La prognosi in endodonzia chirurgica: revisione della letteratura

Riassunto
Questo articolo si pone l’obiettivo di revisionare la letteratura nazionale e internazionale relativa alla prognosi in endodonzia chirurgica, analizzando e comparando in maniera critica i risultati ottenuti dai vari studi negli ultimi 15 anni. Ne trarremo delle conclusioni con particolare riferimento alle innumerevoli e potenziali variabili della pratica clinica che possono modificare il risultato nel tempo. Nei molti studi in materia i vari sistemi analitici hanno cercato di calcolare di volta in volta il tasso di successo di tale procedura al fine di studiarne e quantificarne la predittività, considerando con metodo scientifico secondo l’affermato concetto “evidence based medicine” tutti i fattori che influenzano questa soluzione terapeutica. Si è cercato di raggiungere un’attendibilità scientifica ricorrendo ad analisi statistiche sulla base di criteri matematici. La miriade di variabili interviene infatti diversamente negli studi specifici, sulla base soprattutto delle considerazioni personali degli autori. Inoltre, la mancanza di una standardizzazione riguardo a criteri di classificazione delle incognite (per esempio, la selezione dei pazienti, la valutazione della guarigione, del successo, del follow up) per definire i risultati comporta una notevole eterogeneicità degli studi e dei loro risultati, anche quando uno stesso fattore viene analizzato in lavori distinti. Ciò rende difficoltoso il tentativo di uniformarli per trarne conclusioni generali.  Per questo si pone sempre più la necessità di un nuovo approccio alla medicina che basi le proprie affermazioni, indicazioni cliniche e protocolli sulle migliori evidenze cliniche secondo il consolidato principio dell’evidence based dentistry.

Summary
The endodontics surgery prognosis: a last 15 year literature review
Our aim represents the review of the last 15 years about endodontics surgery prognosis to establish a critical comparison among the different outcomes in literature and to draw conclusions about the factors affecting long term results.
In several studies a lot of analytic system tried to calculate success rate of endodontics surgery to quantify estimation according to evidence based medicine concept and analyse all the factors affecting this therapeutic solution. Indeed, the myriad of variables intervene differently in specific studies, mostly based on personal authors’ considerations furthermore the lack of standardization regarding criteria for the classification of such unknowns as accurate patient selection and evaluation of healing, success, follow up which establish a “permanent” results leads to a high heterogeneity in the studies and their results even when the same factor is analyzed in different works. It makes it difficult to uniformali in an attempt to draw general conclusions. For this is put more and more the need for a new approach to medicine that bases its claims, clinical indications and protocols on best clinical evidence according to the established principle of “evidence based dentistry”.

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È stata condotta una ricerca per individuare tutti gli studi clinici relativi alla prognosi in endodonzia chirurgica degli ultimi quindici anni tramite il database MEDLINE e PUBMED, riscontrando 519 articoli scientifici per la prima e 311 per la seconda. In base al livello di evidenza che essi offrivano è stata fatta una prima cernita, per poi effettuare una sorta di unione tra applicazione di criteri di studio scientifici, numerosità del campione studiato e significatività statistica dei risultati. Il centro per l’evidence based medicine provvede a definire i criteri con i quali classificare l’evidenza dei vari tipi di studi: si tratta dei livelli di evidenza (LOE), sulla base dei quali l’American Dental Association (ADA) ha riunito i vari tipi di studi in 5 gruppi con diversi livelli di evidenza, come si riporta qui sotto:

  • LOE 1: studi controllati randomizzati (RCT) di alta qualità. Revisioni sistematiche di RCT (meta-analisi di RCT);
  • LOE 2: RCT di bassa qualità. Studi di coorte di alta qualità. Revisioni sistematiche di studi di coorte;
  • LOE 3: studi caso-controllo di alta qualità. Revisioni sistematiche di studi caso-controllo;
  • LOE 4: studi caso-controllo e studi di coorte di bassa qualità. Case series;
  • LOE 5: case-report. Expert opinion. Revisioni della letteratura.

