Grazie a Internet e al commercio elettronico si è diffusa l’abitudine di acquistare beni e servizi attraverso portali generalisti e siti di singole aziende. In alcuni casi i venditori non si trovano nel territorio italiano, bensì in altri Stati membri della UE oppure in Stati che non appartengono all’Unione. È sempre possibile dedurre dal reddito fiscale le spese effettuate presso questi fornitori esteri?
Le condizioni per dedurre queste particolari spese sono le stesse richieste per le spese nazionali: esse devono essere direttamente correlate allo svolgimento dell’attività economica (non destinate a scopi privati) e corredate da idonea documentazione dell’acquisto. Se l’acquirente è un professionista, la documentazione dovrà provare l’avvenuto pagamento, a seguito dell’applicazione della tassazione in base ai movimenti di cassa, tipica del lavoro autonomo.
In ambito nazionale, il documento principe per giustificare la deduzione delle spese è la fattura, che va registrata nei prescritti libri fiscali in modo che gli importi confluiscano direttamente in dichiarazione dei redditi e dell’Iva, se quest’ultima è dovuta. A proposito della dichiarazione Iva, l’attività in cui si effettuino esclusivamente operazioni esenti Iva, come quella odontoiatrica, darebbe diritto all’esonero dalla presentazione, ma basta un solo acquisto “estero” nell’anno per perdere questa possibilità e far scattare l’obbligo di presentarla. Per gli acquisti da fornitori esteri è sempre la fattura che si deve ottenere e conservare ai fini fiscali. Vi sono però notevoli differenze: l’obbligo di provvedere al versamento dell’Iva in luogo del fornitore; la produzione del documento; l’obbligo di comunicare mensilmente all’Agenzia delle entrate i dati di queste operazioni (esterometro).
Il “reverse charge” dell’Iva
Quando si tratta di fatture, viene in primo luogo a rilievo la normativa sull’Iva, che va applicata per tutte le operazioni connesse all’attività svolta; questo in linea generale si desume dalla comunicazione al fornitore del bene o del servizio (se in ambito UE) del proprio codice identificativo ai fini dell’imposta: la partita Iva. È però necessario, per effettuare le operazioni di acquisto da operatori UE, che la propria partita Iva sia registrata in un apposito elenco detto VIES. In caso di operazioni con l’estero spetta all’acquirente provvedere al calcolo dell’imposta dovuta e al suo versamento nelle casse dell’Erario, entro il mese o entro il trimestre di riferimento se è stata scelta l’opzione per quest’ultima scadenza periodica. Tale obbligo è disposto dall’art. 17 del DPR 26/10/1972 nr. 633. L’importo dell’Iva, versata da chi compra, sarà interamente deducibile ai fini delle imposte sul reddito quando, come accade per le attività odontoiatriche, si effettuano operazioni attive esenti dall’imposta. Quanto descritto è la procedura nota come “reverse charge”, che si applica anche ad alcuni circoscritti acquisti da fornitori nazionali; in caso di irregolarità, sono previste dall’art. 6, commi da 9 bis a 9 bis3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997 nr. 471, sanzioni amministrative che possono arrivare fino a 20.000 euro.
Acquisto da fornitore UE
Quando si acquista da una azienda in uno Stato della UE diverso dall’Italia, si riceve, a conclusione dell’ordine, una fattura che contiene i dati del fornitore: osservandoli si deve desumere la sua localizzazione all’interno dell’Unione o meno. L’emissione di regolare fattura è, per il fornitore UE, un obbligo tanto quanto lo è negli scambi nazionali. In luogo dell’Iva, però, sulla fattura si vedrà uno “zero”. È appunto la conseguenza del reverse charge: l’Iva su quell’acquisto è dovuta nello Stato di chi compra. La fattura ricevuta è un documento ufficiale nella UE, valido a tutti gli effetti giuridici anche in Italia. La fattura andrà materializzata, stampandola, e dovrà essere conservata nei termini di legge. Il trattamento di questo documento analogico ai fini dell’adempimento reverse charge consiste nella cosiddetta integrazione. In pratica, occorre apporre sul documento stampato (a mano o con timbro, indelebilmente) gli elementi necessari per calcolare e versare l’Iva: imponibile, aliquota, che è quella valida sul territorio nazionale per gli acquisti oggetto dell’operazione, imposta, totale fattura.
