Le tecniche chirurgiche basate sull’utilizzo di innesto epitelio-connettivale o epitelio-connettivale disepitelizzato a origine palatina costituiscono un vero e proprio standard operativo nella soft tissue augmentation in ambito muco-gengivale e parodontale e soprattutto in implantologia. Questo breve articolo non vuole soffermarsi sulle diverse tecniche di prelievo dell’innesto, tutte oggetto di protocolli operativi ampiamente documentati e valutati. Verranno invece indagate le metodiche – una nello specifico – proposte ai fini di alleviare la morbilità del sito di prelievo. Nel postoperatorio il palato è infatti esposto a sintomatologia dolorifica e urente e a guarigione tardiva: ciò costituisce forse il principale discomfort legato alla procedura. Come anticipato, gli Autori hanno proposto diverse opzioni nell’intento di ridurre le suddette complicanze postchirurgiche a livello palatino: agenti emostatici, materiali da medicazione e più recentemente biomateriali a origine autologa (ad esempio PRF o PRP). Ad oggi nessuno di questi è indicato come prodotto di elezione.
Acido ialuronico: può ridurre le complicanze dopo prelievo dal palato?
Sempre di recente alcuni Autori hanno proposto l’uso locale dell’acido ialuronico. Si tratta di un polisaccaride non solfatato ad alto peso molecolare, incluso nella famiglia dei glucosaminoglicani (GAG). Il composto è contenuto all’interno di diversi fluidi organici (liquido sinoviale, siero, saliva, fluido crevicolare) e rappresenta una componente fondamentale della matrice extracellulare del tessuto cutaneo, dei connettivi, delle articolazioni sinoviali e anche a livello dei tessuti dentali, con una netta prevalenza in quelli non mineralizzati (polpa e legamento parodontale). Una delle proprietà principali della molecola è la sua igroscopicità, che le permette di mantenere la propria rigidità conformazionale e di trattenere acqua. Queste capacità, unite alla perfetta biocompatibilità del prodotto e alle numerose altre proprietà documentate (batteriostatico, fungostatico, antinfiammatorio, amtiedemigeno, cicatrizzante, proangiogenetico e, secondo un vecchio lavoro di Sasaki, addirittura osteoinduttivo), ne spiegano l’oramai amplissima diffusione nella pratica clinica di diverse specialità mediche. Ortopedia, oftalmologia, dermatologia, chirurgia plastica ed estetica. In odontoiatria ne viene riportato l’uso a livello dell’articolazione temporo-mandibolare e in ambito parodontale e implantologico.