Fattori che influenzano l’insorgenza di carie interprossimali

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Nonostante i progressi in termini di prevenzione e accesso precoce alle cure odontoiatriche, la malattia cariosa continua a rappresentare una delle patologie a più alta prevalenza nel mondo occidentale.

Peraltro le second caries, ovvero l’infiltrazione cariosa dell’interfaccia fra tessuto mineralizzato natio e una precedente otturazione, si stanno ormai affiancando come una fra le prime cause di esecuzione di un restauro coronale.

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Alla luce di questo dato, è fondamentale comprendere al meglio i fattori connessi a tali problematiche e i relativi meccanismi d’insorgenza, soprattutto nelle sedi a maggiore rischio. In questo senso, i siti interprossimali rappresentano forse i più delicati, in quanto coniugano diversi svantaggi: detersione difficoltosa per quanto riguarda il paziente, diagnostica precoce e spesso restaurabilità complesse per il clinico.

II classe: meccanismi di logoramento delle superfici interprossimali

Su questa tematica, il gruppo di lavoro di Pokhojaev ha proposto recentemente un interessante studio dei meccanismi di logoramento delle superfici interprossimali – sono stati descritti pattern diversi, dai solchi subverticali all’aspetto misto concavo-convesso – che si trovano esposte alle forme masticatorie ma anche alla pressione dei tessuti molli e a diversi altri stimoli meccanici, come l’eruzione e il mesial drift, oltre naturalmente al contatto con l’elemento adiacente e, presumibilmente, lo sfregamento.
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Lo studio è stato condotto su un totale di 15 premolari, su cui era stato documentato un attrito occlusale ridotto, estratti in corso di terapia ortodontica su pazienti tra gli 11 e i 25 anni.

I campioni sono stati sottoposti a 3 cicli di detersione e quindi sottoposti, con l’ausilio di uno stereomicroscopio, a una valutazione di tipo quantitativo della presenza di faccette da usura interprossimali. Uno specifico software ha misurato l’area di proiezione bidimensionale e assegnato dei punti di riferimento equidistanti fra loro.

Le faccette sono risultate piatte e prive di morfologie concavo-convesse, con un’area attestabile mediamente su 2.44 ± 1.27 mm2.

Successivamente è stata condotta un’analisi della texture di superficie: per ogni superficie interprossimale sono state riconosciute tre regioni di interesse – interna, marginale, esterna – lungo la linea mediana occluso-gengivale. L’analisi fornisce riscontro dei processi meccanici a carico delle superfici, tanto che metodiche di questo tipo sono stati impiegati in ambito antropologico al fine di studiare la dieta dei progenitori dell’uomo.

Sono state riscontrate differenze significative tra le 3 zone: la più interna è risultata irregolare con aree di vuoto multiple, senza evidenze di striature; striature e micro-crack sono invece state visualizzate nell’area marginale, conferendo un aspetto atipico allo smalto; al contrario, l’area esterna ha mostrato l’aspetto più tipico, con meno striature e micro-crack e in assenza di segni di erosione.

Si può dedurre che l’erosione dei siti interprossimali è la risultante di più meccanismi interconnessi. Una più ampia comprensione di tale fenomeno è utile a una migliore valutazione dei casi dal punto di vista preventivo del rischio di carie e nell’ottica della pianificazione dei restauri.

Conoscere i fattori che influenzano i restauri di II classe che vengono eseguiti è il primo passo per gestire al meglio la riabilitazione. Il passo successivo è quello strettamente legato alla clinica. Ricordiamo in questo senso la possibilità di accedere al video-corso sulle riabilitazioni di II classe in cui la clinica regna sovrana ed è possibile cogliere aspetti e sfumature per migliorare e velocizzare questo tipo di restauro.

Riferimenti bibliografici

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29969954

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Fattori che influenzano l’insorgenza di carie interprossimali - Ultima modifica: 2019-02-19T17:40:40+00:00 da redazione

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