Acquisto da fornitore non UE
Acquisti provenienti da fornitori stabiliti in paesi non UE possono essere documentati nel modo più vario, con semplici ricevute, mai con fatture valide anche sul territorio nazionale. In assenza di qualsivoglia documento si dovrà fare riferimento alla sola documentazione del pagamento effettuato, che si dovrà, in ogni caso, stampare e conservare nei termini di legge. La mancanza di una fattura regolare obbliga l’acquirente del prodotto o del servizio a emetterne una. È la cosiddetta “autofattura”. Si tratta di un documento obbligatorio che deve contenere tutti gli elementi previsti dall’art. 21 del DPR 26/10/1972 nr. 633, la norma principale in tema di fatturazione. Sempre in base all’articolo citato, l’autofattura si deve emettere, come per le fatture nazionali, entro dodici giorni dall’effettuazione dell’operazione, momento che corrisponderà, nella grandissima maggioranza dei casi, con quello del pagamento. Nell’autofattura si dovrà calcolare l’Iva, con i criteri già indicati nel caso del fornitore UE, e quindi versare l’imposta dovuta nei termini di legge. L’acquirente potrà scegliere se creare l’autofattura in formato cartaceo o direttamente in formato elettronico. In tal caso, non sarà necessario l’invio dei dati al nuovo esterometro.
Il nuovo esterometro
Dal 2019, contemporaneamente all’avvio dell’obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni effettuate fra operatori economici stabiliti in Italia, il comma 3 bis dell’art. 1 del decreto 5 agosto 2015 nr. 127 ha imposto, agli stessi operatori, l’onere di comunicare periodicamente per via telematica, all’Agenzia delle entrate, i dati delle operazioni effettuate (vendite e acquisti) avendo come controparte un operatore stabilito in altro Stato. Informazioni che, altrimenti, il fisco non potrebbe avere. Dal primo luglio 2022, la trasmissione dei dati deve essere obbligatoriamente effettuata entro il giorno 15 del mese per ogni singolo documento di acquisto (sia che provenga da un fornitore UE e sia che si tratti di autofattura) ricevuto nel mese precedente. La trasmissione non riguarda solo, come nella precedente versione dell’adempimento, i dati puramente contabili: ora si deve comunicare anche la descrizione dei beni o dei servizi acquistati. Soprattutto, la trasmissione dei dati va eseguita attraverso il sistema SDI, quello della fattura elettronica. Il termine per l’invio dei dati delle operazioni al nuovo esterometro via SDI è il 15 del mese successivo a quello di ricevimento della fattura per acquisti da fornitori UE e a quello di effettuazione dell’operazione (di solito quello in cui si effettua il pagamento) in caso di acquisti extra UE.
La trasmissione allo SDI sarà effettuata utilizzando i tracciati codificati previsti per la fattura elettronica; servirà dunque l’impiego di un programma gestionale per generare il file xml necessario. Per gli acquisti da fornitori UE, in caso di acquisto di servizi il codice (tipo documento) da inserire nello SDI sarà TD17, mentre in caso di acquisto di beni sarà TD 18. Per gli acquisti da fornitori extra UE i codici in caso di acquisto di servizi da inserire nello SDI sarà il TD17, mentre in caso di acquisto di beni il TD 19.
Le fatture integrate (nel caso del fornitore UE) e le autofatture (per il fornitore extra UE) hanno come destinatario dei documenti elettronici trasmessi via SDI l’acquirente, che li riceverà nello stesso canale con cui riceve le fatture elettroniche dai fornitori nazionali. Si allega un diagramma di flusso descrittivo della procedura di gestione del nuovo “esterometro” distinguendo il caso di affidamento dell’adempimento al commercialista da quello della gestione in proprio.