Fase cruciale per ridurre il rischio di contaminazioni, la sterilizzazione degli strumenti utilizzati durante le attività dello studio deve essere effettuata nel rispetto delle normative vigenti, purtroppo non sempre chiare da interpretare, e seguendo passaggi ben precisi. Ecco un utile vademecum a prova di errori

Tra i compiti di un odontoiatra, sia esso libero professionista sia sicuramente direttore sanitario, vi è l’attenzione (e la responsabilità) ai processi di pulizia e sterilizzazione all’interno dell’ambulatorio. A onore del vero, non vi è una norma nazionale scritta e redatta per gli studi dentistici e non vi sono norme di legge specifiche per la nostra attività.

Il documento a cui si deve fare riferimento sono le Linee Guida elaborate dall’Ispettorato Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL). Le procedure di disinfezione e la sterilizzazione si identificano quali “misure di prevenzione- protezione di tipo collettivo ai sensi del Titolo X del D.Lgs 81/2008 e s.m.i. e sono basate sull’utilizzo di metodi chimici e chimico-fisici, per inattivare, distruggere o rimuovere microrganismi patogeni” (Linee guida ISPESL).

La lettura del documento non è immediata poiché le Linee Guida implicano processi di sterilizzazione per “ospedali di grandi/medie dimensioni” e per “ospedali di piccole dimensioni”. Tuttavia, se la lettura del testo viene condotta con cognizione di causa odontoiatrica, si estrae un vademecum pratico e utile anche per la nostra pratica clinica quotidiana.

Si cercherà quindi di riassumere in 10 punti quello che l’odontoiatra deve sapere al fine di tutelare la salute dei suoi dipendenti e collaboratori, la salute dei pazienti e, non ultimo, sé stesso in caso di controlli da parte delle autorità competenti.

1. Raccolta e trasporto

L’esposizione ad agenti biologici avviene già durante la prima fase del ciclo. Di norma, all’interno di uno studio odontoiatrico è il personale ASO che raccoglie il materiale infetto e lo trasporta in sala sterilizzatrice. Nelle strutture più grandi potrebbero però essere due persone distinte, questo a voler dire che la preparazione del materiale infetto da parte di un ASO deve essere funzionale al trasporto, sia in termini di sicurezza sia in termini di ergonomia: quindi eliminare tempestivamente taglienti monouso contaminati o aghi utilizzati e suddividere subito i materiali più piccoli come frese o spazzolini dallo strumentario più grande può risultare sicuramente efficace nell’efficientare le procedure di sterilizzazione. Per quanto riguarda il trasporto alla sala di sterilizzazione, questo deve essere il più veloce possibile, proporzionalmente alla possibilità di contaminazione della prestazione eseguita.
Si ricorda senza dubbio l’utilizzo di dispositivi di protezione individuali (DPI).

2. Decontaminazione

All’arrivo in sala di sterilizzazione, gli strumenti devono essere immersi in un’apposita vasca contenente soluzione disinfettante con l’obiettivo di ridurne la carica microbica. Da notare come anche il contenitore utilizzato per il trasporto debba essere immerso nella medesima vasca. La concentrazione dei disinfettanti e la durata di immersione varia a seconda del prodotto utilizzato e dallo strumento immerso; è opportuno quindi seguire le indicazioni fornite dal fabbricante/produttore.

3. Lavaggio a ultrasuoni e lavaggio manuale

In seguito alla fase di decontaminazione, ha inizio la fase di lavaggio. La pulizia a ultrasuoni è particolarmente indicata per tutti quei dispositivi medici delicati (microchirurgia) o che presentano articolazioni e zigrinature dove facilmente si deposita materiale organico difficile da rimuovere con altri sistemi. Si basa su un principio fisico chiamato cavitazione ultrasonica, che consiste nella formazione di cavità o bolle di gas, create da onde ultrasoniche che implodono all’interno di un liquido con conseguente enorme rilascio di energia d’urto. Un buon risultato si ottiene mediante il rigoroso rispetto delle seguenti indicazioni:

  • la concentrazione della soluzione deve corrispondere a quanto prescritto dal fabbricante;
  • la temperatura dell’acqua (intorno ai 40°C, comunque in funzione della soluzione utilizzata);
  • la frequenza degli ultrasuoni attorno a 35 KHz;
  • il tempo di contatto (minimo di cinque minuti).

Gli strumenti vanno immersi completamente nella soluzione, aperti o smontati, posti in modo che non rimangano zone d’ombra. La soluzione detergente deve essere rinnovata a intervalli regolari, a seconda della frequenza e delle condizioni d’uso e, comunque, almeno giornalmente. Occorre associare al lavaggio a ultrasuoni il lavaggio manuale, specialmente per tutti quei dispositivi che presentano cavità o lumi ristretti e di difficile accesso per i quali è consigliato ricorrere all’utilizzo di dispositivi come scovolini, spazzole con setole morbide e pistole ad acqua e/o ad aria compressa. Attualmente, infatti, il lavaggio manuale viene considerato un metodo superato in quanto la tecnologia moderna ha messo a disposizione apparecchiature automatiche capaci di garantire il risultato con un basso rischio di infortuni per gli operatori addetti.

4. Risciacquo e asciugatura

Il risciacquo deve essere fatto sotto acqua corrente con l’obiettivo di rimuovere residui di detergente.

Successivamente, l’asciugatura può essere eseguita con aria compressa o utilizzando panni di tela o carta, con l’accortezza che questi non rilascino fibre.

5. Controllo e manutenzione

Prima di confezionare lo strumento è necessario verificarne l’integrità, la pulizia e la funzionalità.

Durante questa fase si effettua la lubrificazione degli strumenti articolati o rotanti che, anche in questo caso, può avvenire in modo automatico, al fine di ottimizzare ed efficientare il processo. Si sottolinea come l’impiego di lubrificanti per turbine e manipoli non avvenga solo allo scopo di mantenere l’efficienza meccanica, ma anche con l’intento di ridurre il rischio di contaminazioni crociate all’interno dello studio.

6. Confezionamento

Dopo il controllo, gli strumenti vengono confezionati. Questa fase dovrebbe essere condotta in un luogo diverso da quello del lavaggio.

Il confezionamento del materiale sanitario da sottoporre a processo di sterilizzazione deve permettere (Linee Guida ISPESL):

  • la penetrazione e il conseguente contatto dell’agente sterilizzante con il materiale da trattare;
  • la conservazione della sterilità nei tempi e modi stabiliti dal corretto stoccaggio;
  • la riduzione del rischio di contaminazione del contenuto al momento dell’apertura nel campo sterile;
  • praticità, comodità ed economicità;
  • le dimensioni delle buste dovranno essere tali che i materiali contenuti non occupino più dei 3⁄4 del volume totale; i materiali acuminati dovranno essere protetti in modo tale da evitare la lacerazione della confezione stessa;
  • su ogni confezione devono essere stampati indicatori di processo di Classe 1 secondo quanto specificato dalla norma UNI EN ISO 11140-1;
  • l’indicatore deve essere posizionato in modo tale che i metalli pesanti contenuti nell’inchiostro non possano contaminare il materiale da sterilizzare;
  • per il materiale di sala operatoria è consigliato il confezionamento in doppio involucro;
  • le buste sono commercializzate per essere sottoposte a termosaldatura (alcune tipologie sono commercializzate con adesivo incorporato);
  • la termosaldatura normalmente viene effettuata a una temperatura che varia tra 160 °C e 180 °C a seconda della tipologia di materiale.
7. Sterilizzazione

Gli strumenti confezionati vanno inseriti in un’autoclave che rilascerà vapore fino a una temperatura di 121°C o 134°C al massimo. Questa fase serve per eliminare ogni forma microbica vivente, comprese spore e funghi.

Per eseguire al meglio questa ultima procedura è necessario prestare attenzione alle indicazioni date dal fabbricante del prodotto con cui si sterilizza o del prodotto da sterilizzare.

In particolare, si devono considerare: la scelta del metodo, la temperatura e la possibilità di riprocessazione nel rispetto delle direttive europee sulla sterilizzazione a vapore (UNI EN ISO 11607-1, UNI EN ISO 11607-2, UNI EN 868-2).

8. Tracciabilità

Ogni busta deve riportare un’etichetta che documenti la tracciabilità del processo, in particolare il giorno di sterilizzazione, l’autoclave utilizzata, il tipo di ciclo effettuato, il numero progressivo e l’esito. Queste informazioni devono essere conservate in formato cartaceo o digitale.

