Trattamento post-endodontico con cemento resina composito e perno in fibra

1. Confronto tra perno moncone fuso e build-up con perno in fibra. 1. Concentrazione delle sollecitazioni sulla punta del perno fuso. 2. Preparazione più aggressiva per nascondere il perno moncone antiestetico. 3. Forma biologica del canale radicolare attorno alla punta del perno in fibra. 4. Potenziale di riempimento dei sottosquadri con resina composita a doppia polimerizzazione.

Lobiettivo di conservare denti non vitali a scopi funzionali è una sfida sin da quando l’odontoiatria è stata riconosciuta come disciplina medica. Con l’avvento della moderna endodonzia, durante la seconda metà del XX secolo, l’introduzione di nuovi strumenti, nuove tecniche e una migliore conoscenza della biologia abbiamo dovuto concentrarci sulla fase successiva, ovvero su come conservare denti non vitali nella funzione occlusale il più a lungo possibile senza danneggiarli ulteriormente con la procedura post-endodontica stessa.

Questo compito risulta spesso complesso per il clinico, soprattutto nel settore anteriore, dove durante la masticazione viene applicata prevalentemente una forza non assiale e i traumi si verificano più frequentemente1. In passato, nei casi in cui l’effetto ferula della corona era stato compromesso l’unico strumento del dentista per ottenere la ritenzione nel canale radicolare era quello di inserire perni moncone fusi su misura o di utilizzare perni a vite autoritentivi inseriti a cuneo nello spazio radicolare. Sul mercato erano (e in parte lo sono ancora) disponibili varie tipologie di perni prefabbricati adatti a questo scopo. Tuttavia, è stato ampiamente dimostrato quanto questi perni, soprattutto i più rigidi, possano essere distruttivi2-8. Sono stati identificati vari fattori in grado di aumentare la possibilità di fallimento correlata a questi perni aggressivi: pressione attiva applicata sulla parete interna del canale, sovrapreparazione della parete che indebolisce la dentina e proprietà di flessione (rigidità) del perno in caso di trauma al dente ricostruito. Inutile dire che la procedura di fusione in 3 fasi è anche abbastanza laboriosa e quindi costosa considerando il valore attribuito al tempo.

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La soluzione sembra essere offerta da una caratteristica vantaggiosa sfruttata dalle procedure moderne: l’adesione dentinale. Anziché inserire nello spazio radicolare un elemento grande, rigido e non adesivo si possono utilizzare le pareti interne del canale radicolare come superficie di ritenzione aggiuntiva. Per creare maggiore ritenzione, non è più necessario invadere il terzo apicale del canale radicolare (Figura 1).

1. Confronto tra perno moncone fuso e build-up con perno in fibra. 1. Concentrazione delle sollecitazioni sulla punta del perno fuso. 2. Preparazione più aggressiva per nascondere il perno moncone antiestetico. 3. Forma biologica del canale radicolare attorno alla punta del perno in fibra. 4. Potenziale di riempimento dei sottosquadri con resina composita a doppia polimerizzazione.
1. Confronto tra perno moncone fuso e build-up con perno in fibra. 1. Concentrazione delle sollecitazioni sulla punta del perno fuso. 2. Preparazione più aggressiva per nascondere il perno moncone antiestetico. 3. Forma biologica del canale radicolare attorno alla punta del perno in fibra. 4. Potenziale di riempimento dei sottosquadri con resina composita a doppia polimerizzazione.

L’intera procedura, associata ai nuovi mezzi di restauro coronale, rappresenta un enorme cambio di paradigma9, una rivoluzione che consente di eseguire il trattamento in una singola sessione con una discreta stabilità e affidabilità.

Analisi

La complessità e varietà dei casi di ricostruzione post-endodontica dei denti rendono praticamente impossibile un’adeguata simulazione clinica del problema10-12. Molti degli studi attualmente disponibili mostrano un certo grado di carenza clinica che influenza in modo determinante il risultato ottenuto13.

Per descrivere con precisione la procedura attuale è necessario comprendere il perché di ogni singola scelta e definire la qualità di ciascuno degli elementi che costituiscono l’intera procedura.

Nel presente articolo vengono discussi i seguenti fattori coinvolti:

  • dentina;
  • adesione dentina/cemento;
  • cemento resina;
  • perno in fibra;
  • adesione cemento/perno;
  • sovrastruttura (corona).

