Il 20° Workshop Europeo di Parodontologia ha recentemente pubblicato un consensus report che rappresenta un passaggio fondamentale nell’evoluzione delle metodiche diagnostiche per la malattia parodontale. Il documento è frutto del lavoro congiunto di 70 esperti provenienti da 21 Paesi, Italia inclusa con un numero anzi importante di rappresentanti esperti di questa materia. Il documento in questione aggiorna il quadro delle evidenze scientifiche alla luce della classificazione del 2018 e delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La sonda manuale rimane lo standard
Il report ribadisce che la sonda parodontale manuale continua a rappresentare il gold standard nella diagnosi clinica. È uno strumento insostituibile per la valutazione della profondità di sondaggio e della perdita di "attacco clinico", grazie alla sua affidabilità e alla possibilità di standardizzazione. Tuttavia, emerge con chiarezza che la sola misurazione clinica non è sufficiente a descrivere la complessità della malattia parodontale.
Imaging: un supporto sempre più rilevante
Le tecniche di imaging 2D e 3D (radiografie digitali, CBCT, scansioni intraorali) stanno acquisendo un ruolo complementare. Queste metodiche consentono una visione più dettagliata della perdita ossea e delle variazioni morfologiche, migliorando la capacità diagnostica e la pianificazione terapeutica. Non sostituiscono la valutazione clinica tradizionale, ma ne ampliano la portata, offrendo alla parodontologia un'arma in più.
Biomarcatori: potenzialità e limiti attuali
L’analisi dei biomarcatori – microbici, genetici e derivati dai fluidi orali – costituisce un campo in rapido sviluppo. Il consenso evidenzia tuttavia come, allo stato attuale, tali strumenti presentino risultati ancora troppo eterogenei per un impiego routinario. La prospettiva è promettente, ma si rende necessario un ulteriore consolidamento dell’evidenza scientifica prima di un’adozione diffusa nella pratica clinica.
Questionari e intelligenza artificiale: la nuova frontiera
Nel tracciare lo stato dell'arte della parodontologia, particolare attenzione è stata riservata agli strumenti digitali e all’intelligenza artificiale. L’integrazione di dati clinici, radiografici e anamnestici mediante modelli predittivi potrebbe consentire un’identificazione precoce dei pazienti a rischio e una maggiore personalizzazione del trattamento. Si tratta di un ambito emergente, destinato a incidere in modo significativo sulla diagnosi nei prossimi anni.
Implicazioni per la pratica clinica
Il messaggio emerso dal consensus report, pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology, è chiaro: la diagnosi, in parodontologia, non può più basarsi esclusivamente sulla valutazione clinica tradizionale. Il futuro sarà caratterizzato da un approccio integrato, nel quale la sonda manuale rimane centrale, ma viene affiancata da imaging avanzato, biomarcatori e strumenti digitali supportati dall’intelligenza artificiale. In conclusione, il nuovo consenso europeo definisce un quadro diagnostico ampio e dinamico, che invita il clinico a coniugare competenze tradizionali e nuove tecnologie. La sfida sarà adottare questi strumenti in maniera critica e progressiva, trasformando la diagnosi parodontale in un processo sempre più preciso, predittivo e personalizzato.



