Il Piano di protezione, l’ultima frontiera per prevenire la perimplantite   

Per parlare di perimplantite, con un respiro internazionale, abbiamo scelto un odontoiatra italiano, noto però in tutto il mondo. È Tiziano Testori, past president dell’Italian Academy of Osseointegration (IAO), responsabile del Reparto di Implantologia e Riabilitazione Orale presso la Clinica Odontoiatrica dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi (Università degli Studi di Milano), ma anche adjunct associate professor alla University of Michigan, School of Dentistry, Department of Periodontics and Oral Medicine.

 

Professor Testori, a fronte di un numero sempre maggiore di riabilitazioni implantari, assistiamo a un incremento di patologie correlate come la mucosite e la perimplantite; quali sono le principali caratteristiche di queste problematiche?

Innanzitutto, converrebbe ragionare sui numeri che sono per certi versi allarmanti, a fronte di molti odontoiatri convinti che il fenomeno sia circoscritto e che i rischi per il paziente di andare incontro a queste complicanze siano tutto sommato limitati, quando invece dipendono dalla situazione clinica iniziale del paziente che a volte non viene presa sufficientemente sul serio. Perlomeno da alcuni clinici e questo bisogna onestamente riconoscerlo.

Tiziano Testori

Ciò che colpisce è la variabilità dei numeri disponibili riferiti all’incidenza di queste malattie che per le mucositi arriva fino al 60%, per le perimplantiti al 40-45%: si tratta però di numeri alquanto disomogenei che dipendono dal tipo di lavoro scientifico, dai materiali e dai metodi impiegati, nonché da chi è stato svolto lo studio e con quali finalità.

Insomma, c’è la stessa variabilità che si riscontra sui lavori scientifici riguardanti gli impianti, perché non è vero che gli impianti funzionino quasi nel 100% dei casi. Questi sono i numeri da congresso, riferiti a pazienti pressoché sani e selezionati.

La realtà clinica di ogni giorno è ben diversa e non sempre l’odontoiatra prende alla lettera i fattori di rischio che porterebbero ad escludere dai trattamenti un numero significativo di pazienti. Aprire le maglie dell’arruolamento è rischioso e ha come conseguenza diretta una riduzione del successo implantare che può arrivare all’80- 85% (se sono presenti multipli fattori di rischio) e non al 100%, anche a causa della perimplantite, uno dei fattori principali responsabili del fallimento di un impianto.

Com’è possibile prevenire la perimplantite e quali sono i limiti delle terapie in base alla sua esperienza diretta?

Le patologie che possono colpire gli impianti e i denti naturali hanno caratteristiche similari, ma il loro comportamento è estremamente diverso: quelle implantari sono più rapide, temibili e meno responsive alle terapie.

In base ai fattori di rischio legati ai pazienti, alla gestione della parte chirurgica e protesica e alla cura dedicata al mantenimento del paziente, la possibilità per il soggetto trattato di sviluppare problematiche implantari può aumentare sensibilmente. Per esempio, ormai è noto quanto parodontite, diabete, fumo, patologie sistemiche possano influire sui processi di osteointegrazione e aumentare la suscettibilità del paziente alle perimplantiti. Con il “Protocollo Longevity”, io e il mio gruppo di ricerca alcuni anni fa realizzammo un sistema computerizzato capace di calcolare il grado di successo implantare in funzione dei parametri di rischio associati a ciascuna patologia, sistema che poi purtroppo non ebbe il seguito che ci aspettavamo. In ogni caso, come odontoiatra per così dire di “seconda battuta”, cioè che vede i problemi della professione sia in ospedale, sia in studio, perché ricevo tanti pazienti riferiti, posso dire con certezza che i numeri della letteratura sono ben diversi dalla realtà, a dimostrazione di quanto sia importante seguire i dettami della prevenzione primaria della perimplantite

La selezione del paziente come candidato all’implantologia è un passaggio fondamentale per garantire il successo delle riabilitazioni implantari, almeno quanto la capacità del clinico: è così?