Il numero corrispondente rappresenta il livello di evidenza (LOE), in maniera decrescente da LOE 1 a LOE 5.

tab.1

Definizioni ADA

Riportiamo, per maggiore chiarezza, la specifica di alcune terminologie utilizzate dall’American Dental Association (ADA).

Case report: testimonianze di uno o più casi trattati con una o più tecniche, ma senza effettuare alcuna analisi statistica sui risultati o comparazione con casi trattati in altro modo.
Case series: descrizione di una serie di casi trattati che hanno avuto risultati di un qualche rilievo, ma non affiancati da alcun gruppo di controllo.
Studi caso-controllo: a un gruppo di pazienti con una particolare condizione clinica (casi), viene affiancato un gruppo che ne è privo (controlli); quindi, si studia se i due gruppi sono esposti in maniera uguale o differente a un fattore di rischio del quale si vuole verificare l’associazione con la situazione clinica in questione (rappresentata dai casi).
Studi di coorte: si tratta di due gruppi di pazienti di cui uno riceve un certo trattamento mentre l’altro no; si valutano successivamente nel tempo le differenze di risultato tra i due riguardo a una certa variabile;
Studi controllati randomizzati (RCT): alcuni soggetti vengono assegnati in maniera casuale a un gruppo che riceve un trattamento innovativo o a uno che riceve un trattamento standard o placebo; si valuta quindi la prognosi dei due gruppi riguardo a una variabile di interesse.

Si parla di “studi di bassa qualità” (cosa che fa scendere il livello di evidenza) quando presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:

  • sono riferiti a un campione troppo piccolo (<50 pazienti);
  • non c’è standardizzazione nei criteri di valutazione radiografici o clinici;
  • la valutazione avviene solo tramite criteri radiografici, tralasciando gli aspetti clinici;
  • le radiografie sono valutate solo da uno o due esaminatori;
  • non contengono analisi statistiche.

Risultati

Diversi lavori1-3 sono stati rivolti direttamente all’analisi del livello di evidenza degli studi della letteratura, dividendoli tra le categorie sopra definite, e assegnando a ognuno il rispettivo livello di evidenza. Lo scopo di queste indagini è stato quello di determinare quale fosse il livello di evidenza prevalente degli studi in endodonzia.

Mead et al.1 hanno analizzato 79 studi dal 1970 al 2003 riguardanti successo e fallimento dell’endodonzia chirurgica:

  • nessuno tra loro poteva vantare un LOE 1,
  • vi erano soltanto 7 LOE 2,
  • 2 LOE 3,
  • tutti i restanti (70) erano LOE 4 (i LOE 5 non erano stati inclusi nello studio).

Torabinejad et al.3 hanno analizzato ben 306 studi sulla prognosi del trattamento non chirurgico dal 1970 al 2004, e ne è emerso un quadro simile al precedente:

  • soltanto 6 RCT con LOE 1,
  • 26 LOE 2,
  • 13 LOE 3,
  • 124 LOE 4,
  • 137 LOE 5.

Paik et al.2 hanno raccolto 37 lavori sul risultato del ritrattamento non chirurgico concludendo, in accordo con i lavori sopra citati, come il prevalente livello di evidenza sia piuttosto basso:

  • nessuno studio con livello di evidenza 1,
  • 4 con LOE 2,
  • 2 con LOE 3,
  • 13 con LOE 4,
  • 18 con LOE 5.

Halse e Molven4 hanno valutato i casi che mostravano nel follow up a lungo termine una larghezza aumentata dello spazio parodontale: LOE 4.
Chong e Pittford5 hanno calcolato il tasso di successo associato all’uso di MTA in uno studio prospettico comparato all’IRM: LOE 1.
Saunders6 con un studio clinico prospettico sull’uso di MTA come materiale di sigillo endodontico: LOE 4.
Mead e Javidan-Nejad7 hanno dimostrato i livelli di evidenza del risultato in endodonzia chirurgica: LOE 2.
Kim e Song8 hanno valutato con uno studio clinico i risultati dell’endodonzia chirurgica
su lesioni endodontiche ed endo-parodontali:
LOE 2.
Chong e Pittford9 hanno osservato il dolore nel paziente dopo resezione e chiusura del canale: LOE 1.

