In ogni settore della conoscenza si trovano nozioni che vengono considerate verità senza data di scadenza sulle quali, di conseguenza, nessuno si preoccupa più di indagare. Eppure, non è raro che manchino prove scientificamente acquisite alla base di queste, come dimostra una revisione delle conoscenze sul legame tra dentina e adesivi che ci richiama all’obbligo di vigilare criticamente. Gli sviluppi della chimica hanno permesso di ridurre l’invasività dei trattamenti restaurativi, migliorandone contemporaneamente l’estetica e la durata, ma restano ancora da risolvere i problemi indotti dalle progressive alterazioni dell’interfaccia dentina/adesivo per i quali gli esperimenti di invecchiamento artificiale sono solo il primo passo, date le imprevedibili differenze tra vivo e vitro. Perciò non è corretto dare indicazioni cliniche sulla sola base di dati sperimentali e clinici di breve durata, senza parlare del possibile rischio di conflitti di interesse, ed è consigliabile leggere integralmente la seguente pubblicazione di un gruppo di autori brasiliani, qui riassunta punto per punto.
Effetti dell’applicazione prolungata degli adesivi universali nelle lesioni cervicali non cariose
De Almeida R, Siqueira F, Verde T, Ñaupari-Villasante R, Reis A, Loguercio AD, Cardenas A. Prolonged application time effects on universal adhesives in non-carious cervical lesions: An 18-month split mouth randomized clinical trial. J Dent. 2024 Jan;140
Questo studio clinico randomizzato della durata di 18 mesi si distingue non solo per il protocollo split-mouth, che permette di confrontare un’emiarcata con l’altra nel medesimo paziente, ma anche per il disegno in doppio cieco. Un insieme di 183 restauri è stato casualmente ripartito in tre campioni diversi per adesivo (Clearfil Universal Bond Quick-CBUq oppure Clearfil SE Bond- CSE) e per tempo di applicazione (immediata o dopo 20’’). La valutazione dopo 18 mesi è avvenuta seguendo i criteri della FDI e del US Public Health Service. Il risultato più interessante è che non si è verificato alcun distacco; si sono però manifestati lievi difetti marginali in 21 casi e due discromie. Essendo quasi uguale il numero di difetti marginali tra i vari campioni (otto per l’applicazione immediata di CBUq, sei per il CBU dopo 20’’ e sette per il CSE) gli autori concludono che non vi sono differenze tra le modalità impiegate.
Alcuni miti in tema di adesivi dentinali considerati dal punto di vista delle evidenze scientifiche
Reis A, Loguercio AD, Favoreto M, Chibinski AC: Some Myths in Dentin Bonding: An Evidence-Based Perspective. J Dent Res. 2023 Apr;102(4):376-382.
MITO N. 1 gli adesivi etch-and-rinse devono essere applicati con modalità wet-bonding
Questa modalità è stata introdotta sulla base di studi in vitro e di microscopia elettronica a scansione, ma clinicamente entrano in gioco anche variabili come la contaminazione della superficie, la luce impiegata e l’occlusione. I pochi studi randomizzati sul rapporto tra umidità dentinale e longevità del restauro, condotti su restauri in sede cervicale e sui denti posteriori, non ne hanno dimostrato la superiorità sulla modalità a secco.
MITO N. 2 la clorexidina è necessaria per prolungare la durata del restauro
Numerosi studi di laboratorio e uno ex-vivo su tessuti mantenuti vitali in condizioni di laboratorio hanno dimostrato che la clorexidina riduce la degradazione dello strato ibrido, ma dalle ricerche randomizzate svolte sul distacco di restauri, eseguiti con o senza la sua applicazione, non è emersa alcuna differenza in quanto a durata. La base perfettamente logica e teoricamente accettabile di questo mito non si è tradotta in verità clinica.
MITO N. 3 l’uso della diga di gomma è essenziale per realizzare restauri duraturi
La contaminazione delle superfici dentali da parte di umidità e liquidi biologici può compromettere il legame adesivo. Una revisione sistematica ha effettivamente riscontrato un minor tasso di fallimenti a sei mesi di distanza tra i restauri eseguiti con la diga rispetto a quelli eseguiti con rulli salivari, però il livello di evidenza di questa conclusione è basso. Il livello si abbassa ulteriormente nelle ricerche svolte su periodi di tempo più lunghi. Gli autori non sono comunque contrari all’uso della diga, ma si limitano a rendere noto che dai dati sperimentali disponibili non è possibile considerare più vantaggioso il foglio di lattice rispetto ai semplici rulli salivari.
