Terapia e diagnosi dell’alveolite secca post-estrattiva

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Parlando di chirurgia in ambito odontostomatologico, è risaputo che esistono numerosi protocolli precisi ai quali il professionista può affidarsi al fine di prevenire le complicanze e, se queste si presentano ugualmente, risolverle in maniera efficace.

Nel distretto orale, la manovra chirurgica per eccellenza, in un certo senso, è costituita dall’estrazione di un elemento dentario. Tale terapia, rappresenta sempre e comunque l’extrema ratio. È bene ricordare, poi, quanto questa possa rappresentare un’esperienza spiacevole, se non un vero e proprio trauma per il paziente, innanzitutto a causa della sua invasività. Sarà perciò fondamentale che il paziente sia pienamente informato del razionale che ha portato alla scelta terapeutica. Inoltre, bisognerà mettere in atto una serie di strategie volte a favorire – nei limiti del possibile – il comfort della persona nel corso della terapia e a limitare il discomfort al termine della stessa. Il soggetto dovrà conoscere le complicanze che potrebbe andare ad affrontare, di modo da poter mettere in atto le terapie domiciliari: in caso di persistenza dei sintomi, è bene non esitare ad anticipare il controllo previsto.

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Una complicanza piuttosto impegnativa della exodonzia è la cosiddetta alveolite secca: si tratta di un’infiammazione dell’alveolo postestrattivo, il più delle volte a livello mandibolare e soprattutto in regione molare. Ha un’incidenza del 1-5% e sembra essere dovuta ad una precoce fibrinolisi del sito a causa di una contaminazione batterica (non può essere però definita come patologia infettiva); è sistematicamente correlata al fumo e all’uso di anticoncezionali orali.

Il quadro semiologico è caratterizzato da dolore persistente che tende a riacutizzarsi in terza o quarta giornata e a non rispondere ai comuni analgesici; ad esso si accompagnano spesso alitosi, tumefazione e interessamento dei linfonodi loco-regionali.
Tale condizione di malattia può essere efficamente prevenuta, in primo luogo eseguendo una chirurgia “pulita”, per poi concludere l’intervento con l’irrigazione e la detersione dell’alveolo, il posizionamento di una sutura e, soprattutto, di una garza per il tempo adeguato; nei pazienti giudicati a rischio si propenderà per la copertura antibiotica. Il controllo della placca da parte del soggetto è fondamentale.

Nel caso in cui la complicanza si presenti comunque, la guarigione spontanea è possibile ma piuttosto dolorosa. La terapia attiva è costituita da un’attenta revisione dell’alveolo tramite curettaggio ed irrigazione: il coagulo sarà quindi libero di formarsi nuovamente; il paziente, nei giorni successivi potrà procedere al lavaggio e posizionare una garza imbevuta di eugenolo. Non si tratta però dell’unico protocollo disponibile: sarà il clinico a giudicare quale possa essere il più adatto, a seconda della gravità del problema e del tipo di paziente.

Terapia e diagnosi dell’alveolite secca post-estrattiva - Ultima modifica: 2015-08-16T11:46:58+00:00 da redazione

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