Composizione e caratteristiche dei compositi dentali

Come noto, l’introduzione sul mercato delle resine composite ha rivoluzionato l’odontoiatria restaurativa. L’utilizzo di questi materiali si basa su un concetto completamente diverso dalla ritenzione meccanica richiesta dall’amalgama d’argento: l’adesione chimica. Al giorno d’oggi, si potrà parlare a tutti gli effetti dell’odontoiatra adesiva come di una branca estremamente articolata della pratica clinica, in grado di coprire svariate richieste terapeutiche, dal trattamento minimamente invasivo fino a forme molto complesse di restauro, quali sono ad esempio faccette o intarsi. Ciò deriva dal fatto che i compositi permettono ai dentisti di agire con maggiore libertà rispetto agli schemi di preparazione cavitaria su cui essi stessi, nella maggior parte dei casi, si sono formati.

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Non poi è banale sottolineare come l’introduzione dei compositi abbia anche aperto la strada all’odontoiatria estetica contemporanea: sono oggi disponibili sistematiche basate sull’utilizzo di prodotti di grande qualità, in grado di ripristinare l’aspetto dell’elemento dentario nel pieno della sua naturalezza, a fronte di un costo biologico contenuto.

La libertà operativa a cui si è fatto riferimento, naturalmente, non può prescindere dalla conoscenza della tecnologia di cui si dispone e, ancora prima, delle caratteristiche di un substrato particolare come quello dentario.

Qui di seguito verrà perciò brevemente illustrata la composizione chimica di una resina composita. Questa si articola in 3 componenti principali:

  • matrice resinosa: è la componente organica e chimicamente attiva della resina; la maggior parte dei compositi si basa su una molecola sintetizzata nei primi anni ’60, il dis-GMA. Questa molecola organica, meglio nota con il nome di monomero di Bowen, conferisce fluidità al prodotto in condizioni di partenza; in seguito ad un preciso stimolo, derivante da un attivatore fisico/chimico, le molecole di dis-GMA polimerizzano, rendendo il materiale macroscopicamente rigido. L’attivazione è un processo complesso e gli attivatori possono essere indicati come la quarta componente di una resina: i compositi maggiormente diffusi in ambito conservativo si basano sull’attivazione attraverso l’esposizione a una luce a precisa lunghezza d’onda (fotopolimerizzazione).
    Questa componente è detta “matrice” perché è la fase continua nella quale sono dispersi gli altri componenti;
  • filler: come anticipato, la matrice circonda una quantità variabile di particelle inorganiche; queste possono variare dal punto di vista chimico e con esse variano le proprietà conferite al prodotto. Il composito potrà così presentare caratteristiche peculiari in termini di durezza, traslucenza e anche azione biologica;
  • accoppiante: si tratta del silano, una molecola dotata di due gruppi funzionali, un’ossidrile (dunque, a carattere polare) e un residuo terminare acrilico (apolare). Il silano ha un ruolo imprescindibile, sia nell’accoppiare le due componenti principali che nel permettere la polimerizzazione dei composti dentali.

Il confronto delle qualità di molti compositi può essere effettuato sul sito dentalcompare.com che propone le principali caratteristiche cliniche dei materiali; invece chi volesse conoscere di più sulla resa cromatica di molti compositi, potrà leggere questa revisione della letteratura sull’argomento.

Composizione e caratteristiche dei compositi dentali - Ultima modifica: 2015-11-12T08:37:08+00:00 da redazione

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