La commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento che esclude «qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestionale» dai messaggi pubblicitari delle strutture sanitarie private e degli iscritti agli albi dei relativi ordini delle professioni sanitarie.
Rispetto al testo presentato in Commissione, però, in quello approvato non è prevista l’autorizzazione preventiva da parte dell’Ordine, che mantiene comunque il potere di controllo e verifica dei messaggi pubblicitari e, se ritenuto necessario, può sanzionare il direttore sanitario della struttura e segnalare la violazione all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM).
Carlo Ghirlanda, presidente dell’Associazione Nazionale Dentisti Italiani (ANDI), ha commentato così la notizia: «La politica e quella parte dell’odontoiatria italiana che pone l’etica e la qualità al servizio del paziente, insieme, hanno affrontato e risolto il problema della pubblicità suggestiva in sanità».
«Finalmente – prosegue Ghirlanda – si leggerà pubblicità sanitaria con contenuti di pura informazione e senza i raggiri che tante volte hanno ingannato i cittadini italiani. Esprimo quindi grande soddisfazione e plaudo a quanto oggi deciso dalla politica italiana.»
Anche il Presidente della Commissione Albo Odontoiatri (CAO) Raffaele Iandolo ha manifestato la propria soddisfazione, dichiarando che «finalmente la politica ha compreso l’importanza di analizzare la pubblicità dal punto di vista dei cittadini, laddove non è possibile equiparare i prodotti commerciali all’informazione sanitaria».
Diversa la reazione del presidente dell’Associazione Nazionale dei Centri Odontoiatrici (ANCOD), Michel Cohen, che ha definito l’emendamento «antitetico rispetto all’attuale legge Bersani (Legge n.248/2006) in quanto fortemente lesivo della libera concorrenza e della libera comunicazione di informazioni inclusive dei prezzi relative ai servizi offerti». Contestata è anche la proposta dell’emendamento che prevede che il Direttore sanitario sia iscritto nello stesso territorio. «È fortemente lesivo della libera circolazione delle persone addirittura nello stesso territorio dello Stato – dichiara Cohen – e crea enormi differenze legislative tra l’attività svolta dalle imprese obbligate al direttore sanitario territoriale, mentre gli studi professionali avrebbero libertà di apertura in qualunque regione senza vincoli.»