Restauro di IV classe in condizioni di isolamento complesse Un approccio alternativo per un risultato estetico e funzionale predicibile Case report

1. Il sorriso della paziente durante la prima visita.

Gaetano Paolone
Monaldo Saracinelli

Riassunto

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Le procedure per il restauro di IV classe sono ben note e codificate. L’ isolamento con diga di gomma, soprattutto nei giovani pazienti, è a volte difficile e se non eseguito correttamente può causare procedure adesive scorrette e risultati non predicibili. Come la diga di gomma, anche gli aiuti alla stratificazione come le mascherine in silicone e le matrici interprossimali risultano difficili da utilizzare, soprattutto quando i denti non sono completamente erotti o si è ancora in dentizione mista. In questo articolo gli Autori descrivono una tecnica di stratificazione quando l’isolamento viene eseguito tramite l’utilizzo di un singolo uncino sul dente da trattare.

Parole chiave: IV classe, isolamento, diga di gomma, composito, restauri diretti.

Summary

IV class restoration when rubber dam isolation is difficult. An alternative approach for a predictable esthetic and functional outcome. A case report

IV class restoration procedures are well known and codified. Rubber dam isolation, especially in young patients, is sometimes difficult and if not performed correctly can cause unsuccessful adhesive procedures and non-predictable results. Like rubber dam, layering aids like silicone indexes and interproximal matrixes are also difficult to apply especially when teeth are not completely erupted or when primary teeth are still present. In this article the Authors will describe a layering technique when isolation is performed through the use of a single clamp on the tooth to be treated.

Key words: IV class, isolation, rubber dam, composite, direct restoration.

La giovane paziente, anni 7, si presenta alla mia osservazione mostrando una frattura traumatica coronale parziale smalto dentinale dell’elemento 11 senza coinvolgimento pulpare e con assenza di mobilità. Le condizioni determinanti l’evento non hanno consentito il recupero del frammento fratturato per cui, dal momento che il restauro verrà rimandato a un secondo appuntamento, si è proceduto, durante il primo incontro, a sigillare i tubuli dentinali mediante un sistema adesivo. Il protocollo operativo per il restauro diretto degli elementi anteriori è consolidato da tempo1.  Durante il primo appuntamento si è proceduto infatti a rilevare le foto della paziente (Figura 1), un’impronta di precisione dell’arcata superiore, un’impronta in alginato dell’arcata antagonista e una cera in massima intercuspidazione. Prima di dimettere la paziente è stata compilata un’accurata cartella colore con l’ausilio di una scala colori personalizzata (Figura 2) (Myshade Guide, Smileline, Svizzera) realizzata con lo stesso composito (Ceram-X Duo, Dentsply) che sarà utilizzato per ricostruire l’elemento fratturato.

La scala colore personalizzata è stata realizzata secondo la ricetta semplificata indicata dal gruppo di studio Style Italiano (http://www.styleitaliano.org) per riprodurre i campioni VITA A1, A2, A3, A4 a seconda del composito che si vuole utilizzare. Il colore è risultato essere un A3 che la ricetta semplificata per quel sistema composito indica essere riproducibile con massa dentina D3 e smalto E1. Sviluppato il modello in gesso extraduro (tipo IV), è stata realizzata una ceratura diagnostica (Figure 3 e 4). Generalmente la ricostruzione di uno o più elementi del gruppo frontale risulta facilitata se l’isolamento con diga di gomma può effettuarsi in maniera estesa (da premolare a premolare) come nel caso di Figura 5. La possibilità infatti di avere un campo operatorio più ampio consente l’utilizzo di mascherine-matrici (costruite in silicone rigido da laboratorio sulla ceratura diagnostica) che permettono di riprodurre facilmente la superficie palatale (e a volte anche quella interprossimale se coadiuvati da matrici sezionali in acetato convesse) dei restauri2. In questo specifico caso clinico però sussistevano due problematiche relative all’isolamento. Da una parte la mancata eruzione dei premolari permanenti impediva un sicuro ancoraggio per gli uncini della diga, dall’altra il margine palatale della frattura risultava essere collocato nell’ambito del solco gengivale. Per ottenere un isolamento efficiente, e quindi fornire un’adesione predicibile, si è provveduto a isolare il singolo elemento; a questo scopo è stato utilizzato un uncino 212 modificato (con branche orizzontali piegate in direzione apicale), che ha reso tuttavia impossibile posizionare una mascherina in silicone per la definizione del piatto palatale e delle pareti interprossimali. Questa evidente limitazione ha fatto optare per una diversa strategia operativa.