MITO N. 4 Optibond FL e Clearfli SE sono lo standard di riferimento per la tecnica adesiva
Da più di vent’anni vengono considerati tali in base anche a una metanalisi eseguita sulle ricerche di laboratorio, però questo non è stato confermato da una revisione sistematica degli studi randomizzati nei quali le percentuali di distacco dei restauri eseguiti con questi due prodotti venivano confrontate con quelle di restauri eseguiti con altri adesivi. Gli autori precisano che, per quanto i due materiali garantiscano ottime prestazioni cliniche, non possono essere considerati il gold standard in base ai dati disponibili.
MITO N. 5 Irruvidire la dentina sclerotica può ridurre il rischio di fallimento dei restauri
I tubuli della dentina sclerotica sono obliterati in parte o del tutto; inoltre, lo strato superficiale è sovramineralizzato e più resistente agli acidi, fattore che potrebbe compromettere la penetrazione dell’adesivo. È logico quindi attendersi un migliore risultato clinico rimuovendo questo strato prima di applicare l’adesivo e così hanno confermato prove di laboratorio e studi clinici non randomizzati. Purtroppo, neppure questa affermazione ha superato l’esame delle ricerche randomizzate, dove la selezione dei soggetti da inserire nei campioni avviene in modo casuale.
MITO N. 6 il comportamento clinico degli adesivi può essere previsto in base al numero delle fasi operative
In base a una metanalisi svolta su 66 studi randomizzati non è stato possibile rilevare alcuna differenza tra le varie metodiche operative per quanto riguarda la durata dei restauri. Gli autori sottolineano che le prove di laboratorio e le ricerche cliniche devono essere confermate da studi clinici svolti in modo conforme alla medicina basata sulle evidenze.
Prestazione clinica dopo 5 anni di un adesivo universale applicato seguendo diversi protocolli
Ñaupari-Villasante R, Matos TP, de Albuquerque Tardem C, Calazans FS, Poubel LA, Reis A, Barceleiro MO, Loguercio AD. Five-year clinical evaluation of universal adhesive applied following different bonding techniques: A randomized multicenter clinical trial. Dent Mater. 2023 Jun;39(6):586-594EG, Warol F
In questo studio clinico randomizzato, gli autori hanno confrontato le prestazioni cliniche dell’adesivo universale Futurabond U (Voco) applicandolo in quattro modi diversi su 50 pazienti casualmente divisi in gruppo solo self-etch, gruppo mordenzatura selettiva dello smalto con self -etch, gruppo etch-and-rinse su dentina asciutta, gruppo etch-and-rinse su dentina umida.
Dopo cinque anni, sono comparsi lievi difetti marginali in 35 restauri, discromie in 16 restauri e una carie secondaria (nel gruppo dentina umida) senza alcun caso di sensibilità termica.
Per quanto la loro distribuzione fosse diversa tra i gruppi (nell’ordine 20, 13, 7 e 5) non è stata superata la soglia di significato statistico. Le conclusioni considerano inifluente la modalità di applicazione, ma è bene tenere presente l’esiguità dei campioni studiati.
Effetti del metodo dual-bonding sulle proprieta’ adesive dei restauri indiretti
Ozer F, Batu Eken Z, Hao J, Tuloglu N, Blatz MB. Effect of Immediate Dentin Sealing on the Bonding Performance of Indirect Restorations: A Systematic Review. Biomimetics (Basel). 2024 Mar 17;9(3):18 2
Nell’esecuzione dei restauri indiretti è considerata buona norma l’applicazione di un adesivo prima dell’impronta per sigillare i tubuli dentinali e proteggerli fino alla cementazione. Gli autori di questa revisione sistematica hanno raccolto e analizzato la letteratura disponibile a caccia di evidenze sperimentali, più in particolare per capire se la capacità adesiva finale venga influenzata dal tempo, dal tipo di adesivo e di composito e dal materiale del restauro provvisorio. Sono state considerate solo le ricerche in vitro per un totale di 60 pubblicazioni. Le conclusioni sono che il dual-bonding migliora la forza di legame dei restauri indiretti e riduce gli effetti negativi dei materiali del restauro provvisorio sulla durataa del legame del restauro definitivo.