Conservativa ed endodonzia, figlie della stessa filosofia

Pio Bertani, Presidente della Società Italiana di Endodonzia (SIE), vive a Parma, dove lavora come libero professionista: oltre ad essere socio attivo dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Microscopica e dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Estetica, è “active member” della European Society of Endodontics.

Nel corso del 33° Congresso Nazionale della Società Italiana di Endodonzia, svoltosi poche settimane fa (l’8 e il 9 novembre) presso l’auditorium del Lingotto di Torino, gli addetti ai lavori di questa disciplina, così importante per l’odontoiatria, oggi più che mai, hanno parlato delle problematiche legate alla conservazione del dente naturale e degli strumenti diagnostico-terapeutici oggi disponibili per raggiungere questo fine. Le nuove tecnologie radiologiche tridimensionali, infatti, insieme al microscopio e alle più moderne tecniche endodontiche permettono allo specialista di risolvere efficacemente problemi un tempo insormontabili: competenze accumulate negli anni che hanno fatto dell’endodonzia italiana una delle branche più rinomate a livello mondiale, come sottolinea Pio Bertani, medico chirurgo, specialista in odontostomatologia, Presidente della Società Italiana di Endodonzia su cui ha grandi progetti per il prossimo futuro, anche in relazione alla sua esperienza professionale e al particolare momento storico che sta attraversando oggi l’odontoiatria nel nostro Paese.

Dottor Bertani, partiamo dalla sua storia: come e quando è nata in lei la passione per l’odontoiatria?

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Credo sia nata grazie a un amico di famiglia che faceva l’odontoiatra. Io allora ero un bambino, avevo solo quattro anni: ricordo che era una persona molto simpatica, un uomo dalla grande personalità che forse ha colpito il mio immaginario. Infatti, mentre i miei amici sognavano di fare il capostazione, io ho sempre desiderato fare il dentista. Così, cresciuto, dopo aver frequentato il liceo classico, una tappa allora quasi obbligatoria per chi voleva studiare medicina, mi iscrissi a questo corso di laurea all’Università degli Studi di Parma, dove mi laureai nei primi anni ’80 e in seguito conseguii la specializzazione in odontostomatologia, perché allora era questo l’iter da seguire. Nel frattempo avevo cominciato la libera professione in uno studio odontoiatrico dove sono rimasto a fare esperienza per quasi dieci anni.

E l’odontoiatria conservativa, invece, quando l’ha scoperta?

Sin da subito, quando ho capito che l’atteggiamento conservativo nei confronti degli elementi naturali era anche quello più congeniale alla mia stessa natura. Conservativa ed endodonzia poi sono due discipline molto vicine tra loro e basilari per molte altre attività collaterali: in un certo senso, sono figlie di un’unica filosofia, quella che ho interamente abbracciato nella mia professione.

Una filosofia che in questi ultimi anni sembra avere contagiato un po’ tutta l’odontoiatria: è così?

Sì, in effetti l’idea di ridurre al minimo l’intervento sul dente interessa un po’ tutte le branche dell’odontoiatria. Oggi si parla di conservativa e di endodonzia minimamente invasiva, ma anche di protesi minimamente invasiva, il che potrebbe apparire una contraddizione, ma in realtà non è così, perché si può ridurre il numero degli elementi protesizzati, così come la quantità di tessuto sano da sacrificare grazie a strutture e materiali oggi disponibili, e questo rappresenta sempre un vantaggio.

Un approccio vantaggioso per il paziente anche dal punto di vista economico: quanto ha influito questo fattore nello sviluppo di questa nuova filosofia?

Non si può negare che qualche influenza probabilmente l’abbia anche avuta, tuttavia l’esigenza di un’odontoiatria minimamente invasiva e dunque conservativa l’abbiamo avvertita doverosamente innanzitutto noi operatori ed è stata resa possibile grazie allo sviluppo di nuove tecniche, ma soprattutto di nuovi materiali, generando quella che è stata chiamata “rivoluzione silenziosa”. Il miglioramento delle performance dell’adesione ha portato a un notevole e rapido incremento delle tecniche di mantenimento di conservazione del dente naturale. In altre parole oggi non siamo più costretti a sacrificare porzioni di dente sano per creare degli anfratti di ritenzione dei manufatti, come invece avveniva un tempo.

