L’accettazione del preventivo, il momento della verità

Dopo l’ascolto attento, gli approfondimenti clinici necessari e la diagnosi con relativo piano di trattamento, arriva la fase in cui il paziente decide se approvare il preventivo e procedere al pagamento della parcella. È in quella manciata di minuti che l’odontoiatra capisce se la sua comunicazione è stata efficace e se ha conquistato la fiducia della persona che intende affidarsi alle sue cure. Un epilogo positivo che non si può mai dare per scontato.

Per essere un dentista di successo è sufficiente essere un bravo odontoiatra? È una domanda legittima che il professionista del settore dentale si pone di frequente, oggi più di ieri. «Essere un bravo dentista è la premessa per ottenere qualsiasi tipo di successo», spiega Daniele Beretta, odontoiatra di Padova, titolare della Clinica del Sorriso, da sempre attivo nel settore della formazione manageriale. «Bravo dentista significa essere particolarmente abile nella comunicazione con il paziente oltre ad avere alte capacità cliniche, cioè essere in grado di formulare una corretta diagnosi e saper pianificare e eseguire correttamente un piano di trattamento che però prima deve essere accettato dal paziente», eventualità tutt’altro che scontata.

Bisogni, esigenze e aspettative del paziente

Daniele Beretta, odontoiatra di Padova, titolare della Clinica del Sorriso

«La presentazione del piano di trattamento è sempre stata problematica», spiega Beretta. «Solo se il paziente si presenta in studio per un dolore c’è poco da discutere e tutto risulta molto semplice. La situazione si complica quando la diagnosi è più complessa o la sintomatologia è sfumata, come nel caso di una parodontopatia allo stadio iniziale che il paziente fatica a riconoscere e di cui non comprende la gravità». Per muoversi con dimestichezza su questo terreno scivoloso, Beretta suggerisce di prestare molta attenzione alle differenze sostanziali tra bisogno, esigenza e aspettativa.
«Il paziente si presenta in studio per tre tipologie di problemi: perché ha dolore o perché, pur non avendo dolore, ha un disturbo, cioè comprende che c’è qualcosa che non va, come nel caso della persona che negli anni ha perso alcuni denti e a un certo punto si accorge che non può più masticare alcuni cibi che magari amava molto mangiare.
Poi ci sono i pazienti che percepiscono di avere una necessità da un punto di vista estetico-funzionale molto precisa. In quest’ultima situazione si richiedono grandi capacità cliniche da parte dell’odontoiatra, assieme a una particolare attenzione sul piano della comunicazione, perché sovente questi pazienti hanno aspettative molto alte che a volte sovrastano l’aspetto odontoiatrico. L’accettazione del preventivo passa sempre dalla diagnosi clinica, ma anche dalla capacità dell’odontoiatra di comprendere necessità, desideri e speranze del paziente in modo da ottenere un piano di cura perfettamente integrato con le richieste a tutti i livelli».

Innanzitutto, suggerisce Beretta, bisogna fare una diagnosi clinica, poi stilare un piano di trattamento idoneo a risolvere la situazione. Se, oltre ai bisogni, ci sono anche delle esigenze, cioè aspetti che entrano nel campo della psicologia della persona, questi, se possibile, vanno integrati nel piano. «Bisogna parlare in modo approfondito con il paziente per capire se ha aspettative irrealistiche, che rappresentano il terzo e più difficile livello di indagine, quello più avanzato e difficile da gestire. Ricordo il caso di una paziente che dopo essersi separata dal marito aveva deciso di intraprendere un percorso ortodontico con l’idea di migliorare il proprio aspetto per rifarsi una vita, magari trovare un nuovo compagno. La cura era riuscita perfettamente, solo che la signora aveva iniziato a fissarsi su alcuni dettagli, sui microspazi tra dente e dente che prima non si vedevano perché gli elementi erano ruotati, dettagli che per lei risultano psicologicamente insostenibili. Per risolvere il problema le ho dovuto omaggiare i trattamenti conservativi per chiudere questi spazi che, onestamente, si faceva fatica a vedere. Nella sua mente aveva legato la presenza degli spazi al fatto che non riuscisse a trovare un affetto.
Nel presentare il piano di cura ottimale per il paziente, cioè il medesimo che io applicherei su me stesso, potrebbero presentarsi alcuni impedimenti: il più comune è dato dal valore economico, ma anche dalla paura di essere sottoposti alla chirurgia, oppure all’ortodonzia. In queste situazioni, il piano di trattamento ideale cambia e diventa un piano di trattamento concordato che è sempre un compromesso».