Discussione

Un grande numero di studi si è occupato di prognosi nel corso degli anni, con risultati talvolta chiaramente discordi; anche in questa revisione della letteratura, il range di variabilità tra i tassi di successo degli studi analizzati è stato notevole, e ha raggiunto valori dal 2810 al 97%11.  Dai dati emersi dalla presente revisione, si può affermare che tale variabilità può essere spiegata dalla molteplicità di fattori e variabili in grado di modificare la prognosi, in accordo con vari autori tra cui Zuolo et al. che ne riassume alcuni, come caratteristiche e condizioni sistemiche dei pazienti, tipo di denti trattati, stato parodontale degli stessi, qualità del precedente trattamento e ritrattamento canalare, restauro coronale, materiali e tecniche utilizzate, esperienza e talento degli operatori12.

Altri fattori come la natura dello studio, la numerosità del campione, i criteri di selezione dei casi, di valutazione clinica e radiografica del successo e follow prescelto sono fortemente in grado di influire sui valori finali12. Come si è detto, questo processo di selezione è stato effettuato in maniera più rigida proprio in questo capitolo, rispetto per esempio a quello sui fattori prognostici, sostanzialmente per due ragioni fondamentali:

  • la tendenza alla variabilità dei valori della prognosi generale, in quanto influenzati da una miriade di fattori presenti in maniera diversa da uno studio all’altro. In effetti, il problema è dato proprio dalla concomitanza di essi e dalle varie combinazioni di questi fattori nei vari studi. Dunque, per trarre conclusioni mantenendo comunque una certa scientificità, su un tema che presenta una variabilità intrinseca maggiore, occorre imporre criteri più restrittivi e soprattutto non consentire eccezioni come in alcuni casi si era concesso (naturalmente sempre segnalandolo e motivandolo) nel capitolo sui fattori prognostici; 
  • il numero di studi qui a disposizione è ovviamente maggiore rispetto a quello degli articoli della letteratura riferiti ai singoli fattori prognostici; si può quindi sfruttare l’occasione per aumentare la rigorosità della selezione, cosa sempre positiva ai fini di ottenere un risultato attendibile e scientifico.

Gli studi che hanno soddisfatto questi criteri di selezione saranno riportati di seguito in una tabella riassuntiva (tabella 2).

tab.2

Criteri di selezione degli studi
La variabile alla quale si è posta maggiore attenzione in questa revisione della letteratura è stata quella relativa ai criteri utilizzati per definire la guarigione e/o il successo del trattamento endodontico, per la diretta influenza che hanno sui tassi risultanti: si è osservato innanzitutto che i criteri di valutazione di gran lunga più utilizzati sono stati quelli di Rud 197213 e Molven 198714.

Il follow up è stato l’altro principale criterio di selezione: essendo dimostrato che un periodo di almeno 12 mesi è necessario prima di stabilire il risultato di un trattamento, sono stati eliminati gli studi che non raggiungevano tale data. Come si può notare, già applicando i primi due criteri di esclusione (di valutazione e follow up) il numero di studi idonei a figurare in tabella si riduce abbastanza, per cui si è scelto di limitarsi a questi parametri, senza operare una completa standardizzazione anche dal punto di vista dei criteri di selezione dei casi, che avrebbe ridotto ulteriormente i lavori in maniera troppo pesante. Come si vede, questo processo finale di assemblamento dei dati sulla prognosi in generale ha incontrato notevoli difficoltà.

