La relazione medico paziente è in crisi. Il paradosso di una medicina sempre più tecnologica e performante, ma sempre più distante dal paziente, determina, suo malgrado, incrementi costanti delle situazioni conflittuali. Oggi si parla non solo più del problema del contenzioso, ma di una vera e propria “Questione Medica”, che se dovesse ulteriormente peggiorare determinerebbe un problema sanitario di vasta portata. La responsabilità, così come i possibili rimedi, vanno ricercati non solo nel rapporto tra il sanitario e la persona che richiede le sue cure, ma anche e soprattutto nelle molte sfaccettature di una società in costante evoluzione
Pensi davvero che la relazione medico-paziente sia migliorabile con un po’ più di amabilità nei confronti del paziente? Oppure punti tutto sull’efficienza tecnologica dello studio? La relazione medico-paziente secondo te è in crisi? Cos’è la “Questione Medica”? Ci sono altri attori che interferiscono nella nostra relazione con il paziente e si intromettono a nostre spese?
Comprendere i motivi della crisi della relazione medico-paziente, vecchia di migliaia di anni e che solo negli ultimi 50 anni si è pesantemente deteriorata, non è così facile; soprattutto non è facile descrivere argomenti che passano “sopra la testa” del medico e dell’odontoiatra nelle poche righe di un articolo che non può permettersi di essere accademico o conclusivo. In realtà, la maggior parte delle pubblicazioni sull’argomento non apporta novità sostanziali, aggiornandoci su un lungo elenco di considerazioni note per la loro importanza ormai chiara a tutti. Ma il punto di vista di alcuni esperti di bioetica e studi eseguiti da filosofi interessati all’argomento lasciano intravedere realtà non così note né scontate. E nemmeno conosciute ai più.
Se le cause del malessere della relazione sono ben identificate, probabilmente si riuscirà a individuare i rimedi o a discutere sulle azioni da intraprendere. Se le cause sono identificate in luoghi comuni, per quanto importanti, allora probabilmente i rimedi saranno inefficaci.
«A dire la verità il dubbio era venuto anche a me. Ogni volta che vado a sentire qualcuno parlare della relazione medico-paziente o che ne leggo sulle nostre riviste, finisce sempre con lo stesso elenco di argomenti: contenzioso, medicina legale, consenso, buone pratiche, migliorare la comunicazione, disponibilità... cose che in realtà io faccio già da un mucchio di tempo e come me chissà quanti altri! Ma non mi pare che il problema sia diminuito».
In effetti è così. In questi ultimi 50 anni si è affermato un nuovo ramo della filosofia “pratica”, che si è specializzata con il nome di Bioetica; ha avuto una diffusione notevole e questo dimostra un interesse della Società verso approcci etici corretti. La caratteristica della Bioetica è quella di avere una origine interdisciplinare/multidisciplinare che si è evoluta nel tempo e ora anche all’interno di strutture sanitarie complesse, dove dà origine alla formazione di comitati etici/bioetici: tuttavia, nemmeno con un contributo filosofico/umanistico così importante, dedicato e specifico si riesce a ridurre il problema della crisi della medicina, della relazione medico-paziente e dei contenziosi. In tutto il mondo. Non va meglio dal punto di vista giuridico.
In Italia le leggi in materia di responsabilità medica si sono succedute rapidamente in due approvazioni una dopo l’altra: prima la legge Balduzzi e poi la legge Gelli-Bianco; eppure, a quattro/cinque anni dall’ultima produzione, non si sono visti risultati in termini di deflazione del contenzioso. Gli esiti della crisi della relazione sono sfociati nella medicina difensiva, elusiva e astensiva per parte dei medici, con la riduzione dell’interesse degli stessi verso specialità considerate rischiose o incarichi rischiosi (pronto soccorso), con annullamento dei concorsi per mancanza di candidati in reparti ormai al lumicino per riduzione del personale sanitario, sottoposto a turni ancora più pesanti e ad aumenti della possibilità di rischio di errore. La crisi economica e la riduzione di fondi sanitari, oltre alle politiche di controllo amministrativo, hanno fatto il resto.
Il paradosso di una medicina sempre più tecnologica e performante, ma sempre più distante dal paziente, determina, suo malgrado, incrementi costanti delle situazioni conflittuali e non trova rimedi efficaci nelle proposte di risoluzione delle controversie: i protagonisti della relazione non si sono accorti di essere profondamente cambiati come soggetti pensanti della relazione. I mezzi utilizzati nel prevenire le situazioni conflittuali, pur evolvendosi continuamente e apparendo convincenti, non apportano i benefici sperati alla soluzione del conflitto. Anzi, la peggiorano, e a volte la loro inosservanza viene utilizzata per innescare il conflitto.
