Eziopatogenesi della sensibilità dentinale

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La teoria maggiormente accreditata nell’eziopatogenesi dell’ipersensibilità si basa sullo studio della dinamica dei fluidi all’interno dei tubuli dentinali. Alcune tecniche non chirurgiche si basano quindi sulla protezione e/o sull’otturazione dei tubuli pervi e, quindi, macroscopicamente, della quota di dentina scoperta. In alternativa, è possibile agire sulla trasmissione nocicettiva, inducendo una desensibilizzazione. La più comune causa di esposizione dentinale è rappresentata dalle recessioni gengivali. Una prima metodica di approccio a tale condizione clinica consiste nell’individuazione e nella rimozione dei fattori eziologici. In primo luogo, una tecnica di spazzolamento aggressiva: è fondamentale che l’odontoiatra e, in collaborazione, l’igienista dentale, indirizzino il paziente verso la tecnica di spazzolamento corretta e lo consiglino nella scelta dello spazzolino più adatto a lui. Questo fattore, collegato in senso opposto anche con l’accumulo della placca, può essere ancora più dannoso nel momento in cui il paziente vi abbini una pasta dentifricia abrasiva: è stato a tal proposito coniato un sistema di classificazione numerica dell’abrasione dentinale relativa (RDA). La malattia parodontale può sottendere l’esposizione di importanti porzioni dentinali. Dall’altra parte è dibattuto quale possa essere il ruolo della terapia causale rispetto all’ipersensibilità. In tal senso, è sempre fondamentale studiare il singolo caso e chiarire l’esatto momento in cui il paziente inizia ad accusare il sintomo. Nel caso in cui non sia riconosciuto un chiaro fattore predisponente o si scelga comunque di intervenire direttamente, la scelta terapeutica di base consiste nell’impiego di dentifrici contenenti additivi efficaci sull’ipersensibilità. Il nitrato di potassio agisce depolarizzando le cellule nervose e impedendo così la trasmissione dello stimolo algico. Alcuni studi riscontrano una effettiva diminuzione del sintomo, altri ne osservano invece il contenimento. Al contrario, lo stronzio, altro elemento presente in alcune formulazioni, ha la capacità di occludere i tubuli, reagendo con gli ioni calcio e depositandosi in forma cristallina. Un effetto analogo, secondo alcuni studi con maggiore efficacia, si ottiene con la combinazione fra arginina e carbonato di calcio: la creazione di un ambiente alcalino favorisce il recupero di ioni calcio e fosfato dai fluidi salivari, che vengono depositati a livello dei tubuli. Il composto su cui si basa il dentifricio desensibilizzante forse commercialmente più diffuso, il sodio calcio fosfosilicato, abbina questo stesso meccanismo a un’azione rimineralizzante. Anche la presenza di fluoruri in alta concentrazione in alcune paste dentifricie vuole agire sull’ipersensibilità causata dalla presenza di spot di demineralizzazione. Nel caso in cui il trattamento domiciliare non si riveli sufficiente, l’odontoiatra potrà scegliere di passare a un trattamento, comunque non invasivo, condotto però alla poltrona. Sono presenti specifici desensibilizzanti ad uso topico, che possono contenere a loro volta fluoruri oppure idrossimetilmetacrilato e gluteraldeide, ossalati, idrossinanoapatite.

Eziopatogenesi della sensibilità dentinale - Ultima modifica: 2016-12-03T07:35:00+00:00 da redazione

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