Prognosi del trattamento chirurgico
La tabella 2 comprende una selezione degli studi che hanno soddisfatto i due principali criteri riguardanti la valutazione del successo e il follow up. In aggiunta a questi, nella tabella sono stati compresi solo studi risalenti agli ultimi quindici anni, per fornire dei valori prognostici che fossero il più possibile attuali, alla luce delle importanti innovazioni che si sono susseguite in questi anni in materia. Sono stati esclusi i casi di “resurgery”che hanno spesso una prognosi peggiore dei casi di prima chirurgia. In questa e nelle altre tabelle (salvo dove specificato) i casi incerti sono classificati come tali fino al quarto anno di follow up, quando passano alla categoria dei fallimenti, secondo Molven 1987.  Per questo motivo alcuni studi, con follow up maggiore o uguale a 4 anni, vedono un vuoto nella casella relativa ai suddetti casi.  Come si è detto in precedenza, è stata operata una certa selezione tra gli studi volta a eliminare le maggiori differenze di impostazione, permettendo quindi di innalzare il livello di standardizzazione: questo rende possibile il confronto diretto tra i risultati dei lavori. Grazie a questa selezione può risultare più scientifico e attendibile anche il valore calcolato tramite la media ponderata tra i vari studi, che si attesta a 84% riferito ai denti e al 92,6% per gli studi che valutavano singolarmente le radici (se intese come unità singole, si producono tassi di successo tendenzialmente maggiori). Naturalmente, per rendere del tutto scientifico il risultato della media ponderata occorrerebbe una standardizzazione assoluta, riguardante tutti i passaggi di ogni studio clinico, ma una tale selezione avrebbe ridotto troppo il numero di studi compatibili, creando verosimilmente una serie di sottogruppi, ognuno composto da due o tre studi con caratteristiche simili. Non a caso, a riprova di ciò, nessuno in letteratura ha ancora effettuato una meta analisi sulla prognosi dell’endodonzia chirurgica. A maggior ragione dunque, il dato così ottenuto risulta sicuramente interessante e indicativo, e ci mostra un quadro generale in cui, tranne alcuni casi, il trattamento endodontico chirurgico ottiene risultati decisamente incoraggianti, con una prognosi media ad almeno 12 mesi dell’84%, tassi di successo spesso superiori al 90% e alcune punte di eccellenza che portano addirittura a un valore del 96,8%. L’ipotesi che vede l’endodonzia chirurgica come una metodica dagli esiti sostanzialmente predicibili appare quindi confermata in pieno.

1. Lesione apicale su 11 e 21. La paziente ha appena avuto un ascesso. La discreta qualità dei restauri protesici che interessano tutta l’arcata superiore e la soddisfazione per l’estetica della paziente contribuiscono a propendere per un intervento di endodonzia chirurgica a carico di entrambi gli incisivi centrali, consentendo così di mantenere integri i preesistenti restauri protesici.
1. Lesione apicale su 11 e 21.
La paziente ha appena avuto un ascesso. La discreta qualità dei restauri protesici che interessano tutta l’arcata superiore e la soddisfazione per l’estetica della paziente contribuiscono a propendere per un intervento di endodonzia chirurgica a carico di entrambi gli incisivi centrali, consentendo così di mantenere integri i preesistenti restauri protesici.
2. Radiografia intraoperatoria al termine dell’otturazione retrograda in MTA.
2. Radiografia intraoperatoria al termine dell’otturazione retrograda in MTA.
3. 2 giorni dopo l’intervento, alla rimozione delle suture.
3. 2 giorni dopo l’intervento, alla rimozione delle suture.

Se poi si va oltre il valore fornito dalla media ponderata – che essendo volutamente un valore generale, risulta dall’unione di studi eseguiti con tecniche anche molto diverse tra loro – si può notare come il successo dei singoli studi, volutamente selezionati tra i più recenti (ultimi quindici anni), superi frequentemente il 90%, talvolta in maniera piuttosto netta. Un tale successo, da considerare estremamente positivo, si riscontra in realtà, ed è questa la cosa interessante, negli studi che hanno visto l’utilizzo di tecniche più all’avanguardia: tali tassi di successo sono probabilmente da imputare all’introduzione in primo luogo del microscopio operatorio, che ha permesso di trattare meglio soprattutto gli elementi posteriori15,11 e di riconoscere e superare difficoltà generate da anomalie e particolarità nella micro-anatomia dei settori apicali della radice16,11. Importante è stato inoltre il contributo di altre innovazioni come ad esempio strumenti a ultrasuoni, nuovi materiali come il composito, il SuperEba e da ultimo il promettente MTA. Se si ricalcola una media relativa solo a studi che hanno visto l’utilizzo di metodiche all’avanguardia, il valore risulta nettamente superiore a quello generale; come è infatti emerso nel paragrafo sui fattori prognostici legati alle tecniche operatorie, nel quale questo tema è trattato in maniera più approfondita, esso supera il 92%.

