Metaverso, realtà aumentata, smart glasses e intelligenza artificiale. Il futuro in medicina è già qui e porta con sé una svolta epocale nella concezione di healthcare. Molte sono infatti oramai le DTx (Digital Therapeutics), una nuova categoria di tecnologie potenzialmente disruptive che attualmente, attraverso l’uso di software terapeutici e dispositivi indossabili, supportano, migliorano o sostituiscono i trattamenti tradizionali in un gran numero di patologie (tra cui, per esempio, l’insonnia cronica, il diabete e il disturbo da deficit di attenzione/iperattività nei bambini).
Software e device rappresentano una incredibile opportunità di crescita per gli operatori sanitari che sono messi nelle condizioni di raggiungere risultati migliori per i propri pazienti, riducendo i costi e le attese.
L’assistenza sanitaria ha da sempre implicitamente comportato l’interazione diretta tra il paziente e il suo curante, in particolare in un ambito così “operativo” come l’odontoiatria. Tuttavia, l’evoluzione tecnologica, con il suo ritmo sempre più incalzante, sta provocando un rapido mutamento di questi paradigmi, determinando un impatto rilevante sulla prevenzione, la diagnosi e la terapia delle problematiche orali nella popolazione.
Per fare un esempio, oggi non parliamo più solamente degli scanner intraorali, ma della possibilità di sovrapporre la TC cone beam con l’impronta virtuale così da poter programmare con maggior precisione trattamenti ortodontici o riabilitazioni implantari più o meno complesse.
La tecnologia ci permette già ora di alzare l’asticella della qualità dei nostri trattamenti e, nel brevissimo futuro, ci aprirà scenari molto interessanti in cui verranno progettati e offerti nuovi servizi. In questo nuovo “ecosistema” è importantissimo, però, impegnarsi per far sì che medico e paziente restino i protagonisti indiscussi e che il focus non si sposti unilateralmente sulle tecnologie. Esse, ricordiamocelo bene, sono un incredibile fattore facilitante, ma devono rimanere, sempre e comunque, un mezzo e non un fine. Insomma, non è tutto oro quel che luccica e dobbiamo essere consapevoli di trovarci di fronte a un punto di svolta verso cui, inevitabilmente, dobbiamo muoverci senza lasciarci travolgere e con razionalità, per poter scegliere e utilizzare cosa è davvero utile alla nostra professione e alla cura del nostro paziente.
Per riprendere le parole di un mio maestro “la tecnologia deve servire per rendere più semplici i trattamenti complessi e non per complicare i trattamenti semplici”.
Né tantomeno, aggiungo io, potrà mai sostituire la competenza e le capacità di un clinico esperto e competente.
Se vogliamo trovare la strada migliore per affrontare il futuro prossimo, non ci resta che imparare a governarla con tutta quella “ostinazione” e competenza clinica di cui siamo capaci, per seguire la direzione che porta al maggior beneficio in primis per il nostro paziente e poi per la nostra professione.
Buon lavoro, il futuro è arrivato!