Il momento ideale per la firma del piano di trattamento

«Dipende dalla situazione, perché il paziente può accedere allo studio per una questione urgente e dall’odontoiatra si aspetta una risoluzione immediata del problema che però può evidenziarne anche altri meno urgenti, ma altrettanto importanti. Per prima cosa è bene risolvere immediatamente il problema per cui il paziente è venuto in studio, proponendogli il piano di cura più adeguato che deve essere discusso e firmato contestualmente alla prima visita. Diversa è la situazione del paziente che presenta esigenze e aspettative estetiche, funzionali oppure problemi diversi da quello per cui si è presentato in studio. In questo caso l’approccio non può che essere dilazionato nel tempo, ma con la stessa filosofia basata sulla chiarezza e sul dialogo approfondito, che è bene affrontare alla fine della seduta conclusiva del primo preventivo già accettato».

Di questioni economiche Daniele Beretta non parla più da tempo, da quando ha affidato tale compito al personale di segreteria, formato per gestire correttamente questo passaggio. «Prima lo facevo anch’io, sulla base di quello che prevede la scuola italiana del professor Carlo Guastamacchia, mio maestro e che da sempre dice: lo studio è tuo, la diagnosi e il piano di trattamento sono tuoi, pertanto anche la presentazione economica deve essere tua. Questa abilità, il dentista deve averla nel proprio bagaglio culturale. Solo quando il flusso di pazienti è importante siamo costretti a demandare questo compito ad altri, dopo averlo però insegnato correttamente e secondo lo stile che caratterizza lo studio». Con una postilla da mettere bene in evidenza. «Il paziente per un preventivo contenuto (in questo momento fino a circa 1.200 euro) è in grado di assumere la decisione quasi all’istante.

Su preventivi più corposi c’è la necessità che si confronti con i familiari perché la spesa va a incidere sul bilancio: far firmare un impegno di spesa senza che se ne sia parlato in famiglia potrebbe essere rischioso e controproducente. Bisogna invece mettersi onestamente nei panni del paziente e offrire i giusti tempi perché possa accettare i trattamenti proposti assieme a diverse opzioni di pagamento, tali da metterlo nelle condizioni non solo di non dover rinunciare alle cure per ragioni economiche, ma anzi di accettarle come la migliore soluzione possibile».

OK, il prezzo è giusto

Quanto pesa oggi, per un dentista, il problema finanziario? «La gestione di uno studio odontoiatrico è un sistema complesso e articolato. Il mercato richiede che il titolare sia, oltre che un odontoiatra, anche un imprenditore e che sviluppi competenze in ambito gestionale», dice Giancarlo Parise, titolare della Clinica Dentale, una moderna struttura composta da tre grandi studi odontoiatrici situati in provincia di Vicenza, costruita in oltre 35 anni di attività.

Giancarlo Parise, odontoiatra, titolare della Clinica Dentale

«Il successo è la somma di molti aspetti: qualità clinica costantemente ricercata nella collaborazione con profili elevati; investimenti in attrezzature e risorse; informatizzazione; focus su controllo e gestione; personale specializzato, aggiornato e formato». La concorrenza è forte, ma rispetto alla comparazione con le catene, per definizione molto abili a gestire gli aspetti economici delle cure odontoiatriche, il dottor Parise chiarisce un punto.«Vorrei sfatare un mito: non è vero che i loro prezzi siano più bassi di quelli praticati negli studi tradizionali monoprofessionali. A volte è vero il contrario, perlomeno su alcune terapie, perché le catene cercano di attrarre i pazienti con prezzi bassi su alcune prestazioni che vengono pubblicizzate con campagne di marketing molto aggressive, per poi recuperare i margini di profitto persi in altre aree di intervento».