Dentina

La dentina è la struttura tubulare che costituisce la maggior parte del volume del dente. La dentina umana è composta in media dal 70% di materiale inorganico, 18% di materiale organico e 12% di acqua. Grazie alle sue proprietà fisiche è considerata la sostanza più preziosa per la resistenza alla fatica a lungo termine del dente9,14. Alcuni studi riferiscono la riduzione della resistenza alle forze di taglio e della durezza nei denti trattati endodonticamente15-18.

2. Corretta conservazione dei tessuti con l’utilizzo di un perno in fibra (sinistra) e inutile eliminazione di tessuti nella stessa situazione (destra).
2. Corretta conservazione dei tessuti con l’utilizzo di un perno in fibra (sinistra) e inutile eliminazione di tessuti nella stessa situazione (destra).

Qualsiasi rimozione della dentina produce l’indebolimento del dente e aumenta le probabilità di frattura da fatica. Oggi, grazie alla moderna tecnologia non è più necessario sacrificare la dentina per sostituirla con materiale da ricostruzione (Figura 2). Poiché il rispetto dei principi della mininvasività viene sempre più presentato come un imperativo dell’odontoiatria moderna, è logico ritenere controindicata la rimozione di dentina sana per inserire un grosso perno in fibra. In passato, quando di norma si utilizzavano lime manuali in acciaio inossidabile per il trattamento canalare, era impossibile inserire perno e moncone nello spazio radicolare senza una pre-fresatura. Tuttavia, la pre-fresatura creava in genere una sede corrispondente al design specifico del perno anche se applicata correttamente a una radice diritta. Attorno a questa sede, con all’interno un perno metallico, si concentravano tutte le sollecitazioni rendendo più probabile un ulteriore danno irreparabile19. Inoltre era facile commettere errori procedurali quando la fresa veniva utilizzata in una radice curva creando un percorso di preparazione errato.

Con l’avvento delle lime rotanti NiTi sono stati introdotti design più rastremati delle lime nella maggior parte dei sistemi, il che consente di realizzare preparazioni coronali leggermente più grandi. Tale preparazione consente un migliore risciacquo dei canali radicolari e un maggiore adattamento della guttaperca durante la termocondensazione. Questa forma può essere utilizzata con successo anche per l’inserimento dei perni in fibra durante il restauro post-endodontico senza ulteriore riduzione della dentina, lasciando la parete interna del canale radicolare levigata, priva di gradini e di irregolarità che concentrano le sollecitazioni.

Esiste una differenza ben documentata tra la dentina adiacente alla polpa e quella vicina alla giunzione dentina-smalto. Tuttavia l’evidenza di una differenza strutturale tra la dentina coronale e quella radicolare si limita a un modesto aumento del numero di tubuli dentinali in direzione apico-coronale20. Gli studi sulla forza di legame alla dentina radicolare nella porzione coronale rispetto a quella apicale non hanno dato risultati concordi; vari paper descrivono un legame migliore alle porzioni coronali. Il fenomeno potrebbe essere spiegato con la relativa difficoltà a detergere e rimuovere adeguatamente lo spesso strato di fango dentinale (smear layer) nelle porzioni più profonde della radice, con la conseguente compromissione della forza di legame. Tuttavia la rimozione dello strato di fango dentinale all’interno dello spazio radicolare è raccomandata anche ai fini dell’eliminazione dell’infezione endodontica dai tubuli dentinali. A questo scopo è in genere consigliato l’impiego di EDTA.

Le soluzioni utilizzate come risciacqui endodontici, soprattutto l’ipocloruro di sodio, compromettono la forza di legame di tutti gli adesivi dentali, indipendentemente dal tipo di sistema adesivo utilizzato, “etch and rinse” o automordenzante. Prima di qualsiasi procedura adesiva è necessario rimuovere lo strato superficiale di fango dentinale; tale operazione può essere effettuata meccanicamente, con una fresa a palla, o mediante abrasione ad aria21. È necessario tuttavia tenere presente che la superficie radicolare è più difficilmente attaccabile dalle particelle abrasive veicolate dal getto d’aria.

