario. Molti pazienti presentano gravi affollamenti che, in passato, con le metodiche convenzionali ci hanno obbligato a trattamenti estrattivi da cui derivava un appiattimento del profilo nell’immediato e, soprattutto, nel lungo termine. L’ortodonzia miofunzionale ci ha, da sempre, sollecitato a chiederci, in questi casi, quale sia la genesi di tali discrepanze dento-alveolari. Sono le ossa del terzo medio del viso e del corpo della mandibola più piccole del normale o vi è stato un adattamento del processo alveolare a forze muscolari anomale che hanno influenzato lo sviluppo dell’arcata14? L’esperienza clinica, nei sistemi autoleganti passivi, ha dimostrato che l’applicazione agli elementi dentali di forze leggere, sufficienti giusto a stimolare l’attività cellulare senza sopraffare il parodonto e il complesso muscolare oro-facciale, dona al paziente una “seconda chance” di sviluppo fisiologico che, nelle mani dell’ortodontista formato in queste sistematiche, produce il raggiungimento degli obiettivi ortodontici canonici: estetica, buona funzione e stabilità.

Questo moderno punto di vista riconosce il fatto che la più importante motivazione al trattamento ortodontico, per la maggior parte dei pazienti, è il miglioramento dell’estetica dento-facciale. In realtà anche noi eseguiamo sulla teleradiografia LL, all’inizio e alla fine del trattamento, un esame cefalometrico volto a valutare la situazione scheletrica antero-posteriore e verticale, le angolazioni dentali iniziali e finali e le previsioni di crescita; teniamo però ben presente che i nostri pazienti non girano per il mondo mostrando la bellezza della loro cefalometria ma l’armonia del loro viso e del loro sorriso. Per tale motivo non faremo scelte basate sulla normalizzazione di valori cefalometrici se tali scelte possono portare a inestetismi e disarmonie dei tessuti molli. Privilegiamo il rispetto dell’estetica alla normalizzazione di valori che spesso variano da scuola a scuola.

Protocollo Easy Damon (PED)

Abbiamo denominato PED, e qui riassunta, una metodica protocollata dai dottori Raphael Garcia Espejo e Ramon Perera in una rigorosa sequenza di fasi terapeutiche volta a massimizzare il pieno potenziale del Damon System, basata sull’uso di bracket auto-leganti passivi Damon Q, con specifiche prescrizioni di torque e di archi ad alta tecnologia (Figura 3).

Il PED si divide in quattro fasi, caratterizzate ognuna da specifici archi, ausiliari, obiettivi e tempi di trattamento:

  • Fase 1, Allineamento. Archi iniziali rotondi e leggeri;
  • Fase 2, Espansione delle arcate ed espressione dei torque prescritti. Archi rettangolari ad alta tecnologia;
  • Fase 3, Fase di lavoro (Meccanica Major). Archi in acciaio con uncini;
  • Fase 4, Finitura. Archi in acciaio o TMA.

Fase1: Allineamento

Obiettivo: inizio del livellamento e dell’allineamento, inizio delle derotazioni, inizio dello sviluppo dell’arcata.

Archi: rotondi e leggeri, in rame-nichel-titanio (CuNiTi):

.014 Damon CuNiTi (superiore/inferiore).

È l’arco più importante della prima fase; usato nel 90% dei casi, inizia a muovere i denti, lavora sulle rotazioni, sul livellamento, sulla forma d’arcata e prepara all’azione

degli archi successivi;

.013 Damon CuNiTi (superiore/inferiore).

È usato come primo arco nel restante 10% dei casi, in pazienti con affollamenti molto severi o problemi parodontali che

richiedono forze iniziali ancora più delicate;

.016 Damon CuNiTi (superiore/inferiore).

È usato come secondo arco dopo lo .013;

.018 Damon CuNiTi (superiore/inferiore).

È usato come secondo arco nel caso lo .014 abbia causato esagerata dolenzia.

Tempo medio: dalle 10 alle 20 settimane e oltre.

Intervalli degli appuntamenti: 10/12 settimane per permettere la piena espressione delle potenzialità dell’arco.

Una delle ragioni della lunghezza di questo intervallo è quella di permettere l’espansione dell’arcata a livello del terzo medio e l’adattamento alle forze muscolari. Perciò è vietato l’uso di qualsiasi dispositivo aggiuntivo come trazioni extraorali, barre di Hakermann o affini.

Al primo appuntamento, dopo 10 settimane, si esamina l’arco.

Se si nota una deformazione che permane o l’evidenza di una concentrazione di stress in una determinata zona, lo si sostituisce con un nuovo arco dello stesso tipo e si attendono altre 10-20 settimane.

In casi severi si usa lo stesso arco anche per 6 mesi.

Si passerà alla fase successiva solo quando allineamento e livellamento siano stati raggiunti.

Ausiliari della prima fase

Stop: già presenti su molti degli archi CuNiTi in commercio.

È fondamentale serrarli sempre a circa 1 mm mesialmente e distalmente a un attacco, o a livello della linea mediana.

In caso di affollamento, serrarli sempre il più anteriormente possibile all’affollamento stesso, generalmente nella zona incisale.

Molle aperte (Open Coils): servono ad aprire spazi. La loro lunghezza deve essere pari alla distanza tra i due bracket da allontanare, sommata alla misura di un bracket e mezzo. Dopo 10 settimane si possono attivare inserendo uno stop da 1 mm tra molla e attacco oppure sostituendole con molle più lunghe misurate con il precedente criterio.

Catenelle: vengono usate già dalla prima fase per facilitare la derotazione di premolari e canini. Devono sempre essere posizionate al di sotto dell’arco per non aumentare la frizione.

Rialzi in composito o in metallo: evitano il distacco degli attacchi, soprattutto inferiori, e facilitano l’adattamento trasverso eliminando la forza occlusale che potrebbe contrastare i movimenti dentali.

