La perdita ossea perimplantare rappresenta una delle complicanze più temute della terapia implantare. Riconoscere in tempo i segni clinici che la precedono o la accompagnano è fondamentale per preservare la stabilità dell’impianto e la salute dei tessuti orali. Un recente studio condotto presso la University Complutense di Madrid, Spagna, in collaborazione con la Jiao Tong University School of Medicine di Shanghai, Cina, ha analizzato in modo sistematico l’accuratezza di diversi parametri clinici. Valutandone l’efficacia sia nella predizione che nella diagnosi della perdita ossea.
I limiti dei segni precoci
Tra gli indicatori più sensibili, il sanguinamento al sondaggio (BoP) e l’arrossamento dei tessuti si sono rivelati presenti nella maggior parte dei casi che hanno poi sviluppato perdita ossea. Tuttavia, la loro specificità è molto bassa: un BoP isolato non implica necessariamente un danno osseo imminente. In altre parole, questi segni precoci sono utili come campanello d’allarme, ma non bastano da soli a predire un reale rischio di riassorbimento.
Diagnosi: quando i segni diventano più affidabili
Quando la perdita ossea è già in atto, alcuni parametri assumono un valore diagnostico decisamente più forte. La presenza di suppurazione (SoP), un BoP diffuso in sei siti, o un sanguinamento profuso sono segni altamente specifici, che indicano con grande probabilità la presenza di riassorbimento perimplantare. Anche un PPD ≥ 6 mm o un aumento progressivo della profondità di sondaggio nel tempo forniscono indicazioni attendibili.
L’importanza delle variazioni nel tempo
Lo studio evidenzia come il criterio più bilanciato tra sensibilità e specificità sia rappresentato dall’aumento site-specific della profondità di sondaggio (PPD) o della deiscenza dei tessuti molli (PISTD) di almeno 1 mm rispetto alla visita precedente. Questo parametro consente di intercettare una perdita ossea in fase iniziale con maggiore precisione rispetto ai segni clinici isolati.
Implicazioni cliniche per l’odontoiatra
Per il clinico, questi dati sottolineano l’importanza di un monitoraggio longitudinale degli impianti. Registrare BoP, suppurazione, PPD e PISTD a ogni controllo è importante. Tuttavia, confrontarli nel tempo consente di distinguere tra segni transitori di mucosite e reali indicatori di progressione verso la perimplantite. Solo un approccio sistematico, basato su parametri multipli, permette una diagnosi precoce e accurata.
Le conclusioni dello studio
La gestione degli impianti non può limitarsi dunque alla valutazione di un singolo fattore osservato una sola volta. È la dinamica dei parametri clinici nel tempo a rappresentare lo strumento più affidabile per diagnosticare una perdita ossea perimplantare. Secondo gli autori di questo studio, pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology, solo integrando questi criteri nella pratica quotidiana è possibile proteggere gli impianti dei pazienti. Ma anche migliorare la prognosi a lungo termine di una terapia implantare ben pianificata e attuata.