Conseguenze cliniche
È opportuno evitare l’accorciamento della corona clinica prima della terapia endodontica in vista della ricostruzione post-endodontica adesiva. Il substrato dentinale per l’adesione viene manipolato con grande cautela per evitare l’inutile rimozione di tessuto sano. Per raggiungere questo obiettivo è molto utile il microscopio chirurgico. Per migliori risultati di adesione si consiglia di rimuovere il sottile strato superficiale di dentina.

Adesione dentina/cemento resina

Per una distribuzione uniforme dello stress è necessaria l’adesione di tutti i componenti (dentina/cemento/perno/corona). Secondo molte fonti, la giunzione adesiva tra dentina e cemento sembra essere la più esposta al fallimento, se non sufficientemente protetta da una ferula adeguata22,23.  In genere sono previste due strategie per ottenere il legame dentina-cemento resina. La tecnica “etch and rinse” rimuove lo strato di fango dentinale e demineralizza la dentina per azione dell’acido fosforico, lasciando esposta la fitta rete interconnessa di fibre collagene in cui penetrano primer e adesivo formando il composito polimero-collagene chiamato strato ibrido; la tecnica automordenzante, invece, combina le procedure di mordenzatura e adesione in una singola fase, eliminando il lavaggio dello strato di fango dentinale e di idrossiapatite demineralizzata e producendo lo strato ibrido da sostanze acide ad azione autolimitante. In passato gli adesivi automordenzanti presentavano molti svantaggi24, mentre l’ultima generazione di questi prodotti mostra risultati promettenti25.

Come precedentemente accennato, alcuni studi dimostrano una progressiva riduzione della forza di legame in direzione corono-apicale all’interno dello spazio radicolare, mentre altri non confermano questi risultati. L’assenza di accordo tra i ricercatori potrebbe essere dovuta alla difficoltà di ottenere lo stesso livello di qualità dell’adesione lungo la superficie del canale radicolare, soprattutto quando lo spazio disponibile è molto limitato26. Tuttavia quasi tutti gli studi indicano una minore forza di legame per la dentina intraradicolare rispetto alla dentina coronale. Chiaramente la procedura rappresenta una sfida clinica e richiede grande attenzione e cautela27. Saranno necessari ulteriori studi per stabilire se sia più favorevole rimanere all’interno del terzo coronale della radice e acquisire un migliore controllo sull’adesione o cercare di ottenere l’adesione più in profondità all’interno della radice con risultati meno prevedibili28,29.

3. In presenza di maggiore perdita di tessuto della corona clinica, il perno in fibra deve essere inserito più profondamente nel canale radicolare per ottenere maggiore superficie di adesione.
3. In presenza di maggiore perdita di tessuto della corona clinica, il perno in fibra deve essere inserito più profondamente nel canale radicolare per ottenere maggiore superficie di adesione.

Conseguenze cliniche
Gli adesivi fotopolimerizzabili “etch and rinse” in tre fasi sono tuttora considerati l’opzione migliore disponibile per l’adesione dentinale; di conseguenza è sempre opportuno privilegiare la fotopolimerizzazione quando possibile30. Qualora la profondità della sede destinata al futuro perno supera gli 8 mm, l’uso di un catalizzatore può migliorare la polimerizzazione dello strato ibrido (Figura 3). Il tempo di mordenzatura può essere esteso a 30 secondi per rimuovere gli strati di fango dentinale più spessi. Il tempo di fotopolimerizzazione può essere esteso a 60 secondi.

Cemento resina

Il cemento resina è un materiale con composizione simile a quella della resina composita per otturazioni, ma con un contenuto di riempitivo inferiore, in genere con un volume ben al di sotto del 50%. Attualmente, tuttavia, si trovano in commercio cementi con un volume di riempitivo molto prossimo al 50%, valore considerato da molti autori come lo spartiacque tra cementi e compositi per otturazioni. Le proprietà fisiche dei prodotti con contenuto di riempitivo più elevato sono più simili a quelle della resina composita per otturazioni, eccetto che per la consistenza precedente alla presa (meno viscosa) e per l’usura (molto più elevata che nelle resine per otturazioni). Il cemento resina è stato sviluppato per essere utilizzato come materiale adesivo per i restauri protesici e, in quanto tale, in genere è autopolimerizzante o a doppia polimerizzazione. Il cemento resina presenta la stessa adesione allo strato ibrido delle resine per otturazioni. Il tempo di autopolimerizzazione varia da 3 a 5 minuti, il che concede all’operatore almeno 60 secondi di tempo per inserire uno o più perni. Dal momento che il cemento resina ha un contenuto maggiore di riempitivo, la sollecitazione creata dalla contrazione di polimerizzazione all’interno della cavità con elevato fattore C può diventare un problema (Figure 4 e 5).