Vengono generalmente posizionati sui denti posteriori nella tendenza al morso aperto, sugli incisivi centrali o sui canini nei morsi profondi.

Devono sempre essere bilanciati in modo da evitare laterodeviazioni mandibolari iatrogene.

Archi secondari: generalmente CuNiTi .013. Inseriti in un tubo accessorio presente nella parte superiore dell’attacco Damon Q, vengono usati per il recupero di elementi fuori arcata mentre l’arco principale la stabilizza.

Elastici precoci interarcata: da 2 oz (3/16 e 5/16), per problemi verticali, trasversali e antero-posteriori.

Ultimamente si è notata l’enorme efficacia dell’uso di elastici precoci leggeri che, usati fin dalle prime fasi del trattamento, diminuiscono drasticamente i tempi di utilizzo di elastici sugli archi d’acciaio durante la terza fase. Ciò determina un’ulteriore diminuzione dei tempi di trattamento. Inoltre, secondo la nostra esperienza, è più facile ottenere la collaborazione del paziente in questa fase piuttosto che nelle fasi finali del trattamento (Figure 4a-4b).

Considerazioni sulla prima fase

Nella prima fase la frizione e il binding sono minimizzati dall’uso di archi tondi e superelastici di piccolo diametro in uno slot 0.022. In questo modo i denti si muovono verso le aree di minima resistenza, pertanto la perdita di ancoraggio posteriore è veramente minima. Usare inizialmente tali archi leggeri consente, inoltre, di non superare la forza muscolare dell’orbicolare permettendo così l’esprimersi dell’effetto bumper.

La vestibolarizzazione degli anteriori nei casi non estrattivi viene minimizzata e allo stesso tempo si verifica un incremento dei diametri inter-premolari e inter-molari dovuto all’effetto Frankel15. Grazie a tutto ciò si ottiene lo spazio necessario a risolvere affollamenti anche di grave entità (Figure 5a-5b).

Anche il livellamento dei canini alti viene ottenuto senza l’intrusione o la vestibolarizzazione dei denti adiacenti poiché il sistema minimizza le forze parassite che, invece, siamo costretti a combattere nei sistemi convenzionali.

I denti posteriori devono però essere liberi di muoversi lateralmente per ottenere l’adattamento trasverso; non bisogna dunque bloccarli con apparecchi palatali o linguali (espansori rapidi, archi linguali ecc.) pena lo sventagliamento anteriore degli incisivi. Per la stessa ragione, gli stop serrabili, sempre presenti sugli archi CuNiTi, devono essere collocati anteriormente all’affollamento in modo che l’arco possa dipanarsi distalmente.

A conferma di ciò, in questa prima fase si determina l’allungamento delle estremità distali dell’arco che andrebbero a pungere le guance del paziente. È dunque necessario non inserire subito il filo nei secondi molari e piegarne le estremità distalmente ai primi molari, con una pinza adatta. Tranne questi denti, quindi, tutti gli altri, compresi quelli fuori arcata, devono essere agganciati all’arco principale fin dall’inizio del trattamento per sollecitare il sistema parodontale e muoverli da subito verso le aree di rimodellamento osseo riccamente vascolarizzate.

Fase 2: Espansione delle arcate

Obiettivo: terminare le rotazioni, iniziare il controllo del torque e il consolidamento dello spazio anteriore, continuare e finire lo sviluppo dell’arcata.

Archi: Edgewise ad alta tecnologia:

.014 X .025 CuNiTi (superiore/inferiore). Arco eccellente per terminare il livellamento e la correzione delle rotazioni e iniziare il controllo del torque;

.018 X .025 CuNiTi (superiore/inferiore). Arco di transizione per stabilizzare il controllo delle rotazioni prima di iniziare le meccaniche di classe con gli archi d’acciaio e per completare lo sviluppo trasversale delle arcate e l’espressione dei torque (non lasciarlo agire più di 8 settimane prima del rebonding e più di 4 settimane dopo!);

.016 X .025 CuNiTi (superiore/inferiore). Usato raramente come transizione più dolce agli archi successivi.

Tempo medio: 20-30 settimane.

Intervallo tra gli appuntamenti: 8-10 settimane per il primo arco, 4-6 per il secondo.

Casi specifici

In specifiche malocclusioni, per esempio nelle seconde classi con morso profondo, disponiamo di archi particolari, che svolgono una potente azione intrusiva a livello della premaxilla quali il .017 X .025 Reverse Curve NiTi oppure il .019 X .025 Reverse Curve NiTi, con o senza 20° di torque aggiunto nella zona anteriore. Se gli incisivi necessitano solo di intrusione, come nelle II classi I divisione (Figura 6), si usano senza torque aggiunto; nelle II classi II divisione vengono invece usati con 20° di torque aggiunto, al fine di correggere la carenza di torque anteriore caratteristica di questa malocclusione.

Ausiliari della seconda fase

Catenelle: vengono usate da canino a canino o, a volte, da premolare a premolare per impedire l’apertura di spazi nel settore anteriore, soprattutto durante l’uso degli archi reverse con o senza torque che tendono a vestibolarizzare gli incisivi.

Elastici precoci interarcata: da 4,5 oz (3/16 e 5/16), continuano l’azione di quelli utilizzati nella prima fase.

Considerazioni sulla seconda fase

Questa è la fase centrale della terapia, alla fine della quale si ottiene la forma d’arcata personalizzata, determinata dall’interazione tra le forze neuromuscolari del paziente e le forze sviluppate dalla sistematica.

È la fase di preparazione all’uso degli archi in acciaio per la meccanica major.