4. Visione dei tessuti molli a 3 mesi dall’intervento.
4. Visione dei tessuti molli a 3 mesi dall’intervento.
5. Radiografia a 1 anno dalla chirurgia.
5. Radiografia a 1 anno
dalla chirurgia.
6. Radiografia a 5 anni dalla chirurgia.
6. Radiografia a 5 anni dalla chirurgia.

Valori così elevati sono, infine, spiegati dal fatto che la maggioranza di questi studi ha visto impegnati endodonzisti esperti, cosa che provoca un significativo incremento della prognosi10,17, come si è dimostrato nella sezione riguardante l’operatore. Tutti questi studi dimostrano come la prognosi del trattamento chirurgico sia oggi in realtà altamente predicibile, cosa che fa di tale procedura una valida alleata del clinico nel trattamento conservativo di lesioni periradicolari persistenti dopo uno o se possibile due trattamenti endodontici eseguiti per via ortograda. Tutto questo è stato reso possibile in particolar modo dall’avvento, a partire dagli anni ’90, di nuove tecnologie, e dall’esecuzione del trattamento da parte di uno specialista.

7. Lesione apicale sintomatica sulla radice mesiale del 36. L’apparente perforazione in corrispondenza della curvatura apicale indirizza la terapia su una endodonzia chirurgica a carico della radice mesiale. Si ritiene di non intervenire sulla radice distale in quanto, nonostante la terapia canalare inadeguata, l’aspetto radiologico non evidenzia radiotrasparenze apicali.
7. Lesione apicale sintomatica sulla radice mesiale del 36. L’apparente perforazione in corrispondenza della curvatura apicale indirizza la terapia su una endodonzia chirurgica a carico della radice mesiale. Si ritiene di non intervenire sulla radice distale in quanto, nonostante la terapia canalare inadeguata, l’aspetto radiologico non evidenzia radiotrasparenze apicali.
8. Radiografia intraoperatoria al termine dell’otturazione retrograda in MTA. L’apicectomia è stata condotta appena coronalmente alla perforazione.
8. Radiografia intraoperatoria al termine dell’otturazione retrograda in MTA. L’apicectomia è stata condotta appena coronalmente alla perforazione.
9. Radiografia a 6 mesi dalla chirurgia.
9. Radiografia a 6 mesi dalla chirurgia.
10. Radiografia a 1 anno dalla chirurgia.
10. Radiografia a 1 anno dalla chirurgia.

Alcuni studi significativi

Dall’analisi della letteratura è emerso come molti fattori siano tendenzialmente in grado di modificare la prognosi, ma solo per alcuni si può parlare di veri e propri fattori prognostici, che non a caso la letteratura in lingua inglese indica con l’eloquente termine “predictors”, in quanto la loro presenza o assenza è stata correlata in maniera statisticamente significativa, e da più studi, a una modifica della prognosi. Solo per pochi fattori si può quindi parlare in termini di chiare e unanimemente condivise evidenze scientifiche, mentre per altri si era di fronte sì a diverse evidenze di una loro correlazione, ma il loro ruolo era poi ridimensionato dai risultati di altri studi. Viceversa, vi erano poi fattori che mostravano varie evidenze di non influire sulla prognosi, ma in qualche studio si erano avuti invece risultati significativi o border line in merito a essi; infine, in alcuni casi c’era un unanime consenso nell’affermare che non si trattava affatto di fattori prognostici. Si è scelto perciò di riassumere i fattori prognostici studiati in questa revisione suddividendoli in 4 diversi gruppi, in base, per così dire, a una gerarchia delle evidenze scientifiche riscontrate riguardo al loro effettivo valore quali predictors.