4-5. Situazione con cavità del canale radicolare dell’incisivo centrale sovraestesa. Si consiglia l’uso di più perni in fibra per compensare la contrazione della resina.
4-5. Situazione con cavità del canale radicolare dell’incisivo centrale sovraestesa. Si consiglia l’uso di più perni in fibra per compensare la contrazione della resina.
4-5. Situazione con cavità del canale radicolare dell’incisivo centrale sovraestesa. Si consiglia l’uso di più perni in fibra per compensare la contrazione della resina.
4-5. Situazione con cavità del canale radicolare dell’incisivo centrale sovraestesa. Si consiglia l’uso di più perni in fibra per compensare la contrazione della resina.

Mentre nella maggior parte degli studi vengono messe a confronto autopolimerizzazione, doppia polimerizzazione o fotopolimerizzazione, esistono informazioni limitate sull’opportunità di consentire la presa del materiale mediante reazioni chimiche prima della fotopolimerizzazione in caso di doppia polimerizzazione. Una lenta autopolimerizzazione prima della fotopolimerizzazione dovrebbe ridurre lo stress da contrazione e migliorare la struttura interna mediante il flusso di materiale prima della fase di gelificazione, evitando la formazione di incrinature superficiali attorno al build-up. Quest’ipotesi deve ancora essere confermata31.

Il maggiore problema legato al cemento resina a doppia polimerizzazione è l’intrappolamento di aria. Il contenuto di ossigeno delle bolle d’aria inibisce infatti la polimerizzazione della resina compromettendo le qualità fisiche del materiale.

Nella ricerca della migliore soluzione possibile in termini di adesione e resistenza, il cemento resina rappresenta un’opzione superiore ai cosiddetti “cementi adesivi” che in genere sono composti da cemento vetroionomerico modificato con resina. Non richiede infatti alcun pre-trattamento adesivo della superficie dentinale oltre alla detersione, benché alcuni paper suggeriscano che il condizionamento con acido alchenoico migliori l’adesione del cemento anche sulla dentina intraradicolare. Per quanto riguarda la resistenza alla compressione, non esistono grandi differenze tra cemento resina e cemento vetroionomerico modificato con resina.

Lo spessore ottimale del cemento è stato stabilito attorno ai 200 µm. Spesso questo fattore che richiede una differenza di dimensioni tra fresa preliminare e perno non viene considerato; sarebbe opportuno utilizzare una fresa preliminare di misura superiore al perno anziché una fresa di dimensioni corrispondenti32.

L’uso di cementi a doppia polimerizzazione apre anche una discussione sul grado di conversione. La ricerca disponibile supporta l’impiego di perni più corti per consentire una maggiore fotopolimerizzazione33.

Conseguenze cliniche
Se la scelta del materiale adesivo per il perno in fibra si basa esclusivamente sulle migliori proprietà fisiche e di ritenzione possibili, il cemento resina con contenuto elevato di riempitivo è l’opzione corretta. D’altro canto, quando la situazione non richiede la massima forza di legame possibile e il perno funge più o meno da riempitivo pre-polimerizzato, l’uso di cementi autoadesivi è un’opzione molto più semplice. Una volta applicato il cemento resina e inserito il perno, è consigliabile polimerizzare il cemento chimicamente per 3-4 minuti prima della fotopolimerizzazione.

Perno in fibra

La ragione per cui i perni in fibra sono considerati superiori rispetto ai perni in titanio o in altri materiali isotropi utilizzati in passato non è legata unicamente al fattore estetico, ma anche alle proprietà fisiche, come il modulo di elasticità molto più simile a quello della dentina naturale34,35. In caso di una potenziale situazione di fallimento, questi perni creano minore stress sui tessuti. La forza di compressione si traduce più spesso nel distacco del perno e in fratture favorevoli alla conservazione della radice rispetto a perni isotropi più rigidi. Questo meccanismo di autoprotezione, soprattutto quando vengono utilizzati perni più corti, è considerato un vantaggio dei perni in fibra e quindi non deve essere sottovalutato29.