Il paziente, la pietra angolare dello studio

In qualunque contesto si operi, occorre considerare che è e sarà sempre il paziente il centro di tutto: «Il successo deriva anche dai nostri pazienti “promoter”, quelli che parlano bene di noi, che si sono fidati e hanno avuto risposte all’altezza delle loro aspettative», prosegue Parise. «Complessivamente, nelle mie tre strutture oggi lavorano circa 200 operatori, tra odontoiatri, igienisti dentali, assistenti di studio odontoiatrico, addetti alla segreteria e al laboratorio odontotecnico”. Un’attività complessa e articolata, ma organizzata secondo un preciso schema. «La prima fase della visita è dedicata all’ascolto attivo del paziente. Presto la massima attenzione al messaggio completo che la persona sta cercando di trasmettere: attraverso la narrazione di sé, mi permette di entrare in contatto con i suoi bisogni profondi e solo così riesco a fornire la soluzione migliore e rispondente alle aspettative.
Ogni consulto con un paziente deve essere un processo di dare/avere. La rilevanza dell’ascolto è sempre stata fondamentale per il successo della cura. L’ascolto è già cura». Per contro, riempire la testa al paziente di alternative terapeutiche, lasciandolo solo nel processo di decisione, secondo il dottor Parise non è la strada giusta. «Abbiamo a disposizione una vasta gamma di trattamenti possibili, soluzioni terapeutiche per ciascun problema. Tuttavia, è solo parlando con il paziente stesso che riesco a proporre un percorso personalizzato e risolutivo. La fase iniziale e fondamentale del percorso di cura è la diagnosi, ossia la ricerca e la raccolta di tutte le informazioni che riguardano il paziente e la problematica per cui si è rivolto a noi. L’elemento centrale è la persona, la sua unicità anche nel modo di sentire il disagio. Ecco che quindi diventa essenziale non solo ascoltare ciò che il paziente dice, ma soprattutto comprendere quello che non dice. Le soluzioni non possono essere universali, occorre creare percorsi individuali e personalizzati».
All’interno di questa realtà, il dottor Parise ha affidato il delicato compito dell’accettazione del preventivo a una figura dedicata e formata ad hoc.

«Il paziente deve poter scindere in modo chiaro le due parti, tra chi lo cura, il dottore, e la persona dedicata all’aspetto economico. Si tratta però di due aspetti strettamente correlati: mentre il piano di cura traduce il bisogno del paziente in una soluzione del bisogno stesso, il preventivo riconduce la soluzione terapeutica alle risorse economiche necessarie. Nel preventivo, dunque, si concentrano diverse attività (clinica, amministrativa, di gestione, di marketing) e pertanto il ruolo del personale di segreteria ha conosciuto un’importante evoluzione nel tempo, sia da un punto di vista di formazione professionale che di crescita personale e emotiva».

Il discorso persuasivo, suggerito dal Ministero della Salute

Eccezioni a parte, il preventivo è il punto debole del flusso di lavoro di alcuni odontoiatri della vecchia scuola, capaci di fare bene una diagnosi, di stilare un piano di trattamento ottimale, ma poi completamente impreparati a gestire le fasi che portano all’accettazione del piano di cure.

Andrea Imposti
Andrea Imposti, consulente organizzativo di cliniche e studi odontoiatrici

«È così, spesso per remore personali», spiega Andrea Imposti, consulente organizzativo di cliniche e studi odontoiatrici, «perché trovano poco corretto insistere affinché il paziente accetti il piano di trattamento, senza però rendersi conto che così facendo vengono meno a un principio sancito dal Ministero della Salute che, nelle Raccomandazioni cliniche in odontostomatologia del 2017, stabilisce, nelle prime pagine del documento, come deve configurarsi la relazione tra medico e paziente.
Nel testo si legge che «la mancata adozione di elementi persuasivi nei confronti del paziente è da considerarsi una grave privazione al diritto di informazione al paziente stesso», quindi l’odontoiatra deve essere persuasivo e indurre il paziente ad accettare il piano di cura. La comunicazione tra paziente e medico non può essere lasciata all’estro e all’improvvisazione del professionista, ma deve seguire le regole universali della buona comunicazione». Semmai qui il problema riguarda il modo in cui interpretare questo principio generale contenuto nelle raccomandazioni che, effettivamente, non contengono precise indicazioni, anche in merito agli aspetti economici che sono del tutto assenti. Per superare questa mancanza, secondo Imposti è necessario rifarsi al concetto di «alleanza terapeutica», principio che mira a indurre il paziente a fare ciò che il medico, in scienza e coscienza, gli prescrive per il suo bene, anche fuori dal contesto strettamente clinico.