 

Per avere un po’ più di spazio operativo e per avere meno tensione nel foglio di diga attorno all’elemento da trattare, sono stati fatti i buchi per poter esporre (per quanto possibile) anche parte degli elementi contigui a quello fratturato. Il modello della ceratura diagnostica è stato duplicato in gesso extraduro di tipo IV (Figura 6). Sul duplicato è stato stampato un foglio plastico di 0.5 mm tramite termoformatrice (Figura 7). Su questa “mascherina” trasparente è stato delimitato il contorno degli elementi che approssimativamente sarebbero stati visibili dopo l’isolamento con diga di gomma (Figure 8 e 9). La possibilità di poter posizionare la mascherina trasparente sugli elementi contigui ne avrebbe permesso il corretto posizionamento e conseguentemente un risultato predicibile. Dopo avere applicato la diga di gomma si è potuto constatare che attorno alle branche dell’uncino l’isolamento non era adeguato. L’utilizzo di diga liquida ha permesso di poter completare l’isolamento (Figura 10). Successivamente, la mascherina è stata provata per poter verificarne la stabilità sugli elementi contigui (Figura 11). Dopo avere effettuato la procedura adesiva sono state stratificate le masse di composito direttamente nella mascherina trasparente (Ceram-X Duo D3 sul margine incisale e sulla parete mesiale, Ceram-X Duo E1 sulla parete palatale), in base alla cartella colore precedentemente compilata (Figura 12).  Una volta posizionata la mascherina con le masse (Figura 13), è stata effettuata una polimerizzazione prolungata per un totale di 3’ con angolazioni differenti. La mascherina trasparente risulta particolarmente utile in questi casi clinici, in quanto permette di polimerizzare il composito da molteplici angolazioni, inclusa quella palatale. Il suo esiguo ingombro e spessore rispetto a una convenzionale in silicone hanno consentito una maggiore facilità operativa. Una volta rimossa è stato controllato il corretto adattamento del materiale sui margini della preparazione (Figura 14).

 

Le piccole aree deficitarie sono state colmate direttamente o con l’aiuto di una matrice convessa (Varistrip, Garrison Dental). Una volta definita la “cornice” perimetrale del restauro, è stata stratificata la dentina D3 (Figura 15)1,3,4.  Fatta eccezione per il terzo incisale, dove dobbiamo prevedere di far risaltare, con smalti di opportuna traslucenza, le anatomie tridimensionali del corpo dentinale, risulta utile utilizzare delle dentine ad alta opacità per nascondere sia il margine della preparazione sia il “buio” della cavità orale. Data la quantità di tessuto perso è assolutamente necessario utilizzare un materiale dentinale fluorescente5 per aumentare la luminosità del restauro ed evitare un crollo del valore tipico delle voluminose ricostruzioni in composito, specialmente in un caso clinico come questo6-8. La tecnica di desaturazione della tinta in senso apico-coronale si è rivelata automaticamente nonostante l’uso di un’unica massa dentinale in quanto il grado di saturazione cromatico della stessa è direttamente proporzionale allo spessore utilizzato (elevato in area cervicale e del terzo medio, minimo a livello incisale)2,9,10. L’opalescenza blu del margine incisale è stata realizzata tramite quantità ridottissime di composito fluido di colore blu (Miris – Coltène), prima di stendere un sottile strato di smalto ad alto valore (Ceram-X Duo E1), a completamento del restauro (Figura 16). A stratificazione ultimata è stato effettuato un ulteriore ciclo di polimerizzazione di 60 sec in assenza di ossigeno al fine di poter aumentare ulteriormente la conversione del composito stesso, prima delle fasi di rifinitura (Figura 17) con frese diamantate e dischi a granulometria decrescente (Komet 863 012, 8863 012) (dischi 3M, Soflex). La lucidatura e la brillantatura (Figura 18) sono state ottenute tramite gommini e paste lucidanti (Prisma Gloss Fine ed Extrafine, Dentsply). Rispetto alla situazione iniziale (Figura 19), il controllo a 6 mesi (Figura 20) l’elemento risulta ancora vitale e il restauro mostra una corretta integrazione con i tessuti marginali. La paziente è stata inserita in un ciclo di richiami trimestrali di controllo.

Corrispondenza
Gaetano Paolone
gaetano.paolone@gmail.com
Monaldo Saracinelli
studiosaracinelli@virgilio.it

Restauro di IV classe in condizioni di isolamento complesse Un approccio alternativo per un risultato estetico e funzionale predicibile Case report - Ultima modifica: 2013-10-01T14:31:48+00:00 da Redazione