Durante l’ultimo decennio abbiamo assistito a una straordinaria evoluzione dei perni in fibra prefabbricati. Dieci anni fa le informazioni sul loro comportamento erano estremamente limitate e molti prodotti commercializzati non superavano neppure un semplice test di resistenza alla fatica36,37. Oggi sono disponibili molti prodotti in grado di sopportare con successo 2 milioni di cicli38. Le fibre più utilizzate sono il vetro e il quarzo. La matrice è generalmente costituita da resina epossidica, UDMA o altri acrilati. Per distribuire uniformemente la forza all’interno della radice, la forma e le dimensioni del perno devono corrispondere il più possibile allo spazio radicolare, quindi il design prefabbricato più usato è quello conico o a doppia conicità, con sezione cervicale rigida e punta relativamente flessibile39. Per quanto riguarda il diametro, la densità e la distribuzione delle fibre all’interno del perno, alcune questioni rimangono aperte. È necessario trovare un equilibrio tra rigidità, resilienza, flessibilità e resistenza. È chiaro tuttavia che una migliore integrità interna (minore porosità) aumenta la resistenza alla fatica. Per la valutazione della rilevanza clinica è necessario prendere in considerazione più fattori, soprattutto l’adattamento alla radice e il metodo di adesione che deve distribuire le sollecitazioni in modo più uniforme. Diversi studi hanno dimostrato che i perni in fibra realizzati su misura risultano inizialmente più resistenti alla frattura rispetto ai perni prefabbricati, ma questo vantaggio non è stato dimostrato su provini invecchiati40,41. Inoltre, il processo clinico è abbastanza complesso e potrebbe non dare i risultati clinici previsti a causa di prevedibili errori procedurali e difetti interni.

Conseguenze cliniche
Al momento di scegliere il perno prefabbricato da utilizzare è necessario disporre di informazioni aggiornate sulle sue proprietà fisiche. Alcuni prodotti presentano una qualità decisamente inferiore a quella desiderata. Probabilmente in futuro assisteremo a un ulteriore miglioramento delle proprietà fisiche dei perni e del processo di adesione.

Adesione cemento/perno

Dal momento che i perni in fibra sono costituiti da vetro o quarzo e da diverse resine per la matrice, il protocollo adesivo raccomandato per il loro utilizzo prevede alcune procedure di ampliamento della superficie (sabbiatura, mordenzatura con acido idrofluoridrico) e silanizzazione del vetro prima dell’applicazione dell’adesivo42,43. Si tratta di una procedura relativamente complicata da eseguire alla poltrona, ma essenziale per ottenere la massima adesione/prestazione. Come già detto, il risultato clinico non dipende unicamente dalla dentina, dal cemento e dal perno ma anche dall’interazione di tutti questi componenti. Una distribuzione non uniforme dell’adesione può influenzare le prestazioni complessive del sistema44,45. Esiste perlomeno un prodotto sul mercato con una superficie adesiva preparata industrialmente che viene attivata con l’immersione nel cemento resina a doppia polimerizzazione46. Non si tratta di una procedura migliore di quella precedentemente descritta in condizioni di laboratorio, ma piuttosto utile e meno dispendiosa in termini di tempo nella pratica clinica giornaliera.

Conseguenze cliniche
Per ottenere il massimo della qualità con una procedura semplice, nella maggioranza dei nostri casi abbiamo adottato perni in fibra di quarzo con strato adesivo realizzato industrialmente. Solo nei casi con abbondante tessuto residuo, in cui la ritenzione del perno non è di importanza critica, abbiamo utilizzato perni e cementi di tipo più economico.

Sovrastruttura (corona)

La corona, indipendentemente dal materiale di realizzazione, deve riprodurre la forma e la funzione ottimizzata del dente originale, fungere da barriera aggiuntiva per prevenire una nuova infezione dello spazio radicolare e aumentare, o perlomeno non indebolire, la resistenza del tessuto dentale residuo.