Scrive Sandro Spinsanti sulla Treccani: “... le tensioni che caratterizzano la fase odierna di transizione hanno ragioni profonde e strutturali; non sono tutte interne alla medicina e soprattutto, sono largamente indipendenti dai comportamenti dei singoli. Per dirlo con le parole di Shorter: «Il fatto che tra i medici e i pazienti divampi uno scontro senza precedenti non ha nulla a che fare con i vizi e le virtù private. I medici non sono né brutali, né avidi, così come i pazienti non sono né stupidi, né isterici. Le origini del conflitto sono da ricercare piuttosto nelle ben più profonde forze storiche di cui sono inconsapevoli gli uni e gli altri»”.
I rimedi per una crisi profonda della relazione medico-paziente appaiono miracolosi se indicati da chi ha interesse a focalizzare solo alcune situazioni tematiche, ad esempio il consenso informato o la necessità di approntare una documentazione esaustiva, il ricorso alle buone pratiche piuttosto che alla Evidence Based Medicine (EBM), la necessità di adottare un Consulente Etico, di una adeguata comunicazione che lasci spazio a una indagine psicologica, l’analisi dei processi decisionali e delle prassi per contrastare l’errore e disincagliarsi dalle secche pericolose di un contenzioso, in una professione ad alta responsabilità e ad alto rischio. Il che non significa che stabilire un’ottima relazione con il paziente non serva a nulla o non servano a nulla le proposte sopra elencate: significa che ci sono anche altre cause che interferiscono nella relazione e che vanno conosciute se vogliamo fare una analisi seria dei rimedi.
Oggi si parla non solo più del problema del contenzioso, ma di una vera e propria “Questione Medica”, che se dovesse ulteriormente peggiorare determinerebbe un problema sanitario di vasta portata, sino a una grave alterazione di coesione sociale. La relazione medico-paziente si è andata modificando in un tempo relativamente non brevissimo, in maniera non evidente, sebbene annunciata: ha colto i medici, la medicina, i corsi di laurea in materie sanitarie, gli studenti e la società stessa impreparati alle mutate condizioni della relazione. Si tratta di una crisi generazionale. Nella relazione degli Stati Generali della Professione Medica del 2018, il professor Ivan Cavicchi afferma: «Oggi questa società chiede relazioni, informazioni, partecipazione, consensualità, sicurezza, senso della vita, significato, vitalità, rispetto per le proprie opinioni, cioè chiede di essere protagonista della propria vita, quindi chiede valori, non solo utilità. Questi valori purtroppo sono estranei alla tradizione del paradigma positivista. Non si tratta solo di rispondere rinnovando l’offerta di utilità a una nuova domanda di salute, ma di capire perché questa società chiede quello che chiede».
La relazione medico paziente si stabilisce tra due persone: se la relazione non funziona, bisognerà vedere quali sono le mancanze da entrambe le parti, sia da parte del medico che da parte del paziente, inteso come soggetto appartenente a una comunità sociale, ossia la Società. Il riferimento al medico è dibattuto moltissimo e molte sono le analisi che individuano i comportamenti non più consoni a una relazione che non promuova l’autonomia e l’autodeterminazione del paziente. Gli Stati Generali della medicina a cui ha partecipato anche l’Odontoiatria ne sono un esempio. Molto meno note, in questo contesto, sono le analisi della Società che in generale è sempre “assolta” da responsabilità, in virtù del fatto che i problemi della Società sembrano non entrare nei nostri ambulatori attraverso i pazienti: ma così non è. Se ad esempio una Società sviluppa: positivismo/materialismo e crisi confessionale, narcisismo generale, amplificazione dell’ego e all’attenzione di sé, isolamento e patologie della comunicazione (devianze “elettroniche” e social) non incline all’altruismo, facilmente si mostrerà: violenta, conflittuale, attentissima alle manifestazioni estetiche, superficiale e incline alla valutazione economica in sostituzione dei valori validi in precedenza. Il risultato che interessa gli ambulatori sanitari sarà: aumento della triade ansia-depressione-stress con insorgenza di problematiche durante la terapia difficilmente distinguibili dall’operato del medico in quel momento (quindi contenziosi), aggressione ai sanitari fisica e legale, aumento delle richieste estetiche e intolleranza a risultati non confacenti all’immagine di sé. Concetti presenti anche nei commenti su riviste non specializzate, ma poco noti ai dentisti.
Se nella Società si sviluppano concetti di autonomia e autodeterminazione, questi valori vorranno essere considerati dalla Società che determinerà contrappesi giuridici nel caso una parte venga ritenuta debole.