Il dentista, una sentinella per la salute generale dei pazienti

«Suggerire al paziente di lavarsi i denti dopo ogni pasto oppure di smettere di fumare rientra nei compiti del medico che in virtù dell’alleanza terapeutica può riuscire a incidere anche su questi aspetti che, seppur indirettamente, sono però correlati alla salute. Anche la gestione degli aspetti economici legati all’accettazione del preventivo, a mio avviso, rientra nel contesto dell’alleanza terapeutica. Una buona diagnosi e un corretto piano di trattamento non sono nulla se poi non avviene l’esecuzione dei trattamenti previsti che ovviamente comportano costi a carico del paziente.
Il dentista solitamente pensa sia sufficiente aver eseguito la diagnosi ed elaborato il piano di trattamento, tanto che sovente lascia condurre a un proprio collaboratore, che di solito è un impiegato non adeguatamente formato, quest’ultimo passaggio, il più delicato e che riguarda l’accettazione del preventivo. Trovare la formula per il pagamento delle prestazioni, più idonea alla persona, richiede una conoscenza della materia economica e finanziaria che non può essere improvvisata.
Invece, spesso, negli studi dentistici quest’ultimo passaggio è trascurato, facendo venir meno anche quell’alleanza terapeutica che inizia con la prima visita ma che ha bisogno di una gestione accurata anche degli aspetti economici della cura che diversamente non può trovare attuazione».
Purtroppo, invece, fa sapere Imposti, spesso le persone accettano di farsi curare soltanto il dente che duole e per il resto interrompono le cure, perché né i dentisti, né i propri collaboratori addetti alla segreteria sanno usare gli strumenti del credito al consumo, che prevedono soluzioni un po’ per tutte le tasche. E questo rappresenta un danno per lo studio e per il paziente, ma anche per il dentista stesso che contravviene al principio enunciato.
«Ancora troppi odontoiatri, a differenza di quanto si possa immaginare, sono resistenti nei confronti della tecnologia, dell’innovazione, refrattari ai Social e ad altre novità. Invece dovrebbero aprirsi maggiormente, anche agli strumenti per il credito al consumo che, seppur prevalentemente impiegati in altri settori molto lontani dal mondo della salute, sono particolarmente utili anche in ambito medico e odontoiatrico. Perché consentono al paziente di accedere alle cure di cui ha bisogno e alla struttura odontoiatrica di disporre della liquidità necessaria al buon funzionamento economico e finanziario dello studio».

Il vademecum per l’accettazione del preventivo

Per prima cosa, suggerisce Andrea Imposti, bisogna conoscere gli strumenti finanziari e dunque formare il personale attraverso corsi pensati ad hoc per il settore dentale. «D’altro canto, all’odontoiatra spetta un compito aggiuntivo, quello di spiegare al paziente a cosa andrà incontro e in quanto tempo se non adotterà le cure previste, nonché di parlare poi immediatamente dei benefici legati invece al trattamento. In questo dialogo, che deve essere schietto e leale, l’uso del condizionale è bandito, perché anziché aggiungere informazioni allontana il paziente dall’idea che ci sia la necessità di intraprendere la cura. Le raccomandazioni questo lo dicono chiaramente e cioè che l’odontoiatra deve trovare argomenti persuasivi affinché il paziente si convinca definitivamente ad accettare le cure e per intero, non parzialmente. Questo è un altro errore frequente che riscontro negli studi dentistici dove spesso si lascia decidere al paziente per ragioni economiche cosa sia più importante fare, trascurando il resto. Bisogna invece tener fede alle proprie idee cliniche senza scendere a compromessi e ancor prima dedicare molto tempo alla prima visita e al dialogo. Poi, una volta stabilito il piano di trattamento, laddove necessario, è bene concentrarsi sul prodotto finanziario più adeguato alle esigenze del paziente e chiudere immediatamente il contratto, sull’onda emotiva che rappresenta un fattore persuasivo vantaggioso per entrambe le parti.
L’accesso a un prodotto finanziario tutela lo studio dai rischi legati all’insolvenza dei pazienti, ma anche il paziente stesso che, avendo preso un impegno economico con una società finanziaria, è maggiormente motivato a continuare le cure che spesso invece, negli studi che propongono il pagamento delle prestazioni ad avanzamento lavori e che con questo dimostrano di non sapere presentare correttamente un piano di cura, vengono interrotte a danno dello studio e del paziente stesso. Gli strumenti finanziari dunque sono alleati dell’odontoiatria, purché gli studi e i centri odontoiatrici che erogano le cure siano solidi e gestiti secondo i principi dell’etica medica e della deontologia professionale».

 

L’accettazione del preventivo, il momento della verità - Ultima modifica: 2023-09-26T10:51:34+00:00 da K4
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