I fatti di cronaca di questi giorni lasciano spazio a riflessioni anche in tema di sicurezza degli ambienti ospedalieri e di quei luoghi in cui la salute dovrebbe essere tutelata. In Italia sono tutt’altro che sicuri in caso di sisma. Sono almeno 500, secondo una relazione presentata nel 2013 dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul Ssn, gli ospedali a rischio, dislocati soprattutto lungo l’Appennino.
“Per quanto riguarda la situazione degli edifici ospedalieri – scrive la commissione, che era presieduta da Ignazio Marino – le strutture che necessitano di una pluralità di interventi, che sarebbero strategiche in base alla loro localizzazione in zone ad alto rischio sismico dato che costituiscono un punto di riferimento per la gestione di eventuali situazioni di emergenza post evento, non sono meno di 500. Sono strutture distribuite soprattutto lungo l’arco appenninico, nella zona dell’Italia centrale ma soprattutto meridionale, in particolare in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia”.
Al 2013 solamente l’8% delle strutture ospedaliere era stato costruito negli ultimi 30 anni, cioè dopo il 1983, mentre il 16% risale a prima del 1934. Dalla stessa indagine emerge che “Il 75 per cento degli edifici verificati presenterebbe un indicatore di rischio di stato limite di collasso compreso tra lo 0 e lo 0,2, quindi carenze gravissime. Se cioè si verificasse un terremoto particolarmente violento con magnitudo superiore a 6,2-6,3, il 75 per cento degli edifici che sono stati verificati crollerebbe”.