Ormai possono tutti: compili un modulo, lo presenti in Regione e il gioco è fatto… per un po’ di tempo puoi esercitare anche se non sei iscritto a nessun Albo professionale. Ormai possono tutti ma lui… lui no
A dispetto delle autorizzazioni regionali provvisorie (brutta eredità di sapore pandemico), mai - e si ribadisce mai! - l’odontotecnico potrà accedere alle bocche dei Pazienti senza commettere reato penale. Per questa figura nulla è cambiato e un dito in bocca lo porterà diritto davanti a un Giudice, insieme al solito odontoiatra compiacente.
Tranquillo, nessuno ci scoprirà
A.A. e B.B., rispettivamente odontotecnico e odontoiatra, nipote e zio, erano condannati in primo e in secondo grado per esercizio abusivo della professione, violazione dei sigilli e fraudolenta prescrizione di farmaci:
“L’attività abusiva di A.A. era testimoniata da deposizioni acquisite: la teste D.D. aveva riferito che questi le aveva preso le impronte dell’arcata dentaria e le aveva installato le protesi, estraendole e fissandole; la teste E.E., che l’imputato le aveva fissato le viti della protesi. Era poi emerso che il prevenuto redigeva le prescrizioni di medicinali, sottoscrivendole personalmente, apponendo una sigla sul timbro dello studio odontoiatrico C.C.. Quanto a B.B., D.D. aveva riferito che, nell’estrarle un dente rotto, aveva operato in collaborazione con A.A. Analogamente la teste F.F. aveva riferito della compresenza dei due nell’operare su di lei. Quanto al delitto di violazione dei sigilli, era emerso che erano stati prima strappati e poi ricomposti e che i due imputati avevano estratto due denti della paziente F.F. il 26 aprile 2016, prescrivendo, in pari data, antibiotici. In riferimento al delitto di furto, la mancata restituzione a C.C. delle chiavi della porta fra i due studi aveva consentito a A.A. di impossessarsi di quei fogli del ricettario che aveva poi utilizzato per i propri pazienti”. Tanta carne sul fuoco. Entrambi proponevano ricorso per la cassazione della sentenza d’Appello articolando sei motivi di gravame:
- Con il primo deducono il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dei prevenuti per il delitto di cui all’art. 348 cod. pen. Riportavano alcuni brani delle deposizioni dei testimoni (7 pazienti) deducendone che A.A. aveva svolto attività rientranti nei compiti di un odontotecnico e non in quelle di odontoiatra.
- Con il secondo motivo lamentano il difetto di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dei prevenuti per il delitto di cui all’art. 349 cod. pen. Si era dedotta la responsabilità dei prevenuti dal fatto che, dopo il sequestro, nei locali sottoposti al vincolo, B.B., con la collaborazione di A.A., aveva estratto un dente a una paziente e le aveva prescritto medicinali. Dalla deposizione della paziente si doveva dedurre che la stessa aveva subito tale intervento nel marzo 2016 e non il 26 aprile 2016 (quindi non in data successiva al sequestro avvenuto il 15 aprile 2016). Nella ricetta la data non era leggibile e non poteva pertanto considerarsi quella, ritenuta dalla Corte, del 26 aprile 2016. Nella stessa poi era indicato il diverso studio di B.B. e non quello sottoposto al vincolo. Gli operanti avevano visto che i sigilli erano stati strappati e poi ricollocati, ma A.A. aveva spiegato di esser entrato nei locali sottoposti a sequestro solo per prendere del materiale.
- Con il terzo motivo denunciano il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità di A.A. in ordine al delitto di furto contestatogli. Fino a maggio 2015 A.A. aveva collaborato con lo studio C.C. (diviso dal suo da una porta) e non vi era prova che le ricette redatte nell’ottobre 2015 fossero state sottratte in epoca successiva. Costituiva una mera congettura il fatto che dal maggio A.A. non avesse restituito le chiavi solo per potere ancora accedere a quello studio, tanto più che la dott.ssa C.C. aveva affermato che il ricettario era chiuso in un cassetto e la chiave era custodita in luogo nascosto. Né, la C.C., si era detta sicura che quelle ricette fossero le sue”. Gli altri motivi sono squisitamente giuridici, sicuramente in questa sede di scarso interesse.
Galeotta fu la ricetta...