Appuntamento di rebonding

Dopo avere lasciato agire per non più di otto settimane l’ultimo arco CuNiTi, prima di iniziare la fase con gli archi in acciaio si rende necessaria, come in tutte le tecniche straight wire, un’accurata revisione della posizione degli attacchi, aiutandosi con una OPT per la valutazione del parallelismo radicolare (Figura 7), riposizionandoli se necessario, e lasciando lavorare l’ultimo CuNiTi ancora per quattro settimane. Un ribondaggio dei bracket mal posizionati in questa fase accorcia lo stadio di rifinitura di circa 3 mesi.

Durante questo appuntamento si verifica e corregge il bondaggio relativamente a otto punti chiave:

  • parallelismo delle radici (OPT);
  • margini gengivali;
  • bordi incisali e creste marginali;
  • triangoli neri;
  • rotazioni;
  • in-out = informazioni di primo ordine;
  • tipping = informazioni di secondo ordine;
  • torque = informazioni di terzo ordine.

Fase tre: Lavoro (Meccanica Major)

Obiettivo: terminare la correzione delle relazioni antero-posteriori e trasverse, consolidare e armonizzare la soggettiva forma d’arcata del paziente, terminare il controllo del torque e la chiusura degli spazi posteriori, fare le debite correzioni verticali, antero-posteriori e vestibolo-linguali utilizzando gli elastici interarcata da 6 once.

Negli ultimi tempi, l’efficacia degli elastici precoci nella coordinazione delle arcate durante i primi mesi di trattamento ha consentito di ridurre la necessità di collaborazione in questa fase e la durata della fase stessa.

Nella Figura 8 vengono riassunti i tipi di elastici utilizzati nel PED.

Archi: in acciaio (SS), con uncini saldati o “crimpati” tra laterali e canini (posted o crimped):

.019 X .025 SS (superiore/inferiore). Eccellente arco per mantenere l’integrità dell’arcata durante le correzioni dei problemi antero-posteriori e la chiusura degli spazi. Ottimo anche per il controllo della dimensione verticale;

.016 X .025 SS (solo inferiore). Viene usato nell’arcata inferiore se è richiesto maggior gioco tra arco e attacco. Ottimo come arco di finitura se i torque di tutti i denti inferiori sono accettabili. Lo si può usare anche nell’arcata superiore quando le angolazioni dei denti sono ottimali e ci si può permettere un’abbondante quantità di gioco.

Tempo medio: 20 settimane.

Intervallo tra gli appuntamenti: 6-8 settimane.

Ausiliari della terza fase

  • Legatura metallica a otto anteriore posizionata al di sotto dell’arco.
  • Tie-backs elastici.
  • Molle chiuse in NiTi, per chiudere spazi residui.
  • Molle di Pletcher in acciaio, per chiudere spazi specificatamente estrattivi.
  • Molle di Warren, per modificare il torque sul singolo dente.
  • Overlay – 2° arco .0.14 X .0.25 CuNiTi.
  • Elastici da 6 oz (3/16, 4/16 e 5/16), per meccaniche di seconda e terza classe, chiusura morsi aperti e intercuspidazione.

Commenti generali alla terza fase

All’inizio di questa fase è di assoluta importanza modellare l’arco d’acciaio sui diametri soggettivi ottenuti precedentemente con l’azione degli archi della seconda fase. A tale scopo, si rileva una cera della forma d’arcata inferiore sulla quale si modellano l’arco inferiore e il superiore, badando di sagomare quest’ultimo più ampio di 1 mm (Figura 9).

Questi archi possono inoltre essere modellati con una leggera curva di Spee ed eventuale torque di compenso sugli incisivi, posizionando poi due tie-backs elastici dall’uncino sull’arco all’uncino dei primi molari allo scopo di impedire l’apertura di spazi posteriori o di chiudere piccoli spazi rimasti. Prima di inserire l’arco in bocca bisogna avere cura di posizionare una legatura metallica a otto da canino a canino. Per la chiusura degli spazi d’estrazione si usa una coil-spring NiTi chiusa di forza media (lunghezza 9 o 12 mm). Per posizionarla agevolmente, è necessario piegare a 90° un capo della molla e agganciarlo all’attacco del primo molare e, infine, agganciare l’altra estremità o direttamente all’uncino dell’arco o usando un filo da legatura per evitare un allungamento eccessivo della molla. Per spazi più ampi si utilizzano le molle di Pletcher in acciaio.

Fase 4: Finitura

Obiettivo: modellare sull’arco (SS o TMA) le pieghe di 1°, 2° e 3° ordine necessarie a perfezionare l’occlusione utilizzando contemporaneamente gli elastici appropriati.

Archi: in acciaio (SS) con uncini saldati o “crimpati” tra laterali e canini o archi in titanio molibdeno (TMA).

La maggioranza dei casi possono essere terminati con gli stessi archi di lavoro della fase tre:

.019 X .025 SS (superiore);

.016 X .025 SS (inferiore).

Se però fosse necessario fare molte correzioni sull’arco, allora è preferibile utilizzare archi Edgewise TMA:

.019 X .025 TMA (superiore);

.017 X .025 TMA (inferiore).

Tempo medio: 10-20 settimane.

Intervallo tra gli appuntamenti: 4-6 settimane.

Correzione del cross-bite nel Damon System

Uno dei tanti vantaggi di questa tecnica è, secondo gli Autori, quello di riuscire a correggere, entro le prime due fasi, i cross-bite posteriori senza l’aiuto dei tradizionali apparecchi di espansione (REP, Quoad-elix, barre palatali).

In alcuni casi, tuttavia, se il cross-bite non si risolve nei primi 9-10 mesi di trattamento, è indicato usare un arco .0.016 X .0.025 SS espanso di 3-5 mm per lato, aiutandosi anche con elastici da criss-cross. In base alla nostra esperienza, questa azione espansiva dolce è efficace e non procura effetti dannosi all’osso e/o ai tessuti gengivali.

Le Figure 10 e 11 riassumono le sequenze degli archi del PED per casi normali o per i casi molto affollati o con problemi parodontali.

