La CBCT (Cone Beam Computed Tomography), in endodonzia, viene impiegata in molte situazioni cliniche: nella diagnosi di patologie periradicolari, nella valutazione di riassorbimenti radicolari interni ed esterni, e nelle perforazioni iatrogene, così come nella pianificazione della chirurgia endodontica. Quali sono i confini “pratici” per un suo utilizzo razionale?
Lo spiega Roberto Fornara, odontoiatra libero professionista, attivo a Magenta, in provincia di Milano, autore di un aggiornamento monografico pubblicato su Il Dentista Moderno (dicembre 2018).
«La tomografia computerizzata a fascio conico (CBCT)», spiega Fornara, «è una tecnica radiografica extra-orale sviluppata sul finire degli anni ‘90 che fornisce, grazie a specifici software, nell’arco di pochi minuti immagini nei tre piani dello spazio del volume acquisito. Il grande vantaggio di questa tecnologia è rappresentato dalla dose di radiazione per il paziente che risulta essere di molto inferiore a quella di una tomografia computerizzata multislice (MSCT) impiegata in altri ambiti medici».
Negli ultimi anni, ricorda Fornara, l’avvento della CBCT e dell’imaging 3D ha portato a un aumento considerevole di utilizzo di questa tecnica d’indagine in tutte le specialità odontoiatriche: in modo particolare in endodonzia il suo impiego ha permesso di introdurre nuovi standard di valutazione diagnostica e nuovi protocolli terapeutici.
«Obiettivo di questo aggiornamento monografico è quello di fare il punto della situazione sulle reali potenzialità di utilizzo della CBCT in endodonzia», spiega Fornara, «definendo il più possibile i confini “pratici” per un suo utilizzo razionale. Infatti, se da un lato è essenziale che il clinico endodontista comprenda e apprezzi il potenziale valore delle immagini tridimensionali, è altrettanto importante essere a conoscenza dei loro limiti».