Comprensione e ricordo alla base del consenso informato

Consenso informato

Il consenso informato è un problema ancora irrisolto. Secondo l’ultimo rapporto Pit Salute di Cittadinanzattiva, la fotografia della sanità italiana, una persona su cinque, fra quelle che hanno segnalato “difficoltà di accesso alla informazione ed alla documentazione sanitaria”, ha riscontrato difficoltà o problemi con il consenso informato.

A dispetto del Diritto al Consenso previsto dalla Carta Europea dei diritti del malato di Cittadinanzattiva, i cittadini raccontano di sentirsi disorientati o di nutrire dubbi sull’intervento a cui dovranno sottoporsi, perché viene loro lasciato troppo poco tempo tra la consegna del modulo e l’esecuzione della prestazione; i moduli di consenso informato risultano difficili da comprendere, ostici, troppo lunghi e tecnici.

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Insomma, i cittadini vorrebbero ricevere più informazioni per poter scegliere e capire come saranno curati.”Per questo”, dice Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, “chiediamo al Ministero della Salute di realizzare una Raccomandazione Ministeriale sui requisiti di qualità del percorso di acquisizione del consenso informato e la relativa attivazione di un gruppo di lavoro che coinvolga anche organizzazioni di cittadini e pazienti, Società Scientifiche, Ordini Professionali, esperti sul tema”.

Un problema anche per l’odontoiatria

Il consenso informato interessa tutti gli ambiti della medicina, ma forse in un modo del tutto particolare l’odontoiatria esercitata negli studi privati. “Considerare il consenso informato solo

Michele Cassetta, esperto di comunicazione
Michele Cassetta, medico odontoiatra, divulgatore scientifico e autore di diversi testi sulla comunicazione, spiega come valorizzare il consenso informato

un’incombenza burocratica o un obbligo di legge è un grave errore”, dice Michele Cassetta, medico odontoiatra, divulgatore scientifico e autore di testi su come comunicare con il paziente in maniera efficace, “perché la raccolta del consenso necessario per praticare le cure è invece un momento essenziale del rapporto tra medico e paziente, una grande opportunità, spesso disattesa, per entrare in uno spazio di comunicazione efficace con il paziente. Tanto è vero che davanti ai giudici nei tribunali, non sono rari i casi di pazienti che affermano di aver apposto la firma sul modulo del consenso informato senza averne compreso il significato: un’evenienza di cui i giudici tengono poi conto, condannando l’operato dell’odontoiatra”.

Come trasformare il problema in un’opportunità

Innanzitutto comprendendo il significato del termine “consenso informato”. “Perché un consenso sia davvero informato”, spiega Michele Cassetta, “l’odontoiatra deve essere certo che le cose dette verbalmente al paziente e scritte sul modulo di consenso siano state comprese dal paziente stesso.

Per esserne certi, bisogna affidarsi agli strumenti di comunicazione che suggeriscono innanzitutto di spiegare quel che si vuole dire al paziente in modo personalizzato, cioè utilizzando un linguaggio e un modo adeguato alla persona che si ha davanti.

Poi è necessario compiere una verifica che invece manca sempre, quando basterebbe chiedere al paziente se ha compreso quanto abbiamo detto, coinvolgerlo, fargli raccontare quel che ha capito del nostro discorso, perché solo portandolo sul piano della condivisione pratica ha la possibilità di ricordare meglio le cose.

Spesso i pazienti infatti non capiscono e non lo dicono, ma neppure ricordano e questo è comprensibile dato che vengono informati di cose estranee al loro ambito di conoscenze, cose che dunque non possono ricordare”.

Quando, dove e come raccogliere il consenso informato

La strada che conduce al consenso informato parte dalla prima visita. “E’ il momento più importante e delicato del rapporto medico-paziente”, dice Cassetta, ” invece spesso è trascurato sul piano della comunicazione. Come suggeriscono anche le neuroscienze, in questo frangente avviene l’incontro di due cervelli, quello del medico e quello del paziente, ciascuno dei quali vede la realtà in maniera diversa, ma è l’odontoiatra a dover gestire la relazione ed è per questo che dovrebbe dotarsi di strumenti di comunicazione”.

Per esempio, suggerisce Cassetta, è buona cosa fare domande aperte al paziente, cioè domande che lo inducano a parlare e non a rispondere solo con un sì o con un no. L’odontoiatra dovrebbe cercare di capire come il paziente interpreti il mondo che lo circonda, cioè lo studio e quindi acquisire più informazioni possibili.

Attenzione alla postura“, avverte l’esperto di comunicazione, “bisogna avere un rapporto paritario dal punto di vista della posizione del corpo col paziente: se la persona è seduta, dobbiamo sederci anche noi, togliere la mascherina ed assicurarci che l’ambiente circostante sia silenzioso e confortevole”.

E’ importante stimolare tutti i canali sensoriali del paziente, perché l’odontoiatra non sa se chi ha di fronte, se una personale più sensibile alla sfera emozionale, anziché alle parole usate o all’ambiente che lo circonda.

“Secondo Edgard Dale, grande esperto di comunicazione e di aprrendimento”,ricorda Cassetta, “il paziente ricorda quando viene stimolato su più canali sensoriali: se noi diamo al paziente due righe scritte su “cos’è un impianto”, difficilmente otterremo l’obiettivo di informarlo, perché la nostra mente ricorda poco se non è sufficientemente stimolata.

Se noi invece gli facciamo vedere delle simulazioni, dei casi trattati, disegniamo dei grafici, insomma lo rendiamo attivo nella comunicazione, allora la persona comprende e ricorda e a quel punto diventa consapevole e davvero informato, non perché ha apposto una firma sul modulo del consenso informato, ma perché lo abbiamo accompagnato in un percorso autentico di comprensione”.

Comprensione e ricordo alla base del consenso informato - Ultima modifica: 2018-02-22T17:24:49+00:00 da Pierluigi Altea

1 commento

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