Indicazioni alle estrazioni

Nel Damon System, come già anticipato, l’indicazione alle estrazioni non è dettata da ragioni cefalometriche o di discrepanza dento-alveolare.

Le motivazioni che ci guidano sono sostanzialmente estetiche e funzionali secondo il citato “Paradigma dei tessuti molli” di Profitt e Sarver:

  • severe biprotrusioni (quando l’estetica del profilo richiede l’arretramento delle labbra);
  • estreme discrepanze della mediana;
  • casi chirurgici secondo il set-up.

In ogni caso non sono mai indicate se si prevede un appiattimento del profilo, tenendo conto anche della dimensione temporale, cioè dell’invecchiamento del viso che si manifesta naturalmente con una perdita di tono e di spessore dei tessuti molli.

Gestione del torque

La possibilità di utilizzare attacchi con torque diversificato è una delle più importanti caratteristiche del Damon System poiché consente di scegliere, dall’inizio, le prescrizioni di torque in funzione degli obbiettivi della terapia. I torque differenziali previsti per i bracket Damon Q sono rappresentati in Figura 12. Il controllo tridimensionale della posizione dentale è sempre stato di estrema importanza per il successo di un trattamento ortodontico e la gestione del torque è essenziale per ottenere l’adeguata inclinazione vestibolo-linguale degli incisivi, l’uprighting dei canini e l’intercuspidazione dei denti posteriori. A tutt’oggi, il Damon System rappresenta l’unica tecnica a multiscelta di torque in commercio (Figura 13), anche se alcune case produttrici di self-ligating stanno progredendo in questa direzione. Se, per esempio, l’incisivo laterale superiore è, inizialmente, in posizione palatale, la prescrizione per quel dente dovrà essere di un basso torque, allo scopo di spostare vestibolarmente la radice durante le fasi con archi rettangolari. Ancora, se gli incisivi centrali superiori sono severamente inclinati palatalmente come nelle classi II div. 2, si prescriverà, per quei denti, un super torque allo scopo di favorire il riposizionamento vestibolare delle corone.

Pur essendo fondamentale, nel piano di trattamento, selezionare inizialmente un’appropriata prescrizione di torque, questa potrà essere corretta all’occorrenza, o al momento del rebonding, sostituendo gli attacchi con altri di torque diverso, o nelle fasi finali, con adeguate pieghe di terz’ordine, modellate sugli archi in acciaio o in titanio molibdeno.

La nostra impostazione terapeutica prevede una specifica scelta di torque per ogni dente, a seconda del tipo di malocclusione e della meccanica che si decide di applicare per la risoluzione del caso. Si tiene conto, cioè, sia della situazione di partenza dei singoli elementi dentali, sia degli obiettivi della terapia con le rispettive meccaniche che avranno effetti diversi sui denti stessi (Figura 14).

In generale, utilizzando gli attacchi Damon Q è possibile trattare la maggior parte dei casi con le prescrizioni di torque standard che hanno già incorporato, per i vari elementi anteriori, valori di torque adeguatamente differenziati. Tuttavia, il sistema prevede altre prescrizioni di torque (alto e basso torque) per incisivi e canini, utili nelle differenti disgnazie.

Prescrizioni specifiche per gli incisivi centrali superiori

STANDARD TORQUE (+15°)

  • Denti già in buona posizione e poca richiesta di meccanica di classe.

HIGH TORQUE (+22°)

  • Casi di II classe II suddivisione.
  • Casi che necessitano di un lungo uso di elastici di II classe, per prevenire la perdita di torque causata dalla meccanica.
  • Dopo l’uso di apparecchi funzionali di II classe.
  • Casi estrattivi, per prevenire la perdita di torque durante la retrazione del gruppo anteriore.
  • Indice di Bolton alterato con laterali piccoli.
  • Chiusura di ampi diastemi.

LOW TORQUE (+2°)

  • Centrali che richiedono un forte uprighting della radice palatinizzata.
  • Casi che richiedono un lungo uso di elastici di III classe, per prevenire la vestibolarizzazione del gruppo anteriore.
  • Casi di estremo affollamento.
  • Casi di protrusione causata da una eccessiva spinta linguale interincisiva o dal succhiamento del pollice.
  • Casi che necessitano di una vasta espansione dell’arcata con adeguata inclinazione di partenza degli incisivi.

Prescrizioni specifiche per gli incisivi laterali superiori

STANDARD TORQUE (+6°)

  • Denti in buona posizione di partenza e minima richiesta di meccanica di classe.

HIGH TORQUE (+13°)

  • Casi di II classe II suddivisione quando il torque di partenza è lo stesso degli incisivi centrali, altrimenti è indicato un torque standard.
  • Casi che necessitano di un lungo uso degli elastici di II classe, per prevenire la perdita di torque causata dalla meccanica.
  • Dopo l’uso di apparecchi funzionali di II classe.
  • Nella maggior parte dei casi estrattivi, per prevenire la perdita di torque durante la retrazione del gruppo anteriore.
  • Indice di Bolton alterato a livello dei laterali.
  • Chiusura di ampi diastemi.

LOW TORQUE (-5°)

  • Incisivi laterali che richiedono l’uprighting della radice palatinizzata.
  • Casi che necessitano di una meccanica di III classe, per prevenire la vestibolarizzazione causata dall’uso prolungato degli elastici.
  • Casi di forte affollamento.
  • Casi di protrusione causata da una eccessiva spinta linguale interincisiva o dal succhiamento del pollice.
  • Casi che necessitano di una vasta espansione e i torque di partenza degli incisivi sono adeguati.
  • Quando il laterale è bloccato in cross-bite.
  • Casi in cui è previsto, per aprire lo spazio al canino, l’uso di una molla tra l’incisivo laterale e il primo premolare.