11. Lesione apicale sintomatica di 23. Il paziente viene inviato per una endodonzia chirurgica che ha lo scopo di risolvere la problematica endodontica e nel contempo mantenere il restauro protesico. Si noti la morfologia della radiotrasparenza, particolarmente estesa in zona distale. Si ipotizza la presenza di un sistema canalare accessorio con sbocco distale.
11. Lesione apicale sintomatica di 23. Il paziente viene inviato per una endodonzia chirurgica che ha lo scopo di risolvere la problematica endodontica e nel contempo mantenere il restauro protesico. Si noti la morfologia della radiotrasparenza, particolarmente estesa in zona distale. Si ipotizza la presenza di un sistema canalare accessorio con sbocco distale.
12. Radiografia intraoperatoria al termine dell’otturazione retrograda in MTA. All’apertura del lembo si sono evidenziati 2 canali laterali a fuoriuscita distale. L’apicectomia è stata condotta a livello del canale laterale più apicale. Si è deciso intraoperatoriamente di non effettuare un’apicectomia più coronale, che comprendesse anche il secondo canale laterale, per non rimuovere un’eccessiva porzione di radice. Sono stati preparati e otturati sia il canale radicolare principale che quello laterale.
12. Radiografia intraoperatoria al termine dell’otturazione retrograda in MTA. All’apertura del lembo si sono evidenziati 2 canali laterali a fuoriuscita distale. L’apicectomia è stata condotta a livello del canale laterale più apicale. Si è deciso intraoperatoriamente di non effettuare un’apicectomia più coronale, che comprendesse anche il secondo canale laterale, per non rimuovere un’eccessiva porzione di radice. Sono stati preparati e otturati sia il canale radicolare principale che quello laterale.
13. Radiografia a 1 anno dalla chirurgia.
13. Radiografia a 1 anno dalla chirurgia.

Nel primo gruppo, che comprende quindi i principali fattori prognostici per i quali si può parlare, in termini di solide evidenze scientifiche, di una forte correlazione con tassi di successo più elevati, si possono includere:

  • utilizzo di tecniche e strumenti all’avanguardia, con particolare riferimento all’uso del microscopio intraoperatorio (o anche dell’endoscopio, in quanto ha fornito tassi sovrapponibili), apicectomia eseguita con fresa ad alta velocità, preparazione retrograda con tecnologia a ultrasuoni18;
  • intervento eseguito da un endodonzista (le maggiori evidenze si hanno quando è confrontato al dentista generico, piuttosto che al chirurgo orale). Dalla revisione della letteratura è emerso come i principali fattori statisticamente in grado di influire positivamente sulla prognosi siano l’operatore (endodonzista) e l’utilizzo delle migliori tecniche e tecnologie disponibili, tra i quali svettano sicuramente microscopio operatorio e unità a ultrasuoni per la preparazione della cavità retrograda. Quest’affermazione risulta da solide evidenze scientifiche, negli studi in cui questi due criteri sono stati soddisfatti si sono raggiunti infatti i più alti tassi di successo, dal 91,1% al 96,8%, con un valore del 92-92,7% calcolato tramite media ponderata (il primo valore riferito a studi che valutavano il successo riferito a denti, il secondo alle singole radici).
14. Radiografia a 4 anni dalla chirurgia.
14. Radiografia a 4 anni dalla chirurgia.
15. Complessa situazione di 26 con radiotrasparenze apicali a carico delle due radici vestibolari e perforazione del terzo medio della radice palatina. Un ascesso in sede vestibolare, unitamente alla presenza di strumenti fratturati apicalmente a entrambe le radici vestibolari, ha indotto a preferire l’endodonzia chirurgica a un reintervento ortogrado.
15. Complessa situazione di 26 con radiotrasparenze apicali a carico delle due radici vestibolari e perforazione del terzo medio della radice palatina. Un ascesso in sede vestibolare, unitamente alla presenza di strumenti fratturati apicalmente a entrambe le radici vestibolari, ha indotto a preferire l’endodonzia chirurgica a un reintervento ortogrado.
16. Termine dell’endodonzia chirurgica con otturazioni retrograde effettuate con MTA. Successivamente, per via ortograda, si è provveduto alla chiusura della perforazione della radice palatale, sempre con MTA. Uno dei 3 coni di guttaperca che erano stati infilati nella perforazione, e che si trovavano all’interno del tessuto di granulazione nella zona interradicolare, non è stato rimosso in quanto posizionato troppo in profondità.
16. Termine dell’endodonzia chirurgica con otturazioni retrograde effettuate con MTA. Successivamente, per via ortograda, si è provveduto alla chiusura della perforazione della radice palatale, sempre con MTA. Uno dei 3 coni di guttaperca che erano stati infilati nella perforazione, e che si trovavano all’interno del tessuto di granulazione nella zona interradicolare, non è stato rimosso in quanto posizionato troppo in profondità.
17. Radiografia a 1 anno e mezzo dalla chirurgia.
17. Radiografia a 1 anno e mezzo dalla chirurgia.