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile. “Quanto al delitto di cui all’art. 348 cod. pen., l’illustrazione delle deposizioni dei testimoni-pazienti conduce a ritenerlo certamente concretato. L’odontotecnico A.A., in alcune occasioni con il concorso dello zio odontoiatra B.B., aveva operato nella bocca dei pazienti (prendendo impronte, lavorando sulle protesi e sottoscrivendo prescrizioni mediche) così configurandosi il reato contestato. Si è già avuto modo di ricordare che:
- integrano il delitto di esercizio abusivo della professione medica le condotte consistenti nella diretta rilevazione delle impronte dentarie di un paziente da parte di un odontotecnico (attività riservata esclusivamente all’odontoiatra): Sez. 6, n. 4294 del 12/12/2008, dep. 2009, Melame, Rv. 242690;
- commette il delitto di esercizio abusivo della professione medica l’odontotecnico che provveda a ispezionare la cavità orale del paziente per verificare le condizioni di una protesi, rientrando tale operazione in quelle riservate all’odontoiatra giacché si risolve in un rapporto diretto con il paziente (Sez. 6, n. 44098 del 21/10/2008, Bortolotto, Rv. 242367);
- commette il delitto di esercizio abusivo della professione medica l’odontotecnico che provveda direttamente alla installazione di una protesi dentaria, operazione che, comportando manovre nel cavo orale del paziente, gli è preclusa essendo riservata per legge al medico dentista (Sez. 4, n. 27741 del 08/05/2007, Pelliccione, Rv. 236799);
- commette il delitto di esercizio abusivo della professione medica, a mente dell’art. 348 cod. pen., l’odontotecnico che provveda alla installazione di una protesi dentaria (limando monconi, fissando viti ai perni, rilevando impronte e fissando detta protesi), posto che per tale figura professionale è preclusa qualunque manovra presso il cavo orale di un paziente, ed è solo consentita la realizzazione di protesi modellate su impronte rilevate da medico o odontoiatra abilitato (Sez. 6, n. 37120 del 10/06/2004, Massella, Rv. 230212). L’ambito dell’attività consentita all’odontotecnico è fissata dall’art. 11 del Regio Decreto 31 Maggio 1928 n.1334 secondo cui gli odontotecnici sono autorizzati unicamente a costruire apparecchi di protesi dentaria su modelli tratti dalle impronte loro fornite dai medici chirurghi e dagli abilitati a norma di legge all’esercizio della odontoiatria e protesi dentaria, con le indicazioni del tipo di protesi da eseguire. È vietato agli odontotecnici di esercitare, anche alla presenza e in concorso del medico o dell’abilitato all’odontoiatria, alcuna manovra, cruenta o incruenta, nella bocca del paziente, sana o ammalata.
Passando al concorso nel reato proprio - e alla posizione dell’odontoiatra B.B., presente ad almeno alcune delle cure prestate dal nipote - si è affermato (Sez. 6, n. 21989 del 08/07/2020, Arnaboldi Rv. 279560) che, in tema di esercizio abusivo della professione medica, risponde a titolo di concorso nel reato il responsabile di uno studio medico che consenta o agevoli lo svolgimento dell’attività da parte di soggetto che egli sa non essere munito di abilitazione.
La prova della consumazione del delitto di cui al capo B, di violazione dei sigilli promana innanzitutto dalle stesse ammissioni di A.A. che ha dichiarato di essere entrato nello studio sottoposto a sequestro (irrilevante era la ragione - di recuperare alcuni attrezzi - addotta). L’argomentazione spesa dalla Corte d’appello in ordine alla responsabilità di entrambi per avere, il 26 aprile 2016 (in epoca successiva al vincolo, apposto il 15 aprile), violato i sigilli entrando nello studio per curare una paziente, non presenta evidenti discrasie logiche posto che deduce l’esattezza della data indicata con l’acquisto in farmacia di antibiotici e antidolorifici fatto quello stesso giorno dalla paziente.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo, sulla prova della responsabilità del solo A.A. in ordine al delitto di furto di alcuni fogli del ricettario dello Studio C.C.. Manifestamente priva di discrasie logiche è la motivazione spesa dalla Corte territoriale che aveva osservato come la mancata restituzione della chiave della porta di comunicazione si dovesse spiegare con la volontà, da parte dell’odontotecnico A.A., di procurarsi le ricette che illecitamente sottoscriveva consegnandole ai pazienti, completando, con la prescrizione di medicinali (condotta illecita e abusiva in riferimento alla quale non è estato ipotizzato il concorso della dott.ssa C.C.), la condotta di abusivo esercizio della professione di odontoiatra”.
A testa alta
Già ho avuto modo di illustrare su queste pagine la splendida complementarità dei due ruoli e l’indissolubilità delle due figure. Senza scomodare Platone e le sue mele, lo yin e lo yang ben rendono l’idea dell’armonia che deve abbracciare le due personalità: la tranquillità (yin) e il movimento (yang) si trasformano in mente e braccio dove l’una senza l’altro (o viceversa) portano solo a una disarmonica e inaccettabile confusione.