Prescrizioni specifiche per i canini superiori

STANDARD TORQUE (+7°)

  • Canini in posizione iniziale buona o, al più, labialmente inclinati.

HIGH TORQUE (+11°)

  • Canini con torque basso che necessitano di uprighting coronale.
  • Casi estrattivi, per prevenire la perdita di torque durante la retrazione del gruppo anteriore (che tende a contrarre i diametri intercanini).
  • Chiusura di ampi diastemi (che tende a contrarre i diametri intercanini).
  • Casi con forti affollamenti e canini alti per prevenire la perdita di torque durante la loro discesa in arcata.
  • Canini nella posizione degli incisivi laterali (bondati più alti per armonizzare la parabola gengivale).

LOW TORQUE (-9°)

  • Canini fortemente inclinati
    vestibolarmente.
  • Canini erotti palatalmente.

Prescrizioni specifiche per gli incisivi inferiori

STANDARD TORQUE (-3°)

  • Denti in buona posizione con minima richiesta di meccanica interarcata.
  • Casi estrattivi.
  • Uso di elastici di III classe.
  • Chiusura di ampi diastemi.

LOW TORQUE (-11°)

  • Casi che necessitano di un uso intensivo di elastici di II classe.
  • Casi di severo affollamento nel terzo anteriore della mandibola.
  • Incisivi bloccati lingualmente che richiedono uprighting della radice.
  • Casi in cui viene usato un apparecchio Herbst o similari associati al bondaggio.
  • Casi di morso profondo con previsione di uso di archi CuNiTi reverse curve.

Prescrizioni specifiche per i canini inferiori

LOW TORQUE (0°)

  • Canini in buona posizione di partenza o inclinati vestibolarmente.

STANDARD TORQUE (+7°) e HIGH TORQUE (+13°)

  • Affollamento nel settore anteriore (in associazione a un low torque sugli incisivi).
  • Canini che necessitano di uprighting coronale.
  • Casi estrattivi, per prevenire la perdita di torque anteriore durante l’arretramento del gruppo frontale.
  • Chiusura di vasti diastemi.
  • Precauzioni parodontali rispetto alla radice dei canini. HIGH TORQUE (+13°).

Punti chiave del Damon System

Il raggiungimento degli straordinari risultati che il Damon System promette è strettamente legato a una condotta terapeutica che non prescinda da:

  • scegliere correttamente i torque differenziali;
  • posizionare correttamente gli attacchi;
  • procedere al rebonding non appena ci si accorge di un errore di posizionamento;
  • rispettare la sequenza degli archi senza cercare di personalizzarla;
  • usare fili di buona qualità;
  • procedere con disciplina;
  • non avere fretta!

La collaborazione nel PED

Rimane di fondamentale importanza assicurarsi la collaborazione del paziente riguardo all’igiene orale e all’uso degli elastici che sono lo strumento imprescindibile per la correzione dei rapporti antero-posteriori, verticali e trasversali. In relazione a ciò sono stati fatti molti studi che hanno dimostrato che comunicare con il paziente sulla necessità di una sua collaborazione è di fondamentale importanza per accrescerne la compliance.

Fields, Milgrom e Rubin hanno sottolineato la necessità di coinvolgere il paziente in modo da farlo sentire partecipante attivo del proprio trattamento così da diminuirne l’ansia e stimolarne un comportamento collaborativo.

Nanda e Kierl hanno poi mostrato che una relazione positiva ortodontista-paziente produce sempre in quest’ultimo un aumento della collaborazione.

Sono stati evidenziati (Sinha et al.) specifici comportamenti dell’ortodontista significativamente correlati all’aumento della compliance; il più importante di questi è dimostrare preoccupazione per il benessere del paziente. 

Parlare con lui in modo calmo, confidenziale e rassicurante è altrettanto importante.

Tutti questi Autori concludono affermando che l’ortodontista può influenzare la cooperazione del paziente se si preoccupa di creare con esso una buona relazione; a questo scopo, può essere d’aiuto la conoscenza dei principi di comunicazione sviluppati dalla Programmazione Neurolinguistica, disciplina nata in California attorno al 1970 a opera di Bandler e Grinder.

La PNL offre all’ortodontista la possibilità di apprendere, attraverso training specifici, tecniche atte ad aumentare la propria capacità di relazionarsi efficacemente con i propri pazienti per ottenere da loro la collaborazione voluta. Comunicare efficacemente per influenzare positivamente i propri pazienti è una dote che può essere efficacemente studiata e appresa.

Casi clinici

Vengono di seguito presentati tre casi clinici con caratteristiche e difficoltà differenti a sottolineare la versatilità del sistema.

Caso clinico n. 1

Paziente maschio di anni 35, prima classe scheletrica normodivergente, profilo biretruso, grave affollamento bimascellare e perdita degli elementi 16 e 27.

Terapia di allineamento e coordinamento delle arcate, chiusura degli spazi estrattivi per mesializzazione di 17, 18 e 28.

La chiusura degli spazi ha richiesto in fase di Meccanica Major il ricorso a trazione su ancoraggio scheletrico temporaneo (Minivite in zona distale 15). Gli elementi 38 e 48 sono stati estratti solo alla fine del trattamento (Figure 15-20).

Caso clinico n. 2

Paziente maschio di anni 13, terza classe scheletrica e dentale, iperdivergente, open-bite scheletrico e dentale, postura linguale bassa.

Affollamento prevalentemente superiore con canini in posizione ectopica vestibolare. Trattamento di allineamento delle arcate e di correzione dei rapporti antero-posteriori, trasversi e verticali con elastici precoci.

Ottima risposta dento-alveolare con correzione della malocclusione.

Buon miglioramento del viso e del profilo nonostante il permanere di un leggero gummy smile.

