Realtà aumentata nel training anestesiologico

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Da qualche tempo ormai, il termine “realtà aumentata” è entrato nel vocabolario comune: è bene precisare che il termine definisce, con esattezza, la simulazione digitale di un ambiente a 3 dimensioni, in grado di fornire all'utente un’esperienza realistica e la capacità di interagire con lo stesso. Si tratta, quindi, di un arricchimento, appunto, dell’esperienza sensoriale della persona. Il concetto non deve essere confuso con quello, pure affine evidentemente, di “realtà virtuale”, rispetto a cui richiedeva tecnologie maggiormente avanzate, basandosi, allo stesso tempo, su di una maggiore semplicità di interfaccia.

In ambito odontoiatrico, la didattica costituisce uno dei campi di maggiore interesse nell’applicazione di tecnologie basate sulla simulazione di procedimenti reali. Questa permette di effettuare un training psicomotorio che facilita l’approccio al paziente in maggiore sicurezza.

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Recentemente, un interessante studio, condotto da Mladenovic e colleghi e pubblicato sullo European Journal of Dental Education, ha valutato il potenziale della metodica nel training di odontoiatri undergraduate. Questi sono stati addestrati, nello specifico, in vista del primo approccio anestesiologico nei confronti di un soggetto in età pediatrica. Lo studio ha effettuato anche un confronto rispetto a una metodica di insegnamento convenzionale.

È stato coinvolto un totale di 21 studenti del quarto e quinto anno, nell’ambito di un corso di studi quinquennale.

I partecipanti sono stati suddivisi in maniera randomica. Al gruppo di controllo sono state impartite lezioni teoriche e dimostrazione su modelli in plastica dei mascellari. Il gruppo studio, in maniera addizionale al learning convenzionale appena illustrato, ha sperimentato la tecnologia di realtà aumentata per un ammontare di 2 ore settimanali per 2 settimane.

Da lì si è passati alla fase pratica, che ha quindi coinvolto un campione di pazienti pediatrici indirizzati a trattamento previa anestesia. La tecnica precisamente indagata è consistita nel blocco nervoso alveolare superiore anteriore, tramite infiltrazione sovraperiostale della regione apicale del dente target. La realtà aumentata era già stata sperimentata con successo nel blocco alveolare inferiore, in un precedente studio dello stesso gruppo di lavoro.

Gli studenti del gruppo di studio hanno impiegato in media 28.91 ± 9.06 secondi a individuare i reperi anatomici, un lasso di tempo (misurato dalla rimozione dal cappuccio dell’ago all’inizio della somministrazione del farmaco) significativamente più contenuto rispetto a quello medio del controllo (39.80 ± 9.29 secondi).

Al fine di valutare in maniera oggettiva lo stress dell’operatore, sono stati effettuati prelievi salivari di cortisolo prima e dopo la procedura, nell’aspettativa che il gruppo studio potesse subire un incremento più contenuto. In questo caso, non sono state rilevate differenze significative.

Al netto delle limitazioni – riguardanti in particolare l’aspetto patient-side della procedura – gli autori concludono nel definire la realtà aumentata come un valido ausilio nel learning. Al momento, il vantaggio si riscontra, tuttavia, solamente per quanto riguarda la manipolazione della siringa anestetica.

Riferimenti bibliografici

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32243051

Realtà aumentata nel training anestesiologico - Ultima modifica: 2020-06-03T07:28:59+00:00 da redazione
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