L’implantologia, se condotta secondo i criteri clinici e operativi corretti, rappresenta una metodica di riabilitazione tra le più sicure ed efficaci in ambito odontoiatrico, addirittura medico in senso lato. Proprio in quanto trattamento medico, tuttavia, non è possibile che essa assicuri un tasso di successo del 100%.

Gli insuccessi implantari, pertanto, devono essere contemplati; allo stato attuale dell’arte, la soluzione obbligata rimane, purtroppo, la rimozione. Un primo metodo classificativo è quello cronologico, per cui si definiscono fallimenti precoci e tardivi.

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Con gli anni, la letteratura induce a considerare queste due manifestazioni quasi come due patologie differenti, almeno dal punto di vista dell’andamento clinico.

A questo proposito, può essere interessante approfondire lo studio, al fine di comprendere se il diverso comportamento sia correlato a fenomeni patologici diversi: in questo senso, vi sono già alcune indicazioni scientifiche. D’altra parte, vi sono anche evidenze che hanno constatato come, in entrambi i casi, si assista a un ruolo eziopatogenetico da parte del film batterico. Si pensi, ad esempio, al modello della perimplantite, che ricalca fortemente quello della malattia parodontale.

Qui si inserisce lo studio di Korsch e colleghi, da poco pubblicato su BMC Oral Health.

Gli autori hanno valutato, complessivamente, 53 campioni implantari in 48 pazienti (con il principale criterio di esclusione dei portatori di gravi malattie sistemiche).

14 impianti, rimossi da 13 pazienti, sono stati classificati come perdite tardite, intervenute cioè prima del carico implantare. Altri 17 impianti, da 14 pazienti, analizzati consistevano in fallimenti tardivi, cioè successivi al carico.

Lo studio ha incluso, inoltre, due gruppi di controllo, consistente l’uno in un campione di 17 impianti in altrettanti pazienti, l’altro di 5 impianti in altri pazienti. Gli impianti del primo gruppo di controllo non avevano mostrato perdita ossea in fase di osteointegrazione, gli altri dopo il carico protesico.

Gli autori hanno indagato, tramite amplificazione PCR dell’RNA ribosomiale, la biologia dei rispettivi solchi perimplantari.

La composizione del biofilm è risultata sostanzialmente differente da individuo a individuo. Sia nelle perdite precoci che in quelle tardive, è stata osservata la forte presenza di Fusobacterium nucleatum e Porphyromonas gingivalis. Gli impianti persi tardivamente hanno mostrato una importante variabilità di specie, seppure in maniera non significativa, e una maggiore abbondanza di Treponema,FretibacteriumPseudoramibacter e Desulfobulbus.

Le comunità microbiche degli impianti a perdita precoce sono risultate, a loro volta, molto eterogenee, senza però evidenziare una preponderanza da parte di poche specie.

In conclusione, trattandosi di uno studio preliminare, le evidenze sono comunque da reputare promettenti ma non conclusive. Ne è auspicabile un’implementazione negli anni a venire.

Riferimenti a proposito del microbiota

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33706748/

Microbiota perimplantare in caso di fallimento precoce e tardivo - Ultima modifica: 2021-04-22T13:40:01+00:00 da redazione
Microbiota perimplantare in caso di fallimento precoce e tardivo - Ultima modifica: 2021-04-22T13:40:01+00:00 da redazione

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