Data la giovane età del paziente la prognosi a distanza per la crescita in terza classe rimane riservata; il paziente è tutt’ora in contenzione con un apparecchio di rieducazione linguale (ELN di Bonnet) (Figure21-26).

Caso clinico n. 3

Paziente femmina di anni 38, leggera seconda classe scheletrica, ipodivergente, seconda classe dentale piena, morso profondo dentale, presenza di numerosi diastemi anteriori.

Allineamento delle arcate con rialzi anteriori ed estrusione dei settori latero-posteriori ad aprire il morso, elastici precoci di seconda classe per la correzione dei rapporti antero-posteriori (Figure 27-32).

Caso clinico n. 4

Paziente femmina di anni 14, prima

classe scheletrica normodivergente, asimmetria del viso con deviazione del mento verso sinistra, affollamento bimascellare con cross-bite dei settori posteriori a sinistra.

Problematica la condizione paradentale del 43 che è in posizione ectopica vestibolare e ruotato di 90°.

Allineamento delle arcate con recupero dello spazio necessario senza il ricorso a estrazioni, correzione della contrazione mascellare e della laterodeviazione grazie all’uso di elastici precoci da criss-cross e correzione dei rapporti antero-posteriori con elastici asimmetrici.

Le foto a distanza di un anno dalla fine della terapia multibracket mostrano un buon risultato funzionale ed estetico (Figure 33-38).

Considerazioni finali

Frizione bassa e sistema di forze leggere

I sistemi convenzionali che usano legature metalliche o elastiche generano alti livelli di frizione.
I fattori connessi alla frizione sono i seguenti:

  • materiale costituente gli attacchi; generalmente gli attacchi di acciaio sviluppano frizioni minori di quelli in ceramica;
  • materiale costituente gli archi; c’è un aumento progressivo della frizione passando da archi in acciaio ad archi NiTi e, infine, ai TMA;
  • angolo critico di contatto; se l’angolo tra l’arco e l’attacco si avvicinasse all’angolo critico di contatto si produrrebbero un grippaggio e una frizione, determinando un aumento della resistenza allo scorrimento. Gli attacchi del Damon System hanno un maggior angolo critico di contatto e un minor grippaggio rispetto agli attacchi convenzionali. Per questo si possono applicare basse forze per ottenere il movimento dentale;
  • metodo di legatura; nei sistemi tradizionali c’è un aumento di frizione in ordine crescente a seconda che si usino legature in acciaio, anelli elastici o legature elastiche a otto. È dunque vantaggioso, allo scopo di ridurre le frizioni, usare un sistema self-ligating passivo;
  • azione lubrificante della saliva16;
  • accumulo di placca e tartaro.

In accordo con i risultati delle ricerche di vari Autori17, gli attacchi dei sistemi self-ligating passivi sviluppano una frizione notevolmente più bassa di quella di un attacco convenzionale o di un qualsiasi sistema autolegante attivo.

Dunque, paragonato a quello convenzionale, l’attacco Damon presenta una netta riduzione della resistenza allo scivolamento lungo l’arco.

La diminuzione della frizione e di conseguenza delle forze necessarie a ottenere spostamenti dentali va nella direzione del raggiungimento di quel livello di forza ottimale, descritto da Profitt13, che provoca riassorbimento osseo diretto invece che riassorbimento indiretto con necrosi asettica dell’osso. Tale livello di forza che si mantiene in quella che Damon3 definisce Biozona, contribuisce a determinare un bilanciamento naturale tra i muscoli, i tessuti molli e l’osso.

Allineamento e livellamento rapidi

Per quanto la velocità di spostamento degli elementi dentali non sia quella che noi riteniamo il vantaggio principale del Damon System, un esempio tipico della sua efficienza nel livellamento e nell’allineamento iniziali è il trattamento dei canini superiori in posizione alta. Nei sistemi convenzionali, se un arco viene inserito nell’attacco di un canino in posizione vestibolare alta, l’arco si piega bruscamente, sviluppando grippaggio e frizione eccessivi. Generalmente, a causa di ciò, sopravvengono effetti collaterali quali l’intrusione dei denti adiacenti, lo sventagliamento degli incisivi e la deformazione dell’arcata dentale, tutti effetti parassiti che, dovendo essere neutralizzati, allungano i tempi di trattamento.

Questi effetti collaterali sono molto meno evidenti nei casi trattati con il Damon System, in quanto la combinazione degli attacchi self-ligating passivi con archi rotondi di piccolo diametro minimizza grippaggio e frizione. Quantunque possa determinarsi una leggera intrusione dei denti adiacenti, tale effetto collaterale si risolve spontaneamente in seguito con l’azione degli archi successivi4.

L’effetto lip bumper

La posizione dei denti anteriori gioca un ruolo importante nel sostegno delle labbra e nell’estetica facciale e del sorriso. Tale posizione è determinata dall’equilibrio tra l’orbicolare delle labbra, il mentoniero e la lingua. Quando le forze ortodontiche sui denti anteriori superano la forza del labbro, i muscoli orbicolare e mentale non possono evitare lo sventagliamento degli incisivi. Questo effetto vestibolarizzante è ritenuto quasi inevitabile nei trattamenti convenzionali, mentre nel Damon System le forze ortodontiche dei primi archi sono molto leggere e comunque minori di quelle muscolari. Si sviluppa così una sorta di “effetto lip bumper” che previene la vestibolarizzazione degli incisivi.