Accanto alla libera professione, ha coltivato anche la passione per l’insegnamento: cosa le ha trasmesso dal punto di vista professionale questa esperienza?

Dopo la laurea in medicina e la specializzazione in odontostomatologia, non mi sono mai allontanato completamente dal mondo universitario, assumendo diversi incarichi come docente a contratto presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dove ho insegnato Odontoiatria conservatrice e all’Università degli Studi di Bologna, dove dal 2009 insegno al Master in Protesi, organizzato in questa sede con la collaborazione degli Amici di Brugg. È un’esperienza che mi ha dato grandi soddisfazioni e molti stimoli culturali, soprattutto grazie ai giovani che ho incontrato e al loro desiderio di sapere.

Un’esperienza che l’ha portata anche a cimentarsi con la scrittura di articoli e contributi scientifici: perché?

Perché scrivere un articolo o collaborare alla stesura di un libro, come ho fatto in due diverse occasioni con due manuali di endodonzia (“Manuale illustrato di endodonzia”, Masson 2003 e “Manuale di endodonzia”, Elsevier 2013), significa lasciare una traccia che resta nel tempo. La speranza infatti è che da questa attività molti giovani possano trarne vantaggi culturali, anche perché la carta, a differenza dei nuovi sistemi di comunicazione, più veloci ma anche più volatili, mi sembra destinata a durare più a lungo nel tempo. Poi, per me, che non ho più l’età dello studente, il libro continua a essere lo strumento di aggiornamento preferito: nel leggerlo e sfogliarlo amo sentire il rumore della carta, mi aiuta nella concentrazione…

Veniamo alla società scientifica di cui è presidente: qual è la sua maggior preoccupazione per la SIE?

Innanzitutto, quella di curare in modo particolare i rapporti con le istituzioni e con le altre società scientifiche. Abbiamo già cominciato a regolarizzare alcune relazioni con organizzazioni a noi vicine per filosofia, ma vorremmo andare oltre, tanto che dall’anno prossimo organizzeremo un congresso con una società che in un certo senso è nostra antagonista, la Società Italiana di Chirurgia Orale e Implantologia. L’idea è quella di abbandonare qualsiasi contrapposizione per spiegare soprattutto ai giovani odontoiatri che la differenza di vedute tra le due società scientifiche non deve essere percepita come un dualismo, ma come una risorsa per comprendere l’importanza della filosofia conservativa anche per chi si occupa di implantologia.

Questo perché a volte l’implantologia ha operato al di fuori dei propri ambiti… 

Solo nelle fasce meno qualitative della nostra professione, perché i concetti della conservazione non possono che essere sottoscritti e condivisi anche dall’implantologo, perché oltretutto non riguardano solo il dente, ma anche il tessuto osseo e i tessuti molli che lo circondano. Chi ha operato senza tener conto di questi fattori lo ha fatto per superficialità, anteponendo i propri interessi a quelli dei pazienti, supportato da un difetto culturale che, lo ripeto, ha coinvolto una parte, per fortuna assolutamente minoritaria, dell’implantologia.

Per concludere, cosa desidererebbe realizzare come presidente della SIE nel prossimo futuro?

Il progetto culturale della Società Italiana di Endodonzia è quello di avvicinare il più possibile i giovani, far recepire loro il messaggio che la conservazione del dente naturale deve essere prevalente rispetto alla sua sostituzione, far capire che un’odontoiatria poco aggressiva non può che offrire vantaggi a noi odontoiatri e ai pazienti. Poi, visto che le disponibilità economiche sono diminuite per tutti, cercheremo di creare occasioni di formazione a un costo accessibile anche per chi ancora non abbia un’attività lavorativa pienamente sviluppata, organizzando corsi regionali su tutto il territorio per raggiungere il più alto numero possibile di operatori. Insomma, insieme al gruppo che mi affianca, cercherò di costruire una società scientifica più moderna e attenta alla cultura, senza lasciarmi distrarre da ciò che è estraneo alla nostra missione che per sua natura deve avere solo ed esclusivamente connotazioni culturali.

 

Conservativa ed endodonzia, figlie della stessa filosofia - Ultima modifica: 2013-12-07T09:27:45+00:00 da fabiomaggioni

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