Dal punto di vista odontoiatrico, il diabetico rappresenta un paziente delicato soprattutto per quanto riguarda l'approccio chirurgico. In realtà, tale patologia chiede al medico una valutazione più globale dal punto di vista diagnostico terapeutico, con particolare interesse per il grado di compenso offerto dal singolo paziente.
Romina Brignardello-Petersen, intervenendo sul Journal of the American Dental Association, rilegge i risultati dello studio DIAPERIO, condotto dal gruppo di Vergnes e pubblicato lo scorso anno sul Journal of Clinical Periodontology.
Questo trial clinico randomizzato ha coinvolto un totale di 91 pazienti parodontopatici affetti da diabete mellito (tipo 1 o tipo 2) non controllato, assegnati a uno di due gruppi, differenziati per il timing della stessa terapia causale (scaling e root planing addizionati ad antibioticoterapia sistemica, oltre alle istruzioni di igiene orale domiciliare). Il gruppo “immediate” è stato trattato entro 10 giorni dalla diagnosi, quello “delayed” a 3 mesi di distanza. La valutazione del compenso glicemico del paziente, consistente nella rilevazione dell'emoglobina glicata (HbA1C) e della fruttosamina, è stata effettuata in entrambi i gruppi a T0 e a 3 mesi. Il gruppo “delayed”, pertanto, ha svolto la funzione di controllo.
I risultati attestano l'assenza di differenze statisticamente significative nell'andamento dei due parametri glicemici (oltre che degli aspetti relativi alla qualità della vita) tra i due gruppi.
Lo studio sembra, pertanto, mettere parzialmente in crisi un paradigma oramai quasi accettato nell'ambito di quella che viene definita la perio-medicine, ovvero la disciplina che studia la correlazione tra malattia parodontale e alcune fra le principali patologie sistemiche. Nella fattispecie si fa riferimento all'impatto positivo della terapia parodontale nel controllo glicemico del paziente parodontopatico e diabetico.
Si ricordi in questo senso come l'emoglobina glicata rappresenti un parametro rappresentativo dell'andamento della glicemia, in quanto considera un periodo equivalente al ciclo vitale dei globuli rossi (120 giorni), a differenza del valore glicemico random, capace solo di fotografare un dato momento. Analogamente, la fruttosamina riflette l'andamento della glicemia dei 10-15 giorni precedenti.
Volendo considerare i principali limiti dello studio, enunciati da Brignardello-Petersen, si faccia riferimento innanzitutto alla numerosità del campione finale, 91 pazienti di 150 preventivati. Questo deriva dall'interruzione dell'indagine dovuta proprio alla valutazione dei dati preliminari.
In secondo luogo, il follow-up dei 3 mesi considerato nel gruppo caso, potrebbe essere insufficiente al fine di riscontrare modificazioni del compenso glicemico clinicamente rilevabili.
Per queste due ragioni principali, la revisione decide di tagliare la prima stima qualitativa dell'evidenza, definendo l'articolo come moderatamente a rischio di bias.
Riferimenti bibliografici