Con il Damon System l’affollamento può dunque essere risolto, nei casi non estrattivi, attraverso tale effetto e le conseguenti espansione e adattamento posteriore durante il periodo del livellamento e allineamento iniziali. Clinicamente si può osservare che mentre viene mantenuta la posizione vestibolo-labiale degli incisivi senza severi sventagliamenti, i denti si possono allineare nello spazio ottenuto attraverso l’espansione trasversale dell’arcata.  Anche nei casi estrattivi l’effetto lip-bumper è utile a direzionare la correzione dell’affollamento nello spazio di estrazione senza perdita di ancoraggio posteriore. Ci sono tuttavia alcuni casi in cui non si può contare sull’effetto descritto; per esempio i pazienti che presentano morso aperto anteriore, incompetenza labiale o biprotrusione esercitano, con i muscoli periorali, una forza debole. Di conseguenza non può essere mantenuta la posizione antero-posteriore degli incisivi se non con un’adeguata scelta di torque e con esercizi di mioterapia. L’effetto lip-bumper, manifestandosi in modo differente nelle diverse tipologie scheletriche e in relazione alle differenti tonicità labiali, può essere d’aiuto oppure no. In ogni caso il clinico deve cercare di trarne sempre vantaggio.

Espansione e adattamento posteriori

L’effetto lip-bumper fa parte di quel bilanciamento funzionale tra guancia, muscoli periorali, lingua e tessuti periodontali che muove denti e osso alveolare verso una nuova posizione, trasversalmente espansa, fisiologicamente determinata.

La forza delle labbra, come abbiamo già detto, dirige posteriormente i denti favorendo l’espansione dell’arcata soprattutto a livello premolare e molare attraverso quello che chiamiamo “effetto Frankel”15. A causa dell’espansione posteriore, la lingua si sposta in una posizione più alta e produce un nuovo bilanciamento funzionale con labbra e muscoli facciali. Il dottor Damon chiama questo fenomeno “il risveglio della lingua”. Ovviamente l’espansione dell’arcata dentale deve avvenire all’interno dello spazio osseo disponibile. Se viene applicata una forza eccessiva, invece di ottenere espansione ossea i denti si muovono nell’osso e si possono determinare deiscenze o perforazioni della corticale vestibolare con compromissione paradentale e della stabilità a distanza. A causa dell’effetto Frankel, nei casi estrattivi, la quantità di spazio da chiudere che residua dopo la correzione dell’affollamento potrebbe aumentare, poiché l’espansione posteriore si aggiunge allo spazio residuo di estrazione. Così, quando usiamo il Damon System dobbiamo, nei casi borderline, valutare attentamente la decisione di procedere alle estrazioni. La presenza di affollamento dunque, invece di essere considerata un fattore negativo costituisce, secondo i nuovi paradigmi del PED, “benzina nel motore” che facilita l’espansione trasversa.

Forma d’arcata Damon e forma d’arcata individualizzata

Gli archi del Damon System hanno un’unica e specifica forma che vale sia per l’arcata superiore che per l’inferiore. Tale forma è relativamente più ampia a livello dei premolari e dei molari di quella di altre tecniche straight wire.  Durante l’uso della sequenza di archi CuNiTi .0.014, .0.014 X .0.025, .0.018 X .0.025 si assiste allo sviluppo fisiologico di una forma d’arcata soggettiva, diversa per ogni paziente. Ciò significa che la nuova forma non è determinata dalle caratteristiche degli archi Damon, ma dall’interazione di queste caratteristiche con la struttura di partenza e le funzioni proprie del paziente. Bisogna per esempio tenere conto della differenza etnica nella forma d’arcata tra le varie razze: i caucasici hanno forme d’arcata più affusolate, mentre i giapponesi e i coreani presentano forme più squadrate18. Inoltre, la forma d’arcata cambia a seconda del biotipo e della classe dentale del paziente; la forma ovoidale, quella squadrata e quella affusolata sono più frequenti rispettivamente nelle malocclusioni di I classe, III classe e II classe19.

Riassumendo, possiamo dire che il cambiamento della forma d’arcata nel Damon System comporta un aumento dell’ampiezza a livello premolare e molare causato da una risposta bioadattativa con riassetto funzionale che stabilizza il risultato finale.

L’efficienza del trattamento

L’evoluzione tecnico-merceologica dei fili ortodontici ha consentito di diminuire l’entità delle forze necessarie alle azioni ortodontiche aumentando così l’efficienza del trattamento e gli intervalli tra gli appuntamenti.

Come già sottolineato, dato che i fili usati nel Damon System sono di tre tipi, gli intervalli raccomandati nelle varie fasi della terapia tengono conto delle loro diverse caratteristiche:

  • fase degli archi CuNiTi rotondi: 10 settimane;
  • fase dei CuNiTi rettangolari: 8 settimane;
  • fase degli archi in acciaio con uncini: 6 settimane;
  • fase finale con TMA: 4 settimane.

Secondo una ricerca di Harridine del 200120 il Damon System, durante la fase di livellamento e allineamento iniziali, consente intervalli più distanziati tra gli appuntamenti rispetto ai sistemi di trattamento convenzionali; tale ricerca ha evidenziato che, in casi con lo stesso indice di gravità, il gruppo di pazienti trattati con il Damon System ebbe un periodo di trattamento più corto (in media 4 mesi, 18% di riduzione) e un più ridotto numero di visite (4 volte, 25% di riduzione) rispetto al gruppo di pazienti dei sistemi convenzionali21.

Conclusioni

Tutto quello che abbiamo descritto è sostenuto dall’idea che il Damon System sia basato sui seguenti due concetti fondamentali:

  • per tutto il periodo di trattamento bisogna evitare di utilizzare forze pesanti che eccedano il limite del sistema biologico;
  • la nuova posizione dei denti e la nuova forma d’arcata dovrebbero essere raggiunte con basse forze e basse frizioni attraverso un fisiologico bilanciamento tra i muscoli facciali, la lingua, l’osso e i tessuti molli.
  • Se queste condizioni vengono rispettate, i vantaggi che ne derivano sono i seguenti:
  • i casi borderline possono essere trattati senza estrazioni;
  • la richiesta di ancoraggio e il pericolo di riassorbimenti radicolari sono diminuiti;
  • la meccanica del trattamento è semplificata;
  • non è richiesta collaborazione del paziente per l’uso di apparecchiature extraorali;
  • l’intervallo tra gli appuntamenti si allunga e diminuisce il tempo alla poltrona;
  • i denti si muovono verso una posizione che è funzionalmente bilanciata e maggiormente stabile;
  • l’armonia tra la posizione dei denti e i tessuti molli e duri circostanti può essere ottenuta più facilmente e in un periodo di tempo più breve;
  • a nostro avviso i miglioramenti estetici del viso, dovuti alla “magia del terzo medio”, cioè all’espansione trasversale delle arcate a livello soprattutto premolare, sono di gran lunga superiori alle aspettative.