I requisiti della preparazione per la corona sono gli stessi della conservazione del tessuto nella terapia endodontica. Qualsiasi riduzione del tessuto deve essere eseguita con grande cautela perché, nonostante il vantaggio rappresentato dal potenziale adesivo della corona, la qualità dell’adesione sullo smalto conservato è superiore alla qualità dell’adesione sulla dentina. I fattori più importanti nel design della corona sono la forma e la quantità della ferula. I principi del design della corona sono stati descritti dettagliatamente e sotto questo aspetto è importante la preparazione circonferenziale, con pareti quasi parallele.

Tuttavia la quantità di tessuto di supporto verticale e orizzontale della corona a livello cervicale (ferula) è ritenuta fondamentale per una prognosi favorevole. È stato riportato che la presenza di una ferula coronale di 1 mm raddoppia la prognosi rispetto alle situazioni in cui la ferula è mancante e l’unico supporto ritentivo per la corona è rappresentato dal build-up fissato nel canale radicolare. La dimensione ottimale per la ferula è di 2-3 mm verticalmente e di almeno 1 mm orizzontalmente47,48. Quando non è possibile ottenere una ferula simile, è necessario considerare l’allungamento chirurgico della corona o l’estrusione ortodontica49 (Figure 6 e 7).

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6-7. Situazione estrema di utilizzo di perno in fibra sul dente 21 e confronto con la situazione regolare sul dente 11. Foto clinica di una radiografia intraorale a distanza di 5 anni dall’intervento. L’allungamento della corona clinica unilateralmente avrebbe prodotto un risultato antiestetico (corone realizzate da MUDr. Radek Mounajjed, DDS. PhD. e dagli odontotecnici della DCM).
6-7. Situazione estrema di utilizzo di perno in fibra sul dente 21 e confronto con la situazione regolare sul dente 11. Foto clinica di una radiografia intraorale a distanza di 5 anni dall’intervento. L’allungamento della corona clinica unilateralmente avrebbe prodotto un risultato antiestetico (corone realizzate da MUDr. Radek Mounajjed, DDS. PhD. e dagli odontotecnici della DCM).

Conseguenze cliniche
Quando la preparazione della corona viene fatta a partire da una ferula di 2 mm o più, spesso non è necessario utilizzare un perno nei molari e tantomeno nei premolari. Tuttavia, in situazioni con qualità della preparazione non nota (specialmente nei casi endodontici inviati) è consigliabile utilizzare perni per una ritenzione più sicura.

Procedura clinica

1. Isolamento

Il build-up realizzato adesivamente richiede un controllo assoluto sull’umidità. Spesso è indispensabile un’estrema abilità nell’uso della diga in gomma per evitare infiltrazioni di saliva poiché il margine della cavità è molto vicino al foglio della diga in gomma. È consigliabile utilizzare fascette molto strette e stabili e fogli di diga in lattice possibilmente più spessi. Talvolta sono necessarie ulteriori misure di fissaggio. L’intervallo tra l’applicazione del cemento e la presa è di alcuni minuti. Qualsiasi infiltrazione può essere pericolosa per l’adesione e lo scenario peggiore è quello di una fascetta allentata che interferisce con il cemento semi-polimerizzato in cui è inserito il perno.

Naturalmente anche la terapia endodontica impone requisiti simili, quindi in casi con difetti sottogengivali è previsto l’allungamento chirurgico della corona senza ulteriore trattamento (Figura 8).

8. Isolamento. Rimozione del vecchio perno moncone.
8. Isolamento. Rimozione del vecchio perno moncone.

2. Rimozione della carie

Prima di qualsiasi ulteriore trattamento è necessario rimuovere la carie per verificare la restaurabilità del dente. In presenza di precedenti perni rigidi, controllare l’eventuale formazione di cricche con il microscopio chirurgico (Figura 9).

9. Rimozione della carie.
9. Rimozione della carie.

3. Otturazione del canale radicolare

Per poter inserire un perno è necessario che l’otturazione del canale radicolare sia sufficientemente profonda, con la superficie della guttaperca piatta e perpendicolare alle pareti radicolari. Si raccomanda di prevedere 8 mm di adesione alle pareti cavitarie.

4. Pulizia della cavità

In situazioni con sottosquadri naturali (alette) sulle pareti radicolari, è necessario controllare la presenza di guttaperca al loro interno, per evitare di ridurre la forza di ritenzione. Occorre inoltre eliminare dalle pareti del canale radicolare eventuali residui di sigillante; se già indurito, il prodotto viene rimosso durante la fase successiva di asportazione superficiale della dentina, in caso contrario sarà necessario asportarlo accuratamente. Nel nostro studio utilizziamo AH Plus con proprietà autoadesive e difficile da rimuovere. L’associazione di ultrasuoni (punte parodontali smusse regular) e abbondante irrigazione con acqua e microspazzolino in genere è sufficiente, ma richiede un po’ di sforzo.