Sì, perché se è vero che servirebbe evidenziare una volta in più il fatto che esistano controindicazioni assolute e relative all’implantologia, controindicazioni che, se ignorate, portano facilmente a problematiche e fallimenti (e in questi casi nessuno potrà garantire la durata degli impianti, né un piano di mantenimento, né un prodotto da igiene orale e neppure un buon odontoiatra), è altrettanto vero che la cosiddetta “perimplantite iatrogena” è una realtà, di cui peraltro si parla poco.

Con l’Università del Michigan abbiamo condotto una ricerca proprio su questo argomento, evidenziando quanto sia importante eseguire correttamente il posizionamento dell’impianto che deve consentire al paziente e all’igienista dentale di poter eseguire un’adeguata igiene, ma anche assicurare all’impianto un sufficiente tessuto cheratinizzato, proprio come attorno ai denti naturali, tessuto che riduce gli indici infiammatori e svolge una funzione protettiva nei confronti dell’impianto.

Anche un buon candidato all’implantologia non deve però essere considerato “al sicuro” da problematiche implantari e il clinico deve provvedere ai controlli periodici post-intervento...

Certo, ma non è sempre facile mantenere alta nel tempo l’attenzione del paziente. Oltretutto, a rigor del vero, ad oggi, nonostante esistano delle terapie codificate per il trattamento delle patologie parodontali, non esiste una terapia sicuramente efficace per il trattamento delle perimplantiti. Tra i clinici non c’è un consenso univoco sui metodi e su come contrastare le recidive, neppure a livello internazionale, pertanto la migliore terapia resta la prevenzione, primaria e secondaria. Intercettare la mucosite prima che diventi perimplantite significa preservare l’osso dall’avanzamento della malattia che nella sua fase iniziale è curabile. Per questa ragione è bene che il paziente venga visto dall’odontoiatra periodicamente, con la giusta frequenza che dipende dal grado di rischio cui è stato associato quel determinato soggetto.

Qual è a suo avviso il modo migliore per coinvolgere il paziente in un rapporto di fiducia e collaborazione col proprio odontoiatra, rispettando le indicazioni suggerite?

Dalla mia esperienza come clinico – quest’anno sono quarant’anni di professione – posso dire con certezza che la chiave di volta è data dalla capacità di responsabilizzare il paziente, insegnandogli come praticare l’igiene, ma anche, a lavoro ultimato, cioè a chiusura del caso, dalla definizione di una base-line, cioè di un punto di riferimento a partire dal quale il clinico possa monitorare il paziente nel tempo.

E il “Piano di protezione” contro i rischi biologici e biomeccanici che abbiamo ideato e che coinvolge paziente, igienista dentale e odontoiatra va proprio in questa direzione. Il principio è lo stesso che regola la garanzia di un’automobile per la quale sono richiesti i tagliandi periodici. Altrettanto deve avvenire nel nostro settore: l’odontoiatra fornisce un piano di protezione, purché vengano svolti i controlli periodici concordati preventivamente con il paziente, la cui frequenza dipende dai fattori di rischio, suscettibili di cambiamenti in funzione dello stato di salute del paziente e del suo livello di compliance. È questo a motivare il paziente.

Per quanto riguarda l’igiene domiciliare quotidiana, invece, rimuovere la placca è da sempre ritenuto fondamentale, ma impedire la proliferazione di specie batteriche parodontopatogene lo è ancora di più. È inutile azzerare il bíofilm orale con prodotti aggressivi: agire selettivamente con prodotti mirati può dare risultati migliori, eccellenti e senza effetti collaterali. L’ozono è ad esempio un principio attivo molto utilizzato, poiché la sua azione è selettiva sui gran negativi anaerobi, fra i quali troviamo alcuni dei più temibili parodontopatogeni, ed è dunque anche su questi che la nostra azione deve concentrarsi per tenere lontana la perimplantite dai pazienti e dai nostri impianti, mentre la clorexidina resta sempre un’arma vincente quando è presente la mucosite o dopo interventi chirurgici per il trattamento della perimplantite, tuttavia non può essere utilizzata tutti i giorni come sciacquo di routine.

 

 

 

 

Il Piano di protezione, l’ultima frontiera per prevenire la perimplantite    - Ultima modifica: 2021-04-29T10:22:22+00:00 da redazione
Il Piano di protezione, l’ultima frontiera per prevenire la perimplantite    - Ultima modifica: 2021-04-29T10:22:22+00:00 da redazione

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome