Impostazione terapeutica in soggetti disgnatici e dislalici

Riassunto

La collaborazione tra i diversi specialisti, ortognatodontisti, foniatri e logopedisti è necessaria nel trattamento di pazienti disgnatici e dislalici. Scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una ricerca in letteratura relativa alle opzioni e alle possibilità di trattamento terapeutico di pazienti disgnatici e dislalici al fine di sottolineare l’importanza di un comportamento clinico comune sia da parte dell’ortodontista che del foniatra e del logopedista.

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Molti ortodontisti non sono ancora oggi a conoscenza delle correlazioni tra disturbi del linguaggio e disgnazia. Contemporaneamente, anche in ambito foniatrico vi è una scarsità di conoscenze riguardo all’importanza delle problematiche ortognatodontiche e delle loro implicazioni a livello dell’articolazione del linguaggio. Lo scopo di questo lavoro consiste nell’effettuare una revisione della letteratura relativa alle opzioni e alle possibilità di trattamento terapeutico di pazienti disgnatici e dislalici al fine di sottolineare l’importanza di assumere un atteggiamento comune tra ortodontista, foniatra e logopedista.

Materiali e metodi

È stata effettuata una ricerca della letteratura nazionale e internazionale (www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed) riguardo al rapporto tra disgnazia e dislalia e alle opzioni terapeutiche possibili.Per effettuare la ricerca, sono state scelte le parole chiave “dysgnatia, dyslalia, speech therapt, malocclusion”.

Risultati 

Per quanto riguarda il rapporto tra apparato fonatorio e disgnazie si ritrovano in letteratura opinioni discordanti. Koppenburg, Bacher, Lowe, Vig e Cohen, Proffit1,2, sostengono che la pressione di labbra e lingua, soprattutto a riposo, possa determinare alcuni quadri di malocclusione e alterazione della forma di arcata, soprattutto in soggetti in fase dinamica di crescita. Secondo alcuni Autori l’occlusione si ottiene da un equilibrio funzionale tra lingua e labbra (Lear e Moorrees) mentre secondo altri (Hoffmeister) l’interposizione linguale tra i denti non è da considerarsi la causa delle malposizioni dentali ma la conseguenza delle stesse ed è molto più importante la valutazione della componente scheletrica e biotipologica piuttosto che la dinamica linguale (Tulley).Vi sono poi altri, quali Subtenly, che considerano la pressione linguale un fattore più concomitante che causale in quanto non è stato dimostrato che la sola rieducazione linguale porti a miglioramento delle disgnazie e dell’eloquio. Lo stesso Autore, riferendosi alla terapia dei morsi aperti quindi sottolinea la necessità di distinguere le componenti scheletriche da quelle funzionali (labbra e lingua) per poter impostare una terapia miofunzionale e/o ortodontica al fine di impostare un piano di trattamento di successo3,4. La mioterapia può essere efficace in ortognatodonzia prima del trattamento (per evidenziare quali sono i muscoli più o meno interessati, creare un bilanciamento degli stessi, permettere con la riduzione delle controforze disfunzionali un buon sviluppo del complesso oro-facciale e far sì che gli apparecchi ortognatodontici possano esplicare la loro azione terapeutica senza interferenze) o al termine dello stesso (ripristinando l’equilibrio muscolare, viene a costituire un elemento naturale di contenzione). Anche in taluni trattamenti di protesi, chirurgia, parodontologia, pedodonzia e soprattutto nelle patie temporo-mandibolari può essere utile associare la mioterapia. Andrianopoulos ha riscontrato che con la mioterapia linguale si possono ottenere stabili risultati nelle protrusioni dei denti frontali. Un’altra proposta di terapia arriva da Thüer e Ingervall, sostenitori dell’influenza della pressione labiale sulla posizione degli incisivi e sulla morfologia della dentizione per adattamento funzionale, i quali hanno utilizzato uno schermo orale per ottenere una diminuzione dell’overjet e della lunghezza dell’arcata, ma la recidiva dopo il trattamento suggeriva loro di completarlo con mioterapia linguo-labiale. Anche per quanto riguarda l’importanza delle alterazioni della deglutizione sulla genesi delle malocclusioni i pareri in letteratura sono discordanti.  Straub ha messo in luce le conseguenze della falsa deglutizione sul trattamento ortodontico e sull’eloquio, mentre Cleall afferma che bisogna considerare il sistema stomatognatico nell’insieme senza dare troppa importanza al tipo di deglutizione.  Per Hanson e Choen esiste una stretta correlazione tra disgnazia, tipo di fonetica e deglutizione, ma è la restrizione dello spazio per la lingua (dovuta a mascellare stretto, tonsille ingrossate, succhiamento del dito) che può dar luogo ad abitudini linguali viziate, che portano come conseguenza all’errata convinzione che la lingua abbia la forza e la persistenza richieste per causare una dismorfosi.

Per quanto riguarda il trattamento dell’abitudine viziata del succhiamento del dito, Klein è l’Autore che propone il piano terapeutico più standardizzato. L’abitudine viziata deve essere valutata da un team composto da paziente, genitori, odontoiatra, pediatra e, se possibile, psicologo per identificare se si tratta di un’abitudine “sensata”, da trattare con un approccio psicologico, o “insensata”, che può essere trattata dal dentista con un approccio dentale ricorrendo a un mezzo terapeutico che faccia ricordare al soggetto l’abitudine corretta (griglia). Neppure sull’influenza della respirazione sulla genesi delle malocclusioni i dati della letteratura danno pareri univoci: Jonas, Mann e Hartgerink non sono certi dell’implicazione eziologica della respirazione orale nell’instaurarsi di deformità dento-facciali; Warren e coll. sono sicuri che la respirazione orale influenza lo sviluppo oro-facciale, determinando sfavorevoli cambiamenti. I contributi scientifici da parte di pediatri e ortodontisti si concentrano soprattutto sul trattamento del morso aperto, portando però per lo più casi clinici singoli piuttosto che stilare un possibile protocollo di lavoro. Il lavoro più completo è la revisione della letteratura dal 1960 al 2006, che consta di 50 articoli (Ng CS, Wong WK, Hagg U) per quanto riguarda il trattamento dei morsi aperti anteriori dentali.  Viene sottolineata la difficoltà di trattamento con i vari metodi a causa della natura multifattoriale della malocclusione; il problema principale riscontrato riguarda la stabilità post-trattamento. In conclusione il successo dipende sì dal trattamento, ma ancor di più dalla diagnosi5.

Il fatto che il morso aperto non sia dovuto solo a un problema di direzionalità di crescita ma vi sia l’intervento anche di fattori funzionali è dimostrato dalla stabilità incerta dopo trattamenti ortodontico-chirurgici a fine crescita. La chiusura dell’open bite al termine di un trattamento ortodontico-ortopedico è stata calcolata da Remmers e collaboratori in base alla propria casistica clinica pari a circa il 71%, ma al termine della contenzione si ritrova la presenza dell’open nel 44% dei pazienti6. Per quanto riguarda il tipo di terapia ortopedica, Lentini-Oliveira et al, attraverso una revisione di studi randomizzati, hanno messo a confronto pazienti trattati con Frankel IV, rieducatori linguali, mentoniere e bite-block, con soggetti non trattati.  È stato dimostrato che tutte le terapie permettevano la chiusura dell’open, mai verificatasi spontaneamente nel gruppo non trattato, ma gli Autori si mantengono comunque cauti in quanto il vero problema dell’open è la stabilità, che non è stata controllata in questo studio7. A fine crescita il trattamento ortodontico che dà i migliori risultati è quello estrattivo (Janson, Valarelli, Beltrão, de Freitas, Henriques)8. Nonostante tutti siano concordi nelle difficoltà di trattamento degli openbite e della multifattorialità eziologica, solo pochi studi indicano un trattamento che coinvolga tra loro più specialisti. Marciel e Leite riscontrano una stretta correlazione tra openbite anteriore, abitudini orali viziate e disfunzioni miofacciali e pertanto consigliano una terapia che dovrà coinvolgere riabilitazione del linguaggio, terapia miofunzionale orale e ortodonzia9.

Per le molteplici difficoltà di stabilità, Ngan e Fields consigliano una correzione precoce degli open, dopo un’accurata diagnosi, da protrarre a lungo nel tempo.

In base alla diagnosi, la terapia può andare dal semplice controllo delle abitudini a un complesso intervento chirurgico10.

Lanteri C. e Lanteri V. ritengono che una deglutizione dalle caratteristiche di normalità faciliti in modo significativo sia la terapia ortodontica attiva sia la conservazione dei risultati nel tempo.

Allo stesso modo però, se le malocclusioni sono clinicamente evidenti la terapia deve essere inizialmente ortodontica per restituire alla bocca caratteristiche morfologiche appropriate che rendano più efficace la successiva riabilitazione delle funzioni che vi si svolgono (masticazione, deglutizione, fonazione) e più stabili nel tempo i risultati conseguiti.

Concludono considerando che le probabilità di successo sono strettamente correlate a una diagnosi interdisciplinare e a un piano di trattamento accurati, all’età del paziente e alla sua capacità di collaborare in modo costruttivo e continuativo, alle motivazioni psicologiche delle famiglie e alla conoscenza delle tecniche operative11-13.

Discussione 

Dall’analisi della letteratura emerge che la collaborazione tra i diversi specialisti nella correzione delle dislalie associate a disgnazie può essere indispensabile, importante o solo utile a seconda del caso in esame, dell’età del paziente e della possibilità o meno di condurre un trattamento simultaneo.  In taluni casi, nonostante il miglior trattamento ortodontico possibile, si rende poi necessario un intervento logopedico.

In altri casi è possibile ottenere una totale correzione della parola senza altra risorsa che gli esercizi di ginnastica ortofonica. Per altri casi, infine, come le malocclusioni anteriori dovute al prolungarsi del succhiamento del dito, bisognerà avvalersi dell’aiuto di uno psichiatra infantile. Chirurgia, ortognatodonzia e odontostomatologia sono considerate a ragione, fino ad oggi, le basi per la riabilitazione; occorre però sottolineare che la riabilitazione così eseguita in assenza di terapia foniatra pone il paziente in condizioni tali da non ottenere il massimo recupero possibile e alcune volte può recidivare la disgnazia.

Conclusioni

Alla luce della revisione della letteratura effettuata, è possibile concludere che al fine di garantire ai pazienti un risultato terapeutico rapido e stabile diventa inderogabile una collaborazione tra foniatri, ortognatodontisti
e logopedisti. L’ortodontista in particolare dovrà essere in grado di intercettare nei propri pazienti le problematiche di pertinenza foniatrica e ricorrere al contributo diagnostico e terapeutico degli altri specialisti.

Corrispondenza
Giampietro Farronato
Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche
IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico
Direttore: Prof. F. Santoro
Scuola di specializzazione in ortognatodonzia
Direttore: Prof. G. Farronato
Via Commenda 10 – 20122 Milano
Tel. 02.50320240
giampietro.farronato@unimi.it

Bibliografia

1. Proffit WR. Myofunctional terapy for tounguethrusting: background and recommendation. J Am Ass 1975:90-403.

2. Proffit WK, Norton LA. The tongue and oral morphology: influences of tongue activity during speech and swallowing. Speech and dentofacial complex. The state of art 1970,5:106.

3. Subtenly JD, Sakuda M. Open bite: diagnosis and treatment. Am J Orthod 1964;50:337-58.

4. Levrini A. Deglutizione atipica e mioterapia funzionale. Mond Ortod 1977;3:1-25.

5. Ng CS, Wong WK, Hagg U. Orthodontic treatment of anterior openbite. Int J Paediatric Dent 2008 Mar; 18(2):78-83.

6. Remmers D, Ven’t Hullenaar RW, Bronkhorst EM, Bergè SJ, Katsaros C. Treatment result and long term stability of anterior open bite malocclusion. Orthod Craniofac Res 2008 Feb; 11(1):32-42.

7. Lentini-Oliviera D, Carvalho FR, Quing Song Y, Junjie L, Saconato H, Machado MA, Prado LB, Prado GF. Orthodontic and orthopaedic treatment of anterior openbite in children. Evid Based Dent 2007; 8(3):83.

8. Janson G, Valerelli FP, Beltrao RT, De Freitas MR, Henriques JF. Stability of anterior open-bite extraction and nonextraction treatment in the permanent dentition. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2006 Jun;129(6):768-74.

9. Marciel CT, Leite IC. Etiological aspect of anterior openbite and its implications to the oral functions. Pro Fono 2005 Apr-Dec; 17(3):293-302.

10. Ngan P, Fields HW. Open bite: a review of etiology and management. Pediatr Dent 1997 Mar-Apr;19(2):91-8.

11. Lanteri C, Cortona PL, Ronchini M, Patrucco R. Rapporti tra anomalie della deglutizione e malocclusioni. Riv Ital Odont Inf 1992;3:29-38.

12. Lanteri C, Ronchini M, Cortona PL, Zerbini A. Dislalie e dimorfismi oro-facciali. Min Odont 1990;2:87-95.

13. Farronato GP, Tolardo G, Santoni F, Calderini A. Metodologia di approccio foniatrico al paziente disgnatico. Oris Medicina 1988;1/2 (2):31-35.

Impostazione terapeutica in soggetti disgnatici e dislalici - Ultima modifica: 2011-12-01T17:13:03+00:00 da adelecaracausi

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