5. Asportazione superficiale della dentina

Poiché la dentina viene ammorbidita dagli irriganti endodontici e potrebbe contenere una maggiore quantità di ossigeno per l’interazione del NaClO con sostanze organiche, è necessario ottenere dentina appena tagliata con un’azione di spazzolamento leggero effettuata con una fresa a palla di dimensioni e lunghezza adeguate. Impiegare una velocità di 2000-3000 giri/minuto, tocco leggero senza raffreddamento ad acqua (Figure 10 e 11). La fresa preliminare più grande di una misura rispetto al perno in fibra utilizzato deve essere manipolata in modo simile alla fresa a palla nel passaggio precedente. Non è indicato utilizzare la fresa preliminare come strumento per l’allargamento del canale radicolare. Basso numero di giri al minuto, nessuna applicazione di leva, né pressione.
I trucioli di dentina devono essere completamente rimossi. L’opzione migliore è una punta a ultrasuoni smussa con irrigazione intensiva.

10. Asportazione superficiale della dentina una volta completato il nuovo trattamento del canale radicolare.
10. Asportazione superficiale della dentina una volta completato il nuovo trattamento del canale radicolare.
11. Situazione finale del substrato dentinale dopo la detersione.
11. Situazione finale del substrato dentinale dopo la detersione.

6. Processo adesivo

Il gel di acido fosforico al 37% viene applicato in tutta la cavità e lasciato agire per 30 secondi, quindi sciacquato mediante un getto continuo di acqua con una siringa 3-in-1 per altri 30 secondi. Quando il canale radicolare è stretto e profondo è necessario anche uno strumento di erogazione più sottile. Tutti i residui di mordenzante e l’idrossiapatite dissolta devono essere rimossi. L’eccesso di acqua può essere eliminato mediante una punta di aspirazione e tamponando le cavità più sottili con punte di carta.

Quindi il primer viene applicato abbondantemente con un microspazzolino o uno spazzolino stretto a setole lunghe. L’eccesso viene rimosso mediante una punta di aspirazione e asciugato all’aria. Attenzione alle goccioline d’acqua che fuoriescono dalla siringa 3-in-1 e che potrebbero asportare il primer. L’adesivo viene quindi applicato con lo stesso microspazzolino, lasciato penetrare per 20 secondi e fatto asciugare all’aria. Tamponare con punte di carta se necessario. La polimerizzazione deve durare almeno 60 secondi per ottenere un’intensità della luce sufficiente alla base del canale radicolare (Figura 12).

12. Strato adesivo. Viene utilizzato un sistema total-etch di IV generazione (Optibond FL, Kerr Corporation, Orange, CA, USA). Si noti il filo di retrazione per garantire un campo asciutto (Ultrapak #3, Ultradent, South Jordan, UT, USA).
12. Strato adesivo. Viene utilizzato un sistema total-etch di IV generazione (Optibond FL, Kerr Corporation, Orange, CA, USA). Si noti il filo di retrazione per garantire un campo asciutto (Ultrapak #3, Ultradent, South Jordan, UT, USA).

7. Applicazione del cemento resina

L’applicazione del cemento a doppia polimerizzazione senza strumenti appropriati comporta un rischio piuttosto elevato di intrappolamento di bolle d’aria. L’opzione migliore prevede l’utilizzo di una cannula metallica in un applicatore per carpule. Il cemento viene applicato dal basso verso l’alto sotto controllo visivo (luce gialla filtrata) per individuare e rimuovere immediatamente eventuali bolle d’aria. È necessario prestare particolare attenzione ai sottosquadri, più soggetti all’intrappolamento di aria. Dopo l’applicazione del cemento è disponibile un tempo limitato per l’inserimento del perno, a seconda del cemento utilizzato. Personalmente preferisco i cementi a doppia polimerizzazione con tempi di manipolazione/presa più lunghi.

