Generazioni di dentisti negli ultimi 100 anni hanno speso milioni di ore di lavoro alla ricerca di una posizione condilare ideale in base alla quale stabilire l’occlusione da tenere come riferimento nel trattamento protesico o ortodontico o per curare un disturbo temporomandibolare. Una sorta di Santo Graal che, con la leggendaria coppa in cui fu raccolto il sangue di Gesù, divide la mancanza di prove certe della sua esistenza. Anche per questo la relazione centrica ha subito una serie di traslochi nel corso del tempo: da una posizione posterosuperiore nella fossa glenoide, i condili sono stati via via trasferiti in altre sedi, sempre in mancanza di verifiche a prova di metodo scientifico, ma solo per l’autorevolezza di cui godeva qualche studioso. Di questo e altro si occupa la rassegna di questo mese.
Disturbi temporomandibolari e ortodonzia: che cosa abbiamo imparato negli ultimi 20 anni?
Kandasamy S, Rinchuse DJ, Greene CS, Johnston LE Jr. Temporomandibular disorders and orthodontics: What have we learned from 1992-2022? Am J Orthod Dentofacial Orthop. 2022 Jun;161(6):769-774.
Gli autori ripercorrono l’evoluzione dei rapporti tra ortodonzia, patologia delle articolazioni temporomandibolari (Atm) e fattori occlusali partendo dal famoso articolo di Costen del 1934, dopo il quale la sindrome omonima occupò milioni di referti e i clinici iniziarono a porre tra i loro obiettivi la coincidenza tra massima intercuspidazione e relazione centrica. Il secondo avvenimento che cambiò il corso di questa storia fu la causa Brimm vs Malloy nello stato del Michigan, dove fu deciso un risarcimento di 850mila dollari per una serie di disturbi insorti dopo un trattamento ortodontico che, secondo i periti dell’accusa, aveva causato una distalizzazione dei condili, con conseguente dislocazione anteriore del disco articolare. Per buona sorte di tutti, una serie di ricerche negli anni successivi contribuì ad accertare l’innocuità dell’ortodonzia sulla salute delle Atm, l’inesistenza di una correlazione tra parametri ortodontici e patologie temporomandibolari e, dato ancora più dirimente, la non correlazione tra posizione condilare e sintomi articolari. È utile su questo punto ricordare uno studio di quasi 40 anni fa, che già riportava una percentuale del 35% circa di condili non concentrici in soggetti senza sintomi temporomandibolari (Pullinger AG, Hollender L, Solberg WK, Petersson A. A tomographic study of mandibular condyle position in an asymptomatic population. J Prosthet Dent. 1985;53:706–13). Per questo oggi si può affermare che la posizione individuale in massima intercuspidazione è il migliore riferimento da seguire nel piano di trattamento, a eccezione di casi particolari come il dual bite.
Precisione, affidabilità e implicazioni cliniche dei metodi di registrazione occlusale
Qadeer S, Özcan M, Edelhoff D, Van Pelt H. Accuracy, Reliability and Clinical Implications of Static Compared to Quantifiable Occlusal Indicators. Eur J Prosthodont Restor Dent. 2021 Aug 31;29(3):130-141
In questa revisione della letteratura operata dagli autori, vengono passate in rassegna le proprietà, i vantaggi, i limiti e le implicazioni cliniche degli indicatori occlusali tradizionali messi a confronto con quelli digitali. Inerenti ai primi la ricerca ha ritrovato soltanto 20 articoli, contro i 134 lavori che sono stati dedicati ai secondi. Nel complesso, dalla revisione effettuata risulta evidente che gli indicatori tradizionali risultano poco affidabili per via della grande variabilità connessa alla loro natura manuale, mentre i sistemi digitali forniscono dati precisi e ripetibili oltre a dare indicazioni anche sulla pressione e sul tempo.
La posizione condilare determinata con CBCT a confronto tra normocclusione e malocclusioni di II e III classe
Rivero-Millán P, Barrera-Mora JM, Espinar-Escalona E, González-Del Pino CA, Martín-Salvador D, Llamas-Carreras JM. Comparison of condylar position in normal occlusion, Class II Division 1, Class II Division 2 and Class III malocclusions using CBCT imaging. J Clin Exp Dent. 2021 Dec 1;13(1216-1226)
In questa ricerca, eseguita in modo retrospettivo su un campione di 80 soggetti, è stata determinata e confrontata la posizione dei condili nelle diverse classi occlusali secondo Angle. Un gruppo di 20 individui sani e non trattati ortodonticamente fungeva da controllo rispetto ad altri tre gruppi con eguale numero di pazienti portatori di malocclusioni di II classe prima divisione, II classe seconda divisione e III classe. Gli autori hanno così potuto osservare che nel gruppo di controllo i condili risultavano in posizione centrata nella fossa glenoide mentre si mostravano spostati posteriormente nei soggetti con malocclusione di II classe seconda divisione e superiormente in quelli con III classe. Più precisamente, in tutti i soggetti con malocclusione di II classe la percentuale di condili concentrici era del 27,5% mentre raggiungeva il 45% in quelli di III classe. Non sono invece emerse differenze morfologiche a livello della fossa glenoide a differenza di quanto osservato da altri autori.
