La nuova classificazione internazionale delle parodontopatie ha definitivamente incluso all'interno di un ambito unico le problematiche dei tessuti di sostegno del dente naturale e quelle a carico dei tessuti perimplantari. La mucosite perimplantare costituisce un quadro infiammatorio limitato ai tessuti molli equivalente alla gengivite. Questo dato ha un ruolo importante anche dal punto di vista terapeutico, dato che l'approccio alla mucosite, così come quello alla perimplantite si rifanno in maniera basilare al trattamento di gengivite e parodontite, partendo con la cosiddetta terapia causale (scaling e root planing). Ancora a monte, si pensi all'importanza di una corretta gestione professionale dell'igiene degli stessi tessuti perimplantari: il paziente implantologico, al pari di quello parodontopatico, necessita di un contatto regolare con odontoiatra e igienista dentale.
Cosa provoca lo scaling sulla superficie implantare
Recentemente, Harrel e colleghi hanno pubblicato su Journal of Periodontology un'interessante studio volto a indagare le conseguenze delle manovre routinarie di scaling sulla superficie dell'impianto.
Lo studio è stato condotto in vitro su un campione di impianti Straumann® SLA®: questo aspetto è particolarmente interessante, data l'importanza determinata dalla superficie – sabbiata e mordenzata – nel contesto di questa sistematica implantare tanto ampiamente documentata.
Sono state valutate 3 differenti punte ultrasoniche (ciascuna su 4 campioni implantari): una in acciaio a movimento magnetostrittivo e due piezoelettriche, una in titanio e una in materiale plastico (PEEK). In tutti i casi lo strumento è stato impiegato a una pressione controllata pari a 25 grammi (valore mediano per una serie di rilevazioni effettuate su un totale di 5 clinici esperti sul substrato implantare) per un totale di 30 movimenti di scaling laterali da 1.4 mm (anche questa atta a simulare una procedura clinica realistica).
Le superfici implantari sono state visualizzate tramite microscopia a un ingrandimento di 20x. Sono state riscontrate alterazioni a carico della superficie SLA in tutti i casi in cui la punta era andata a contatto con la superficie stessa. I danni più comuni hanno interessato i bordi delle spire implantari nella porzione più cervicali delle fixture. Sono state osservate aree in cui il metallo appare scoperto e dove, pertanto, la superficie trattata potrebbe essere stata interamente perduta. I danni derivanti dalle punte in titanio e in plastica risultano sovrapponibili mentre più estesi appaiono quelli legati all'uso delle punte in acciaio.
Lo studio pertanto mette in dubbio l'utilità degli strumenti ultrasonici nella gestione igienica delle superfici implantari, arrivando a sospettare un ruolo di queste nella progressione mucosite-perimplantite o, almeno, a suggerirne un utilizzo cauto.
Riferimenti bibliografici