9. Stoccaggio

A fare i precisi, bisogna dire che questa fase è solamente annunciata e non spiegata all’interno delle Linee Guida. Va da sé, però, che le modalità di stoccaggio e quindi di conservazione influenzano la sterilità dello strumento imbustato; il processo deve essere effettuato impiegando tutte le precauzioni necessarie a impedire il deterioramento o la lesione delle confezioni stesse. Per quanto riguarda la “data di scadenza” di sterilità degli strumenti, si consiglia di eseguire le opportune verifiche dopo aver consultato gli organi di controllo predisposti, che differiscono regione per regione.

A riguardo, le Linee Guida recitano che i materiali di confezionamento “devono essere in grado di mantenere la sterilità del materiale fino alla scadenza stabilita, in conformità alla norma UNI EN ISO 11607-1 e UNI EN ISO 11607-2”.

10. Verifiche periodiche e manutenzione

Le apparecchiature devono essere sottoposte periodicamente a manutenzione come da libro macchine e questa deve essere svolta da personale qualificato, indicato dal costruttore. Quotidianamente, invece, occorre effettuare dei test ai macchinari usati che ne garantiscano il buon funzionamento:

  • Test del vuoto (Vacuum Test)
  • Test di penetrazione del vapore per i materiali porosi (Bowie-Dick)
  • Test di penetrazione del vapore per i materiali cavi (Helix test – vedi UNI EN 285 annex 1 e UNI EN 867-5)

I risultati dei test effettuati e i dati registrati dalle apparecchiature devono essere archiviati e opportunamente conservati.

 

Facciamo il punto, con alcune riflessioni

A seguito della lettura e del riassunto (molto sintetico) delle Linee Guida ISPELS, bisogna a mio parere sottolineare due aspetti. In primo luogo, “il responsabile del processo di sterilizzazione deve garantire la puntuale esecuzione dei protocolli che la Direzione Medica Ospedaliera deve predisporre. Ai sensi del D.Lgs 81/2008 e s.m.i., quindi, è individuato come responsabile del processo di sterilizzazione il datore di lavoro. Chi coordina l’attività operativa è generalmente un infermiere con funzioni di Coordinatore, che si inquadra nel ruolo di preposto, mentre il dirigente di direzione medica si inquadra nel ruolo di dirigente, sempre in base al profilo legislativo sopra menzionato… In organizzazioni più piccole e più semplici (ad esempio: ambulatori odontoiatrici, ambulatori chirurgici, eccetera)…dove l’infermiere, pur essendo preferibile, non sempre è disponibile, si possono individuare altre figure professionali con formazione specifica”.

È possibile quindi delegare all’ASO l’intero processo di sterilizzazione, fermo restando che la responsabilità finale rimane del titolare di studio o della srl odontoiatrica.

Altro aspetto da evidenziare è il mancato controllo della sterilità dello strumento in sé. Nel testo è scritto: “per sterilizzazione si intende qualsiasi processo, fisico o chimico, che porta alla distruzione di tutte le forme di microrganismi viventi e altri agenti biologici. Tale definizione semplifica il concetto di sterilità che, al contrario, può essere definito solo su basi statistiche”. Questo significa che il controllo della sterilità del prodotto è garantito dalle prestazioni dei macchinari (e sicuramente dallo stoccaggio del prodotto), piuttosto che dalla sterilità stessa.

Per semplificare, l’odontoiatra deve rispettare i controlli e la manutenzione dei macchinari, fare attenzione ai prodotti utilizzati e alle relative modalità d’impiego e osservare le specifiche raccomandazioni emesse dagli organi di controllo, varianti da regione a regione.

 

Take Home Message

• La sterilizzazione rappresenta un momento di prevenzione fondamentale e insostituibile nell’ambito del controllo del rischio biologico
• È possibile delegare a terzi l’intero processo di sterilizzazione
• Attenzione alla manutenzione e alle verifiche periodiche dei macchinari

 

Fonti

Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro - Dipartimento Igiene del Lavoro. Linee Guida sull’attività di sterilizzazione quale protezione collettiva da agenti biologici per l’operatore nelle strutture sanitarie (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.). Versione maggio 2010. https://www.lisaservizi.it/sites/default/files/old_sitefile/20150820174254-l.g._ispesl_sterilizzazione_versione_20_maggio_2010.pdf

I 10 step fondamentali per una corretta sterilizzazione - Ultima modifica: 2023-12-12T09:59:41+00:00 da K4
I 10 step fondamentali per una corretta sterilizzazione - Ultima modifica: 2023-12-12T09:59:41+00:00 da K4