Come sappiamo, attualmente la parte ritenuta debole è quella del paziente e la Società ha infatti determinato:
- sviluppo di Leggi protettive sul cittadino ed inversione dell’onere della prova;
- attenzione da parte dei Giudici che favoriscono la posizione del debole in caso di conflitto. Il risultato per quanto riguarda la Medicina e l’Odontoiatria è stato una esplosione dei contenziosi.
Se nella Società si sviluppano condizioni culturali/filosofiche tali da determinare un contrasto tra Fede e Scienza, tra Fede e Ragione, tra Metafisica e Metodo Scientifico con vittoria di un materialismo approdante a una filosofia definibile con l’aforisma: Etsi Deus non daretur: come se Dio non fosse, il risultato andrà verso una fiducia nella Scienza e in una fede verso la spiegazione scientifica dei fenomeni e la comprensione del mondo basata su valori che l’Uomo determina: e non determinati dalla Metafisica che li poneva precedentemente. Se la Fede nella Scienza verrà meno, il positivismo entra in crisi, i valori si orienteranno verso l’attenzione per sé stessi e il profitto e l’utile diverranno una nuova fede. In ambulatorio giungeranno persone che non accetteranno più consigli non verificabili su Internet, con un differente rapporto economico con il Sapere; il rapporto con il medico smetterà di essere improntato sulla fiducia e sull’autorevolezza, ma sarà prevalentemente di tipo economico. Dunque, risarcibile in caso di insoddisfazione. Questo aumenterà le condizioni di contenzioso. La fiducia, che fino alla seconda metà del Novecento era considerata una condizione “scontata”, inclusa nel rapporto medico-paziente, verrà riscoperta come fortissima possibilità di invertire l’unidirezionalità della crisi. Infatti, sarà considerata dai professionisti il “nuovo” bene rifugio, da ricercarsi assolutamente, ma con un paziente estremamente più diffidente.
Se una società si struttura verso la perdita delle Metanarrazioni e uno sviluppo delle informazioni, il Sapere e non le Merci diverranno il nuovo potere di scambio. Si va verso una mercificazione dei saperi: pertanto anche culturalmente la Salute, la Malattia e la Medicina si orienteranno verso una deriva commerciale. Questo aspetto, insieme alla necessaria sostenibilità economica delle politiche sanitarie, orienterà verso una politica indirizzata all’ingresso dei privati nei sistemi sanitari, con la produzione di leggi che ne favoriranno l’ingresso. Esattamente quello che sta succedendo con l’Aziendalizzazione dei sistemi sanitari. Il risultato sarà che anche nei nostri ambulatori arriveranno pazienti trasformati in cittadini-utenti-clienti, esigenti e orientati all’acquisto del bene Salute. Gli esigenti pretendono di guarire perché pensano di comperare la salute come un qualunque bene commerciale, ma la salute è un bene immateriale e non compete al medico fornirla o venderla: egli al massimo potrà curare ma non guarire. La guarigione rimarrà a carico del paziente, che tuttavia tenderà sempre all’acquisto, non potendo entrare nelle sottili differenze delle definizioni. Nei nostri ambulatori, i grossi hub assicurativi e finanziari abbasseranno i costi delle prestazioni sino a renderle gratuite (visita, ablazione del tartaro) perché considerabili una operazione di marketing per aumentare il numero di frequenze nello studio di nuovi pazienti e per fidelizzare quelli vecchi. Suppongo che basti a chiarire le idee.
«E io che pensavo di risolvere tutto con le Medical Humanities e la Medicina Narrativa! Tu che ne pensi?». Penso che tutto quello di cui si narra in Medicina e Odontoiatria sia un utile strumento, da calibrarsi però sul risultato da raggiungere. Se all’interno della Società la cultura Universitaria non struttura corsi specifici con esami di votazione finale curriculare della stessa importanza della Clinica Medica, dedicati al rapporto medico-paziente, è come dare una patente a qualcuno che sa tutto del motore, del codice della strada ma non sa guidare: gli incidenti aumenteranno. Come le cause a medici e odontoiatri. Se vuoi ridurre il contenzioso con quello di cui si legge oggi sulle nostre riviste o nei congressi... è un po’ come se con una forchetta tu andassi incontro a un rinoceronte. Auguri! «Si. Ma... e allora?» Allora bisogna conoscere e discutere. Poi agire: porsi una lunga scadenza per il bene della futura generazione. Con gli Stati Generali della Medicina, anche supportati dalle opinioni degli Odontoiatri, qualcosa dovrà pur muoversi!
Potete indirizzare i vostri quesiti a: caivanolegale@tiscali.it