8. Inserimento del perno in fibra

L’inserimento del perno in fibra è una procedura semplice in caso di radice singola/perno singolo. Quando i perni sono più di uno, e soprattutto in caso di misure diverse, esiste il rischio di posizionamento errato. È importante evitare di muoverli troppo all’interno del cemento per non intrappolare aria. Prima di inserire più perni occorre pianificarne la posizione per evitare che vengano a contatto all’interno della cavità pulpare. In questi casi è necessario stabilire un ordine di inserimento o accorciare uno dei perni. Personalmente preferisco evitare l’accorciamento dei perni prima dell’inserimento perché ritengo vantaggioso, se possibile, mantenere la lunghezza originale: in questo modo sono più semplici da manipolare, si conserva fino all’ultimo la fascetta con il codice cromatico e si evita di disturbare lo strato adesivo.

13. Applicazione della resina composita a doppia polimerizzazione (EnaCem HF, Micerium SpA, Avegno, GE, Italia) e inserimento del perno in fibra (DT Light SL, VDW GmbH, Postfach, Germania).
13. Applicazione della resina composita a doppia polimerizzazione (EnaCem HF, Micerium SpA, Avegno, GE, Italia) e inserimento del perno in fibra (DT Light SL, VDW GmbH, Postfach, Germania).

Il perno deve essere inserito passivamente, senza forzare ed evitando la produzione di sollecitazioni permanenti sulla parete della cavità. Una volta inserito il perno (o i perni) è possibile aggiungere altro cemento a doppia polimerizzazione negli interstizi attorno ai perni e tra i perni e le pareti della cavità (Figura 13). Lasciare che il cemento autopolimerizzi (in genere sono necessari 3-4 minuti), dopodiché fotopolimerizzare per 20 secondi su ogni lato. Tagliare il/i perno/i con un manipolo ad alta velocità e una fresa diamantata fine con raffreddamento solo ad aria.

Quando è necessaria una massa di build-up maggiore, rimuovere i frammenti di composito con resina liquida senza riempitivi e aggiungere un composito in resina ibrida fotopolimerizzante per otturazioni fino a ottenere la forma desiderata, se necessario con una tecnica di stratificazione (Figura 14).

14. Resina composita ibrida aggiunta fino a ottenere la forma desiderata (Enamel HRi, Micerium SpA, Avegno, GE, Italia).
14. Resina composita ibrida aggiunta fino a ottenere la forma desiderata (Enamel HRi, Micerium SpA, Avegno, GE, Italia).

9. Polimerizzazione finale

La forma finale del build-up può essere coperta con gel di glicerina e fotopolimerizzata per altri 40-60 secondi, in base alle dimensioni del build-up (Figure 15-17). Si raccomanda di completare il trattamento con la corona entro qualche settimana o di coprire la punta del perno con una corona temporanea o con un pezzetto di flow per evitare infiltrazioni lungo le fibre.

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15-16. Situazione finale subito dopo il trattamento.
15-16. Situazione finale subito dopo il trattamento.
17. Radiografia intraorale subito dopo il trattamento.
17. Radiografia intraorale subito dopo il trattamento.

Conclusioni

I progressi nella tecnologia dei perni in fibra, nelle resine composite e nella strategia adesiva consentono al clinico di utilizzare un approccio più conservativo e di garantire prognosi a lungo termine con minori rischi per il tessuto radicolare in caso di sollecitazioni o traumi successivi. Al tempo stesso, molte delle situazioni cliniche possono essere risolte con mezzi diversi da perno in fibra e corona. Nel caso in cui sia disponibile maggior tessuto coronale residuo è possibile optare per otturazione adesiva diretta, overlay o “endo-crown”50,51. Le conoscenze sull’uso dei perni in fibra e delle strategie adesive si evolvono rapidamente e sfidano i clinici a tenersi sempre aggiornati e informati per offrire il meglio ai propri pazienti. Tuttavia non sono ancora stati definiti gli standard e restano da chiarire molti aspetti del comportamento clinico10,52

Corrispondenza
Daniel Černý
dr.cerny@gmail.com
D.C.M Klinika, Hradec Králové, Repubblica Ceca; Palacky University,
Olomouc, Repubblica Ceca

Bibliografia
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Trattamento post-endodontico con cemento resina composito e perno in fibra - Ultima modifica: 2015-09-30T12:38:30+00:00 da Redazione

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