La radioprotezione è la disciplina che studia le metodiche atte a prevenire gli effetti nocivi delle radiazioni. Le radiazioni ionizzanti possono determinare due tipologie di danno biologico.
Il danno deterministico è quello che si osserva di fronte a esposizioni consistenti, come possono essere quelle di una terapia radiante, che può causare, ad esempio, delle gravi dermatiti.
Gli effetti stocastici o probabilistici, invece, sono legati a esposizioni di entità modesta, più o meno frequenti. Consistono, essenzialmente, nel danno al patrimonio genetico della linea germinale o delle cellule somatiche. Quest’ultimo può determinare processi di carcinogenesi, senza prevedere, per definizione, una dose soglia. Nella radiologia odontoiatrica, è naturalmente a questo tipo di danno che bisogna guardare. Tutte le tecniche di questo ambito prevedono una dose effettiva compresa tra 3 e 1000 μSv, assolutamente insufficiente a determinare danno diretto ai tegumenti.
Negli Stati Uniti, le radiografie a uso odontoiatrico costituiscono le esposizioni principali nel paziente sano. Le associazioni di categoria del paese hanno definito criteri di selezione delle indagini radiografiche clinicamente necessarie e sostenuto la diffusione dei collimatori rettangolari, i quali, combinati con la protezione tiroidea, sono in grado di ridurre dell’80% la dose nel paziente pediatrico. Un sondaggio del biennio 2014-2015 ha rilevato una diffusione minima, pari allo 0.6%, a livello nazionale, dei collimatori rettangolari. Un più recente (2020) sondaggio di ambito pediatrico ha riportato un dato, assai più incoraggiante, del 22%.
Radioprotezione in odontoiatria: una valutazione odontoiatrica
Recentemente, su Oral Surgery, Oral Medicine, Oral Pathology and Oral Radiology Benn e Vig hanno pubblicato un lavoro dal titolo piuttosto provocatorio “Estimation of x-ray radiation related cancers in US dental offices: is it worth the risk?”
L’obiettivo principale degli autori è stato, appunto, la stima del numero di possibili casi di neoplasia, correlabili a esami radiologici odontoiatrici, occorsi nel 2019 negli Stati Uniti.
Gli autori hanno analizzato i dati di due report, il “Nationwide Evaluation of X-ray Trends (NEXT) survey”, già indirettamente citato, relativo al biennio 2014-2015, e quello intitolato “Medical Radiation Exposure of Patents in the United States”, prodotto a cura del National Council on Radiation Protection and Measurements. In più, gli autori hanno indagato la frequenza con cui vengono richiesti esami radiologici in ambito ortodontico, documentata nel periodo tra 2008 e 2020 dal sondaggio nazionale del Journal of Clinical Orthodontics.
In ultima analisi, è stata valutata le qualità dell’informazione, riguardo al rischio radiologico, nei siti internet e nei moduli di consenso di un totale di 150 studi odontoiatrici.
Come già riportato, il tasso di diffusione generale della collimazione rettangolare non arriva all’1%. Più sorprendente, soprattutto in una realtà “maniacale” riguardo alla trasparenza verso il paziente, come quello statunitense, il fatto che solo un odontoiatra su cento fornisca un modulo di consenso informato all’esame radiografico.
In conclusione, gli autori hanno stimato 937 casi di neoplasia legati a esami radiografici dentali nel 2019, giudicando i 3/4 di questi evitabili tramite la semplice applicazione dei protocolli di radioprotezione già disponibili.