Variazioni circadiane dell’occlusione statica e dinamica. Studio clinico prospettico
Wiechens B, Brockmeyer P, Wassmann T, Rödiger M, Wiessner A, Bürgers R. Time of day-dependent deviations in dynamic and static occlusion: A prospective clinical study. J Prosthet Dent. 2022 Jul 7:S0022-3913(22)00353-5
Nella gnatologia l’occlusione è considerata un parametro invariabile come una costante matematica. Gli autori di questa ricerca hanno invece riportato all’attenzione di tutti (il fatto è noto ma poco considerato nella ricerca) che intensità e distribuzione dei contatti occlusali variano durante il corso della giornata; ciò potrebbe portare a una svolta, così come la teoria della relatività scompaginò le certezze della fisica classica di Newton e Galileo. I problemi quotidianamente incontrati in studio e nel laboratorio odontotecnico potrebbero quindi avere anche una diversa origine oltre a quelle già note. Il campione studiato comprendeva 14 donne e 5 uomini di età media pari a 30,8 anni. La loro occlusione (massima intercuspidazione e laterotrusione bilaterale) è stata registrata per tre volte nella stessa giornata (ore 9, 12 e 16) usando una cartina da 12micron di spessore e il sistema digitale T-scan III; dopo due settimane la procedura è stata ripetuta. Ne sono così risultate differenze significative che hanno dimostrato la variabilità dei parametri occlusali, pur non delineandosi un momento preferenziale nel corso delle 24 ore. In particolare, il numero di contatti per ogni dente è risultato di 3,7 con una deviazione standard di 2,7, cioè molto ampia rispetto al valore rilevato.
Delimitazione della posizione condilare con risonanza magnetica in base a differenti metodi di registrazione occlusale
Kandasamy S, Boeddinghaus R, Kruger E Condylar position assessed by magnetic resonance imaging after various bite position registrations. Am J Orthod Dentofacial Orthop 2013;144:512-7
Gli autori di questo interessante esperimento hanno confrontato la posizione condilare corrispondente a tre diverse registrazione occlusali in un campione di 19 individui sani di età compresa tra 20 e 39 anni. Lo stesso operatore eseguiva le registrazioni seguendo tre procedure: la prima era la massima intercuspidazione (occlusione centrica), la seconda era la relazione centrica in retrusione ottenuta accompagnando distalmente la mandibola. La terza era la relazione centrica secondo Roth nella quale si usano una cera anteriore presa lasciando 2 mm di spazio tra i denti posteriori e una cera posteriore presa dopo avere reinserito quella anteriore ma senza guidare i denti nelle indentazioni createsi. Gli autori hanno quindi usato le cere per eseguire le RM, eseguendo scansioni trasversali e sagittali perpendicolari all’asse maggiore dei condili che poi sono state valutate in cieco.
Le misurazioni ottenute (distanze tra condilo- eminenza articolare- fossa glenoide) sono risultate prive di significato statistico, mostrando alta variabilità e grandi deviazioni standard. L’unica differenza interessante, ma comunque al di sotto della significatività, era quella tra occlusione centrica e relazione centrica secondo Roth: con quest’ultima la posizione dei condili era mediamente più alta di 0,28 mm. Nell’87 % dei casi la posizione anteroposteriore dei condili è risultata concentrica mentre nei restanti era più distale; sul piano frontale la posizione era sempre concentrica. Inoltre, l’asimmetria degli assi condilari maggiori era presente in ogni soggetto esaminato. In conclusione, la presunta posizione dei condili ottenuta con una tecnica di registrazione occlusale non è confermata dalle immagini di RM. Questo dato rischia di invalidare tutti i risultati delle ricerche basate su trattamenti riabilitativi in cui la relazione centrica o la centrica secondo Roth sono state prese come riferimento. La variabilità dei risultati potrebbe dipendere dall’asimmetria degli assi maggiori condilari che è incompatibile con l’asse cerniera terminale di Posselt di cui quest’anno ricorre il settantesimo della pubblicazione. E con l’ampia disponibilità di materiale autoptico, ci si dovrebbe domandare perché questo dato anatomico non sia stato scoperto prima o perché sia stato trascurato.
In conclusione, mancando ogni certezza sulla predicibilità della posizione condilare ottenuta con una qualsiasi registrazione occlusale, ogni sua modifica inserita nel piano riabilitativo è sicuramente non fisiologica e potenzialmente nociva. Una questione ancora più complessa se la si trasferisce nei pazienti ancora in crescita.