Endodonzia: fallimenti e ritrattamenti

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L’endodonzia è senza dubbio una pratica assai delicata all’interno della pratica quotidiana dell’odontoiatra. Non sempre, infatti, la salvezza dell’elemento interessato viene assicurata dall’esecuzione di un’unica terapia canalare. Talvolta, infatti, il professionista è chiamato a reintervenire rimuovendo il materiale apposto in precedenza (da lui stesso o da un collega, ovviamente), per poi finalizzare una nuova terapia ortograda. Questa procedura si definisce ritrattamento.

In primo luogo, è utile soffermarsi su quali siano gli eventi che rendano necessario un intervento di ritrattamento.

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In alcuni casi, anche se la procedura viene condotta lege artis e, in prima battuta, il risultato pare del tutto soddisfacente, a breve e medio termine possono presentarsi delle problematiche. In queste situazioni si osserva spesso una netta differenza fra l’apparenza (ossia l’esame radiografico) del dente trattato e l’evidenza clinica del permanere della patologia.

In altri casi, una situazione che può definirsi di compenso, rimasta anche per anni in uno stato silente, può riattivarsi come condizione acuta di patologia endodontica.

Questa prima casistica, anche se distinguibile dal punto di vista cronologico, è quindi quella dei ritrattamenti di casi endodontici completi, cioè portati a termine in precedenza.

Al contrario, alle volte è necessario eseguire un ritrattamento perché la terapia canalare precedente non era stata completata o, meglio, era stata apparentemente completata. Ciò, infatti, avviene spesso nei casi in cui il sistema canalare del dente non sia stato individuato nella sua interezza e perciò permangano dei serbatoi infettivi dalle dimensioni anche minimali. Questi possono annidarsi tipicamente al di sotto di formazioni calcifiche o altre irregolarità di canali che sono quindi stati sottostrumentati.

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Le variabili per chi affronta tali terapie sono molteplici, ma va sicuramente ammessa la dipendenza con la tecnica operativa adottata per il primo intervento. Esistono materiali che sono effettivamente più difficili da rimuovere rispetto ad altri. Il clinico che va a riaprire un dente trattato da un collega, magari a diversi anni di distanza, dev’essere “pronto a tutto”: sarà quindi bene che sia fornito di uno strumentario adeguato. Sicuramente un set di punte ultrasoniche può rappresentare un valido alleato. Oggi diverse sistematiche endodontiche, poi, propongono strumenti rotanti da ritrattamento applicabili ad un’ampia varietà di substrati.

In ultima istanza, i casi probabilmente più problematici sono quelli in cui l’odontoiatra, al di là del ritrattamento in sé, deve rimediare a un danno iatrogeno, come possono essere la frattura di un strumento endodontico nel tratto canalare, una perforazione o la formazione di una “falsa strada”.

Endodonzia: fallimenti e ritrattamenti - Ultima modifica: 2016-02-23T07:57:27+00:00 da redazione

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