Una certa parte della letteratura ortodontica non conferma, ad oggi22,23, e in molti casi addirittura nega, i vantaggi sopra elencati ma, secondo noi, nessuno dei lavori sfavorevoli al Damon System è sufficientemente significativo, dal momento che le valutazioni sperimentali v/s Damon sono state fatte o in vitro o senza specificare i protocolli seguiti. Molti di tali lavori, per esempio, paragonano l’efficienza nella correzione degli affollamenti tra metodiche self-ligating e metodiche tradizionali valutando la velocità di chiusura degli spazi in casi estrattivi laddove nel Damon System il ricorso alle estrazioni è percentualmente molto ridotto. Abbiamo quindi la sensazione che questi studi vengano fatti mantenendo i paradigmi dell’ortodonzia ortodossa, senza valutare quali sono i reali punti di forza del sistema:

  • espansione stabile delle arcate in caso di gravi affollamenti senza estrazioni;
  • miglioramenti estetici sia del sorriso che del terzo medio della faccia;
  • facilità di correzione antero-posteriore e verticale con l’uso di elastici leggeri;
  • salute parodontale e minori riassorbimenti radicolari.

Alla comparsa dei sistemi SL, la maggior parte degli ortodontisti ha pensato di utilizzare tali bracket solo per sveltire le procedure alla poltrona, mantenendo le proprie scelte terapeutiche e i protocolli operativi nell’ambito dei paradigmi dell’ortodonzia usata fino a quel momento. Questo atteggiamento impedisce, tuttora, a costoro di apprezzare le effettive potenzialità dei sistemi SL passivi.

Per poter comprendere a pieno e utilizzare una sistematica di questo tipo bisogna saper abbandonare i paradigmi che hanno, fino a questo momento, guidato la nostra pratica ortodontica, indipendentemente dalla scuola di provenienza. Noi riteniamo fondamentale essere consapevoli che abbiamo accettato i concetti dell’ortodonzia classica come dati di realtà, senza renderci conto che erano solo paradigmi e come tali suscettibili di critica e cambiamento, soprattutto in considerazione dell’evoluzione tecnologica in atto.

Affermazioni categoriche quali “bisogna rispettare la forma d’arcata iniziale del paziente”, “l’incisivo inferiore deve avere una specifica inclinazione” (peraltro variabile di molti gradi a seconda degli Autori), “l’angolo inter-incisivo deve essere di 130°”, “l’azione, anche leggera, di qualsiasi arco tende a vestibolarizzare gli incisivi inferiori”, “l’anteriorizzazione della mandibola crea problemi articolari”, “l’espansione del mascellare superiore si può ottenere solo attraverso l’apertura della sutura mediopalatina e solo prima del picco di crescita puberale” sono state ampiamente confutate dalle evidenze cliniche di migliaia di casi trattati da professionisti che utilizzano il Damon System in maniera corretta. Solamente in Spagna, il dottor Rafael Garcia Espejo e il dottor Ramon Perera in oltre dieci anni di attività clinica hanno incontestabilmente mostrato, attraverso la documentazione particolareggiata di più di duemila casi trattati, che il Damon System mantiene quello che promette, a condizione che se ne conoscano le potenzialità e le si sappiano attivare.

Ci si può così rendere conto che alcuni vecchi vincoli terapeutici non hanno più ragione di essere considerati. In base all’esperienza clinica nostra e di tanti professionisti nel mondo, affollamenti anche gravi si risolvono sotto l’azione di archi leggeri e con la vestibolarizzazione degli incisivi inferiori controllata dal tono muscolare del labbro inferiore; entrambe le arcate si espandono a qualsiasi età, recuperando spazio, a livello del terzo medio; i denti si muovono con l’osso e non nell’osso; la mandibola anteriorizza stabilmente anche in pazienti adulti; non c’è bisogno di rinforzi di ancoraggio intra o extraorali; diminuiscono nettamente i rischi nei trattamenti dei pazienti con problemi parodontali e si assiste addirittura, nella maggior parte dei casi, a un miglioramento della salute del parodonto; diminuiscono drasticamente i rischi di rizolisi e le controindicazioni al trattamento in pazienti con problemi articolari nei quali, grazie all’effetto bite dei rialzi occlusali ben bilanciati, spesso la sintomatologia algica scompare da subito e, in generale, la metodologia di trattamento risulta meno farraginosa e meno appesantita da apparecchiature supplementari mal sopportate dai pazienti. Naturalmente, essendo la nostra pratica con il Damon System iniziata solo qualche anno fa, i dati clinici in nostro possesso non sono sufficienti a darci certezze assolute relative a tutti i vantaggi esposti e alla stabilità a lungo termine dei casi trattati; auspichiamo dunque che, nelle sedi adeguate, si conducano studi seri e obiettivi su un sistema che ha cambiato la pratica clinica quotidiana di molti ortodontisti nel mondo in modo tanto entusiasmante.

Corrispondenza

Chiara Buraglio

chiaraburaglio@studioantonioliburaglio.it;
m.antonioli@intercom.it

Fabio Tamanza

fabio.tamanza@tin.it

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Il Protocollo Easy Damon (PED) - Ultima modifica: 2014-06-29T09:34:38+00:00 da Redazione

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