Nel secondo gruppo sono stati posti fattori per i quali si è riscontrata certamente una tendenza a modificare la prognosi, ma non così spiccata ed evidente come per i precedenti, e comunque in assenza di un consenso unanime tra i ricercatori. I primi 3 sono fattori di fallimento, cioè correlati a una riduzione della prognosi, mentre l’ultimo, relativo al materiale da otturazione retrograda, vede qui riportati i materiali che hanno mostrato di provvedere ai tassi di successo migliori. Infatti una seconda chirurgia (intesa come re-intervento chirurgico, su un dente che già precedentemente era stato trattato chirurgicamente con esito negativo); presenza di parodontite, in particolare in denti con sondaggio superiore a 7 mm (misurata dalla CEJ)28 e una cattiva qualità del restauro coronale (molto deteriorato, infiltrato da carie secondaria, costituito da materiale da otturazione provvisoria)32; influiscono negativamente sulla prognosi finale; i materiali utilizzati per l’otturazione retrograda, invece, con particolare riferimento a MTA, SuperEBA e composito secondo tecniche adesive sembrano provvedere migliori tassi di successo se confrontati ad amalgama, Cavit e cementi vetroionomerici25-27.  Nel terzo gruppo rientrano altri fattori correlati alla prognosi in maniera sicuramente interessante, ma meno significativa e con parere non unanime nella letteratura; si tratta in particolare della chirurgia eseguita per una seconda volta sullo stesso dente, la presenza di parodontite grave (sondaggio pari o superiore a 7 mm), la presenza di un restauro coronale che non provveda a un adeguato sigillo dello spazio endodontico; tutti hanno mostrato una tendenza abbastanza marcata, ma non sempre scientificamente evidente, al peggioramento della prognosi. Simili risultati sono emersi dal confronto tra diversi materiali da otturazione retrograda, tra i quali i migliori sono risultati il SuperEba, il composito e l’MTA. I casi riproposti in iconografia esprimono clinicamente quanto appena affermato, laddove l’uso di un materiale per il sigillo apicale come MTA viene esaltato nelle sue proprietà chimiche dall’esperienza dell’operatore con un successivo positivo sull’esito prognostico finale. Nel quarto gruppo, infine, si colloca una serie di altri fattori in grado potenzialmente di ridurre la prognosi, ma riguardo ai quali esistono pareri discordi e una certa scarsità di evidenze statistiche, per i quali la letteratura fornisce quindi il livello più basso di evidenza nella correlazione:

  • presenza di perno intracanalare (in alcuni studi ha mostrato una tendenza a comportarsi come un fattore di fallimento, ma senza raggiungere significato statistico);
  • dimensioni della lesione (per alcuni la dimensione della lesione riduce la prognosi, ma la maggior parte degli studi nega questo fatto: quello che è emerso con certezza è piuttosto che lesioni grandi necessiteranno di un tempo anche di diversi anni per guarire radiograficamente)26;
  • tipo di dente (vi è in vari studi una tendenza alla riduzione dei tassi di successo nei settori posteriori, che andrà quindi tenuta presente, ma raramente significativa e negata soprattutto dagli studi più recenti e con l’avvento delle tecniche più moderne)29;
  • qualità del trattamento ortogrado (una delle variabili più controverse, nel complesso sembra avere un’influenza negativa, ma probabilmente non così netta come per altri fattori).

Altri fattori che hanno mostrato una marginale tendenza a modificare la prognosi sono stati: la presenza di un perno intracanalare, le dimensioni della lesione, la qualità del trattamento endodontico ortogrado, il tipo di dente trattato (la tendenza è una lieve riduzione del successo spostandosi posteriormente). I fattori, infine, riconosciuti come non influenti, per i quali in questo senso vi sono evidenze scientifiche, sono risultati: età del paziente; sesso; utilizzo o meno di antibiotico (si intende l’utilizzo di routine, al di là delle sue specifiche indicazioni che non vogliono qui essere negate30; natura istologica della lesione (con particolare riferimento a cisti vs granuloma)31,33-34.

La tabella 3 ripropone alcuni dei lavori elencati nella tabella 2, con particolare attenzione ad alcuni fattori più o meno influenti sulla prognosi finale dell’intervento chirurgico.

tab.3

Conclusioni

Gli studi dimostrano che la guarigione della lesione ossea periradicolare si raggiunge nella maggior parte dei casi in un tempo di 12 mesi. Questo è anche il tempo di follow up minimo raccomandato dalla letteratura; naturalmente un allungamento di questo tempo è buona cosa in quanto permette di ridurre la quota di casi incerti a favore delle categorie, certamente di più chiara interpretazione, di guarigione completa o fallimento. Dai dati emersi dalla revisione della letteratura appare sensato dedurre che l’endodonzia chirurgica è attualmente da considerare una concreta possibilità nel trattamento di lesioni periradicolari persistenti dopo un primo trattamento e un successivo ritrattamento endodontico (se fattibile) eseguiti per via ortograda. Un eventuale fallimento di un primo trattamento chirurgico può essere ancora trattato tramite una seconda chirurgia, ma da quest’ultima ci si deve aspettare una riduzione della prognosi, fino al 28% più bassa rispetto al primo intervento; prima di intraprendere un tale trattamento appare consigliabile dunque passare prima al vaglio altre possibilità terapeutiche.

In una selezione di studi che utilizzavano i criteri di valutazione introdotti da Rud 197213 o Molven 198724 (di cui Halse 1991 e Molven 1996 sono rivisitazioni minime e quindi sostanzialmente sovrapponibili), e un follow up di almeno un anno, il tasso di successo è passato dal 58% al 96,8%, con una media ponderata tra questi studi pari all’84%, valore che sale a 92,6% in un sottogruppo di studi che hanno visto la valutazione della prognosi sulle singole radici.  Questo dato già di per sé appare sicuramente soddisfacente, ma è grazie all’avvento, a partire dagli anni ’90, di nuove tecnologie, e soprattutto quando il caso è trattato da uno specialista, che si raggiungono percentuali di successo ottime che superano nettamente la soglia del 90%. In particolare, quando queste ultime due condizioni sono soddisfatte si ottengono i migliori risultati e l’endodonzia si presenta come una procedura terapeutica dall’esito altamente predicibile, con un successo tra il 92 e il 92,7%. 

Corrispondenza
Federico Gelpi
Via S. Carlo, 8
37123 Verona

Bibliografia
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La prognosi in endodonzia chirurgica: revisione della letteratura - Ultima modifica: 2015-12-04T12:54:30+00:00 da Redazione

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